C’è nella storia delle gallerie italiane una geografia di sedi che hanno reinterpretato il sistema economico mercantile dell’arte, intendendo l’opera d’arte non come oggetto di scambio, ma oggetto per la discussione, il dialogo e la revisione del suo status economico quale grado di condivisione dell’opera d’arte. Il lavoro svolto da Mario Pieroni e Dora Stiefelmeier a partire dal 1970 ha inteso il grado culturale dell’arte e la sua natura sociale, in epoca “no-commodity”, perseguendoli come una missione. Gli esordi risalgono al 1970 con “Il mondo delle idee”, un centro di produzione di oggetti d’artista e successivamente con la galleria al Bagno Borbonico di Pescara (1975) con il celebre “Allestimento teatrale” di Luciano Fabro e le mostre di Jannis Kounellis, Mario Merz, Vettor Pisani, Ettore Spalletti. Dal 1979, quella storia si trasferisce a Roma, in via Panisperna, e con le mostre di De Dominicis, Kounellis e Spalletti, Carla Accardi, Alighiero Boetti, Günther Förg, Gilbert & George, Felice Levini, Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto, Dmitri Prigov, Emilio Prini, Gerhard Richter, Remo Salvadori, Jan Vercruysse, Franz West (…). L’arte come “cosa mentale”, di leonardesca memoria, resta la via primaria dell’arte anche negli anni Ottanta, in cui il ritorno alla pittura e alla grande circolazione di denaro riconducono l’opera nell’ambito del feticcio nei confini del quadro. Per Mario Pieroni e Dora Stiefelmeier è invece il dialogo sull’arte a divenire più serrato. Con la nascita di Zerynthia nel 1991, questo dialogo trova un luogo in cui poter assumere una forma più condensata. Un laboratorio di idee dove si tengono convegni, conferenze e seminari, con doppia sede: una nella campagna laziale, a Paliano, e l’altra al centro della Roma globalizzata, in Piazza Vittorio Emanuele. Nel 2001 Zerynthia apre la Biblioteca d’arte contemporanea e nel 2003 presenta alla Biennale di Venezia la sua ultima evoluzione in RAM radioartemobile: un canale in cui l’arte si sostanzia attraverso la parola — nelle trasmissioni live — e attraverso il suono, rendendo accessibile online la ricca documentazione audio di Vito Acconci, Maria Thereza Alves, Gianfranco Baruchello, Bizhan Bassiri, Elisabetta Benassi, Domenico Bianchi, Jimmie Durham, Jan Fabre, Dan Graham, Gülsün Karamustafa, Yona Friedman&Jean-Baptiste Decavèle, Alberto Garutti, H.H. Lim, Mark Manders, Liliana Moro, Hidetoshi Nagasawa, Luigi Ontani. RAM è il centro di un gruppo di lavoro sempre in atto, che opera nelle contiguità, nelle relazioni tra arte e scienza, arte e letteratura, arte e musica. Il Museo del Suono quindi diviene la Collezione più vasta messa assieme da quella “galleria” e la foto di gruppo, la testimonianza più vivida di chi ha condiviso quei luoghi.
La mostra al Macro racconta questa storia dalla linea infinita, tra opere e documenti, mentre a RAM prosegue la rassegna “Camere”, con installazioni di Alvin Curran, Maurizio Mochetti e Alfredo Pirri. Binfinito — l’opera di Maurizio Mochetti — simbolicamente incarna la doppia traiettoria che l’opera d’arte ha percorso nella storia delle gallerie: il binfinito “non fa altro che sottolineare la sua natura non-finita” (Mochetti), e rimanda idealmente al doppio versante culturale ed economico dell’arte che, come una duplice congiunzione astrale, ne ridefinisce continuamente i confini.