I film di Gianluca e Massimiliano De Serio rappresentano un raro caso in Italia di opere presenti sia nei circuiti dei festival cinematografici che nelle mostre d’arte contemporanea, a conferma dell’attuale convergenza tra due ambiti espressivi che già in passato hanno avuto momenti di confronto e di dialogo, ma che oggi riscoprono una comune vocazione per i generi del documentario, del reportage e dell’intervista. La produzione dei due giovani cineasti può considerarsi senza dubbio una risposta rigorosa e puntuale ai processi spesso conflittuali di integrazione che travagliano la società attuale ma è anche una reazione ragionata al progressivo impoverimento di significato delle immagini.
Le protagoniste della trilogia di esordio, Il giorno del santo (2003), Maria Jesus (2003) e Mio fratello Yang (2004), sono tre donne alle prese con la loro difficile vita di clandestine. Sebbene filmate in presa diretta con la realtà, le storie esprimono una singolare dimensione poetica e uno stile espressivo estremamente minimale e sorvegliato. La condivisione, la maturità espressiva e l’assenza di retorica permettono ai De Serio di documentare con silenzioso rispetto il diritto di tutti a sognare una vita più giusta.
Il tema controverso della tolleranza religiosa viene affrontato nel film Zakaria (2005) attraverso i momenti significativi dell’educazione di un ragazzo che si riappropria della sua cultura di origine araba mai conosciuta. La camera a mano segue i movimenti, le espressioni dei visi, gli sguardi, i dialoghi, i lunghi silenzi, in un’atmosfera raccolta e concentrata. La gara di free-style ingaggiata in Ensi and Shade (2006) da due ragazzi sul palco di un teatro vuoto diventa l’occasione per esplorare l’universo degli adolescenti e le loro modalità di comunicazione e di confronto. Il loro ultimo progetto, Gru. Variazioni per coro di sei gru e altoparlanti (2007), sperimenta la forma della videoinstallazione multipla con una panoramica a 360° sul territorio urbano. Lo scorrere delle immagini, filmate dall’alto di alcune gru, sulle pareti di un ex garage in una zona periferica di Torino recentemente interessata da un forte cambiamento urbanistico, crea una visione caleidoscopica che ingloba lo spettatore in un universo creativo in continua mutazione.