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14 Marzo 2017, 12:30 pm CET

He Sen, Scenari illusori di Giacomo Nicolella Maschietti

di Giacomo Nicolella Maschietti 14 Marzo 2017
Rebellious Monkey King (2008). Courtesy Primo Marella Gallery, Milano.
Rebellious Monkey King (2008). Courtesy Primo Marella Gallery, Milano.
Rebellious Monkey King (2008). Courtesy Primo Marella Gallery, Milano.

Se vi interessa la Cina contemporanea è una mostra da vedere. Primo Marella Gallery presenta per la seconda volta (la precedente è stata nel 2002) la personale di uno dei più interessanti pittori asiatici del momento: He Sen. Classe 1968, era uno dei sei protagonisti dell’ultima Biennale di Venezia al Padiglione cinese. Negli ultimi cinque anni ha esposto, tra le altre, al Meridian International Center di Washington, alla Biennale di Guiyang e anche alla mostra “Cina. Rinascita contemporanea” di Palazzo Reale a Milano.

Pochi cenni biografici per contestualizzare un artista che da dire ha molto, anzi moltissimo, per una serie di motivi: innanzitutto ricerca e rinnovamento. Per chi ancora non lo conoscesse bene, le “smoking girls” sono solo un punto di partenza e non di arrivo. He Sen è diventato richiestissimo in patria proprio in virtù di questa perfezione formale che ha guadagnato nella ritrattistica femminile. Grandi tele a olio raffigurano lo sbandamento della Cina moderna, ragazze in pose goffamente sexy bevono e fumano, si stagliano attraverso un iperrealismo che quasi assurge a fotografia ritoccata. Visto il consenso raggiunto in patria con questi lavori (rammentiamo in merito come il collezionista cinese abbia una totale predilezione per la figurazione) e le quotazioni guadagnate, He Sen avrebbe potuto mantenersi fedele alla linea e diventare milionario in poco tempo. Non lo fa e di questo gli siamo grati. Perché noi, abituati all’arte di casa nostra, della perfezione formale non ce ne facciamo molto. Lui che in ogni caso è un intellettuale ed è curioso se n’è accorto, e ha cambiato direzione.

In mostra ecco quindi esposta la splendida composizione di cinquanta quadretti monocromi (da Marella ce ne sono trenta) presentata alla Biennale. Le incisioni incluse nelle cromie sono tutte citazioni della celebre arte tradizionale asiatica. Doppia novità: il monocromo non è tipico dell’arte cinese, ma della nostra tradizione moderna, in più l’incisione non fa parte della cultura cinese (che per millenni ha semplicemente dipinto, non su tela ma su carta).

Nel grande salone si arriva alla parte più interessante della mostra, una ricerca su tele di grandi dimensioni che fa da raccordo tra mondo contemporaneo e mondo tradizionale. Un bisogno, quello del ritorno alla tradizione, che non è sentito solamente da He Sen, ma da tutti quegli artisti cinesi che dopo gli anni Ottanta e Novanta hanno smesso di guardare in maniera ossequiosa all’arte occidentale. La citazione più ricorrente in questi lavori è quella a Xu Wei, pittore di epoca Ming, ritenuto uno dei capostipiti della pittura cinese moderna, passato alla storia per la sua sindrome bipolare che lo portò all’assassinio di una delle sue due mogli.

Concludiamo parlando di trivial denaro: i prezzi di He Sen sono ancora ragionevoli. Dopo il generale ridimensionamento dei listini 2008/2009, i vari blockbuster Yue Minjun e Zeng Fanzhi hanno subito una brusca frenata alle aste e in galleria. Risultato: l’arte cinese si è assestata su cifre molto più ponderate e gli artisti non troppo speculati (o semplicemente non troppo cari) hanno mantenuto le quotazioni, He Sen è uno di questi.

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