Flash Art utilizza solo cookie strettamente necessarie per il funzionamento del sito, per il legittimo interesse nel migliorare l'esperienza online e per rendere possibile o facilitare la comunicazione. Per maggiori informazioni consulta la pagina Termini & condizioni

Flash Art
Flash Art
Shop
  • Homepage
    • EDITORIALE
    • Prospettive
      • VETRINA
      • RECENSIONI
      • CONVERSAZIONI
      • ISTANTANEE
      • OPINIONI
      • In archivio
      • Sulla moda
      • Bold shelves
      • COSTELLAZIONI
      • CURRICULUM VITAE
  • FLASH ART ARCHIVE
  • FLASH ART ITALIA AWARD
  • DUNE
    • PSE Edizioni
    • FLASH ART MONO
  • In copertina
    • Shop
    • Abbonamento
    • Edizione digitale
    • CONTATTI
→
Flash Art

Spotlight

6 Giugno 2017, 11:47 am CET

Greenwashing di Luigi Fassi

di Luigi Fassi 6 Giugno 2017
Amy Balkin "Public Smog" (2004 - in progress). Courtesy l’artista.
Amy Balkin "Public Smog" (2004 - in progress). Courtesy l’artista.
Amy Balkin “Public Smog” (2004 – in progress). Courtesy l’artista.

Ultima tappa dell’anno espositivo dedicato dalla Fondazione torinese alle tematiche ambientali, “Greenwashing. Ambiente: pericoli, promesse e perplessità” presenta le opere di 25 artisti attivi nel panorama internazionale. Il neologismo inglese, sorto all’inizio degli anni Novanta, intende smascherare con una tagliente carica ironica l’attività di aziende e organizzazioni che provano a migliorare la loro immagine corporate con l’ausilio di slogan e strategie comunicative di taglio ambientalista, senza tuttavia implementare effettive politiche eco-friendly all’interno del proprio operato. L’intento curatoriale di “Greenwashing” muove dunque da una chiara attitudine demistificatoria di sapore illuminista, provando a tracciare un’alchimia espositiva costellata di dati, ricerche e fatti reali, ma anche di sensazioni e atmosfere oniriche. Notizie da un prossimo futuro di Fiona Tan (2003) è un montaggio di una molteplicità di filmati e reportage d’epoca, tutti legati all’acqua e alle sue manifestazioni possibili, in una prospettiva oscillante tra l’idilliaco e il catastrofico. Come un diario di viaggio visionario, attraversato dall’idea filosofica dell’eterno ritorno dell’uguale, l’artista racconta la sutura tra passato e futuro, nel segno di tragedie ambientali dimenticate, tutte forse capaci di anticipare eventi destinati a ripetersi. Un’idea di sublime coniugata in termini apocalittici è presente anche nelle allusive immagini dei roghi amazzonici di Sergio Vega, Paradise On Fire (2007), artista da sempre interessato alla possibilità di interpretare le sfumature ideologiche e post-colonialiste racchiuse nella mitologia, curiosamente tutta moderna, del “Paradiso perduto”. Questa matrice fosca e notturna, sospesa tra tragedia e speranza, non lontana dal sublime dinamico teorizzato da Kant, è uno dei tratti più riusciti della mostra e ritorna nel calco devastato della caverna d’argilla di Jorge Peris, così come anche, in modo più ambiguo e sottile, nelle opere di Cyprien Gaillard. L’enfant prodige della nuova scena artistica francese presenta tre opere pittoriche e un ampio showreel dei suoi interventi ambientali, dove l’esplosione pilotata di estintori industriali disperde agenti fumogeni bianchi nell’aria, ridisegnando in termini entropici e aggressivi, per quanto effimeri, il paesaggio circostante. Gaillard opera, con incursioni inaspettate e imprevedibili, degli autentici “colpi di mano”, che contribuiscono a costruire un’atmosfera carica di disagio, quasi l’anticamera di una catastrofe prossima a dilagare, violenta e inarrestabile. Notturna e destabilizzante è anche l’installazione del cinese Chu Yun, Constellation (2006): nel buio di una sala sono accesi solamente i grappoli luminosi delle spie lampeggianti e multicolori di strumentazioni tecnologiche, PC, DVD player e lettori di videocassette. Come in una sorta di sinistro presepe natalizio dedicato allo spreco energetico della modalità stand-by e all’ipertrofia del consumo tecnologico, questi apparecchi sono modelli ormai antiquati e lontani dagli standard contemporanei, rottami silenziosi costretti alla perdita di ogni utilità. Proprio il senso dell’erosione temporale, declinato però in una prospettiva futuribile e quasi catartica, è il tema di James Yamada in Birth of The Cool (2008). Un lungo parallelepipedo nero, lucido come una bara, racchiude, invisibili a tutti, migliaia di vermi rossi, silenziosamente all’opera nel trasformare per digestione chili e chili di scarti organici in una nuova sostanza fertile, il compost, che precipita accumulandosi granello dopo granello sul pavimento sotto la scultura. È l’attimo di una fulminea intuizione: da una morte presunta, una nuova vita.

Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino.

Condividi questo articolo
  • Facebook
  • Twitter
  • Mail
Altri articoli di

Luigi Fassi

La performance globale

6 Giugno 2017, 1:15 pm CET

La performance, come punto d’incontro tra le arti e dell’arte con la vita, si sta confermando uno degli ambiti più…

Approfondisci

Performance come sfida

6 Giugno 2017, 12:37 pm CET

A rendere la Performance Art particolarmente intrigante contribuisce una certa difficoltà che si incontra nella sua definizione, il fatto cioè…

Approfondisci

Cosa succede a Milano

6 Giugno 2017, 11:51 am CET

Tra le grandi città europee, Milano è storicamente una di quelle per le quali l’identificazione con l’arte contemporanea è particolarmente…

Approfondisci

Il mercato guarda a Est

6 Giugno 2017, 11:53 am CET

L’est entra nel mercato globale in punta di piedi, forse senza troppi clamori ma senza dubbio in modo consistente. Le…

Approfondisci

  • Prossimo

    Matthew Stone

  • Precedente

    Stefano Romano

© 2025 Flash Art

  • Termini & condizioni