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6 Giugno 2017, 11:49 am CET

Matthew Stone di Virginia Hackermann

di Virginia Hackermann 6 Giugno 2017
The Songs of The Spheres In The Palm of Your Hand (2008). Veduta dell’installazione presso la Galleria Conduits/Gea Politi, Milano.
The Songs of The Spheres In The Palm of Your Hand (2008). Veduta dell’installazione presso la Galleria Conduits/Gea Politi, Milano.
The Songs of The Spheres In The Palm of Your Hand (2008). Veduta dell’installazione presso la Galleria Conduits/Gea Politi, Milano.

Oh very young

What will you leave us this time?

You are only dancing on this Earth for a short while.                                  

— Cat Stevens

Il nuovo movimento della scena londinese, di cui sono leader lo “sciamano dell’arte” Matthew Stone e i suoi amici, tutti provenienti dagli squat di Peckham (South London), è approdato a Milano. Se negli anni passati c’è stato il gruppo degli YBA, capitanato da Damien Hirst, ora arrivano gli OVYBA (Oh Very Young British Artists) di Matthew Stone che, con il suo costume da Tuareg e tamburo tibetano, ha guidato una serie di performance di un gruppo multietnico in trance. Gea Politi ha saputo cogliere qualcosa che era nell’aria e che non è ancora veramente scoppiato nella capitale britannica, ma è solo stato recepito dagli osservatori più attenti ai nuovi fenomeni, come Norman Rosenthal, Charles Saatchi e Nicolas Serota (Stone organizza spesso serate alla Tate, di cui Serota è Direttore). Un folto pubblico eterogeneo e di tutte le età, raccolto in una serata speciale nella new entry Galleria Conduits/Gea Politi di viale Stelvio 66, ha osservato, dapprima attonito, questo momento cerimoniale, per poi esplodere in applausi e urla da concerto rock. Quello che è successo la sera dell’inaugurazione a Conduits in realtà è indescrivibile a parole: certamente rimangono le foto e i video della serata, e i detriti che ricoprono muri e pavimenti, ma danno comunque solo una pallida idea di ciò che è avvenuto. I ragazzi di Stone sono senza paura, dei veri enfants sauvages, a volte naïf e forse eccessivi ma sempre puri. Chi era presente il giorno dell’inaugurazione ne è testimone. Le foto di Stone di gigantesche dimensioni incastrate nel muro, catturano perfettamente i nostri tempi: il romanticismo di Caravaggio e i party di Andy Warhol. In fondo, non è questo che vogliamo? Chiamarle foto è riduttivo, trattandosi di vere e proprie sculture che entrano ed escono dai muri, sospese in aria o incastonate nel pavimento. Parafrasando le celebri parole di Napoleone dopo la battaglia di Austerlitz, vi basterà dire: “Io ero all’inaugurazione di Conduits con Matthew Stone”, perché vi si risponda: “Ecco un vero amante dell’arte vivente”. Se il protagonista molto giovane di Cat Stevens danzava sulla Terra per un breve periodo, possiamo tranquillamente dire che Matthew Stone rimarrà a lungo come le sue pietre magiche, nascoste nelle opere. Nell’antica Grecia, i giuramenti fatti in nome di Gea (la Terra) erano considerati quelli maggiormente vincolanti. Certamente il patto tra Gea Politi e Matthew Stone va al di là di un semplice rapporto tra gallerista e artista.

Galleria Conduits, Milano.

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