Grant Watson: In questa intervista voglio focalizzarmi sui tuoi lavori a partire dal 2009 a oggi, in particolare su tre progetti che sembrano essere collegati. Il primo è The Nature of the Beast (2009), un progetto della durata di un anno esposto alla Whitechapel Gallery, basato su una replica ad arazzo di Guernica di Picasso; il secondo, Plus Ultra, era un lavoro realizzato per la Biennale di Venezia del 2009 e installato all’Arsenale come parte della mostra “Making Worlds” di Daniel Birnbaum; il terzo era invece un arazzo chiamato The Nature of the Beast, che era il tuo contributo alla mostra “Textiles: Art and the social fabric” al MuHKA di Anversa. Nei tuoi progetti c’è generalmente una risposta a una specifica serie di circostanze: un luogo e la sua storia, una cornice istituzionale, un archivio, oltre ad alcune soluzioni formali in termini di installazione. Sto cercando di capire se questa attenzione agli arazzi è stata una scelta collegata al medium stesso o se è stata una decisione in risposta a tre commissioni abbastanza diverse?
Goshka Macuga: La ricerca che ha influenzato tutti questi progetti cominciati nel 2007 è continuata nella mia idea per la mostra “I Am Become Death” alla Kunsthalle Basel nel 2009. Per caso comprai online un’immagine di un veterano della guerra del Vietnam che teneva un serpente e allo stesso tempo pensavo alla lezione di Aby Warburg sul rituale del serpente Hopi. Queste due fonti così diverse mi hanno portato a canalizzare la mia ricerca verso certi aspetti della storia degli Stati Uniti, facendo dei rimandi alla vita politica attuale; nello specifico, alle guerre in Iraq e in Afghanistan, e alla crisi economica. In questo senso, Plus Ultra, I Am Become Death e The Nature of The Beast possono essere considerate un corpo unico nel mio lavoro. In The Nature of the Beast il medium dell’arazzo era ovviamente legato a un singolo oggetto che ho preso in prestito e usato come parte della mia installazione. Come tu dicevi, questa è una versione ad arazzo del dipinto Guernica, commissionato da Nelson Rockefeller nel 1955 e realizzato con il permesso di Picasso stesso. L’arazzo Guernica è in prestito permanente all’edifico delle Nazioni Unite di New York per ricordare l’atrocità della guerra, e di solito è appeso fuori al quartier generale della Camera del Consiglio di Sicurezza, fin dal 1985. Poi, il 5 febbraio del 2003, quando il consiglio si è riunito per ascoltare il discorso di Powell che giustificava l’imminente invasione dell’Iraq, sono state messe una tenda blu e le bandiere dei membri del consiglio di fronte a esso. Questo fatto mi ha colpito perché indicativo dell’impatto di Guernica (anche come arazzo). Plus Ultra si riferisce invece alle origini del dollaro americano, che vanno indietro nel tempo, a Carlo V — perché il titolo del lavoro è preso dal suo motto, che in inglese si traduce come “Ancora oltre”. Ho cominciato a interessarmi all’importanza degli arazzi durante il regno di Carlo V e a come essi erano disegnati per glorificare il suo impero e promuovere l’avanzata trionfante dell’arte del Rinascimento in Europa (ovvero, il concetto di arazzo che indicava la potenza militare e politica, che è l’opposto di Guernica). L’arazzo per il MuHKA, The Nature of the Beast, era una risposta al mio progetto per la Whitechapel e gli eventi che ho intrapreso all’interno della mostra in un certo senso fungevano da critica al mio stesso lavoro. Ho invitato gruppi a venire e usare lo spazio in qualsiasi modo lo ritenessero opportuno, e così la galleria ha ospitato più di cento incontri. Questa situazione mi è sfuggita rapidamente dal controllo e lo spazio ha assunto molteplici funzioni; alcune di esse non avevano nulla a che fare e addirittura erano in contraddizione con il senso dell’opera di Picasso. Il secondo arazzo, The Nature of the Beast, reca dipinto il Principe William che fa un discorso alla folla all’interno della mia installazione. Abbiamo realizzato questa immagine usando un collage di fotografie che la stampa aveva impiegato per l’evento, e che poi abbiamo trasferito su un abito di stoffa.
GW: Hai detto che la preparazione per queste commissioni includevano una ricerca nell’ambito della storia dell’arazzo europeo, come quelli prodotti nelle Fiandre durante il regno di Carlo V, quando questo medium era molto apprezzato per la sua trasportabilità ed era utilizzato per raffigurare scene regali e per promuovere la potenza politica del re. Come hai utilizzato questa indagine che hai realizzato sugli arazzi, e come hai filtrato questi lavori storici all’interno dei tuoi lavori contemporanei?
GM: In Plus Ultra ho utilizzato una composizione specifica e una prospettiva presa in prestito dalla tradizione artistica del XVI secolo. Su un lato di Plus Ultra puoi vedere le mitologiche colonne di Ercole che, si suppone, segnino l’ingresso allo Stretto di Gibilterra, mentre dall’altro puoi vedere la caduta delle colonne erculee. Le due colonne, combinate con nastri fluttuanti, raffigurano l’emblema degli stemmi spagnoli, che più tardi sarebbero divenuti il simbolo del dollaro americano. E la parte centrale dell’immagine rappresenta i membri del Summit del G20 contrapposti a un ritratto di Carlo V. Sotto le rappresentazioni della potenza mondiale, che fluttuano in una nuvola, ho collocato una barca che mostra dei migranti provenienti dall’Africa che rischiano la propria vita per venire in Europa e avere un futuro migliore. Così, in questo progetto ho fatto dei riferimenti alle origini del motto e alla sua relazione alle strutture di potere contemporanee, oltre ad adottare certe forme compositive degli arazzi tradizionali. Potremmo anche dire che The Nature of the Beast riprende in maniera ironica l’uso degli arazzi in relazione alle scene regali.
GW: In ognuno dei progetti per i tre arazzi il medium è impiegato da un punto di vista politico, in chiaro rapporto con la riproduzione di Guernica, dove il messaggio originale del dipinto è riportato sotto forma di tessuto. Pensi che ci sia qualcosa in questo medium che si presti a un commento sociale — come la pittura murale, che si relaziona con gli spazi pubblici?
GM: Un ampio uso del mezzo tessile da parte delle persone nel corso della storia illustra l’evoluzione dell’umanità, e che la funzione sociale del tessuto porta un messaggio politico anche quando la sua creazione non era intesa come politica di per sé. Nella mostra al MuHKA, quando The Nature of the Beast è stato mostrato per la prima volta, potevi vedere anche esempi di tessuti, compresi quelli africani e indiani tradizionali attraverso manifesti politici degli anni Venti fino ai manifesti di grandi dimensioni creati da John Dagger negli anni Settanta, oltre a opere contemporanee commissionate per la mostra, come le mie. Tutti questi materiali, in un modo o nell’altro, racchiudevano un messaggio politico.
GW: L’Italia è un Paese che tu visiti spesso. Puoi dirci qualcosa di più sul rapporto che hai con questo Paese, la sua cultura, le istituzioni e la scena artistica?
GM: Il mio lavoro mi ha dato l’opportunità di trascorrere del tempo in Italia, che in passato ho conosciuto principalmente attraverso lo sguardo di registi italiani come per esempio Vittorio De Sica, Pier Paolo Pasolini, Michelangelo Antonioni e Roberto Rossellini. In anni recenti ho viaggiato in Italia spesso, e sto anche cercando di imparare l’italiano attraverso le parole delle canzoni di Ornella Vanoni e Mina. Amo le città italiane.