“Fondazione Prada Ca’ Corner della Regina” è la mostra con cui la Fondazione Prada sbarca a Venezia inaugurando una nuova stagione per lo storico palazzo sul Canal Grande, da anni dismesso e chiuso al pubblico.
Messa a disposizione per un periodo di sei anni con intesa di rinnovo da parte della Fondazione Musei Civici Veneziani, usufruttuaria dello stabile di proprietà del Comune, Ca’ Corner della Regina, per anni sede dell’Asac — Archivio Storico delle Arti Contemporanee —, è divenuta oggetto di un importante programma di recupero funzionale e di restauro conservativo che mira a riqualificare e valorizzare un nucleo della città. Operazione tanto più significativa in quanto promossa da un colosso del “fashion system” internazionale che, ponendosi al servizio dell’arte e della cultura, dimostra un mecenatismo attento e illuminato.
La mostra, a cura di Germano Celant, attraversa e riempie lo spazio concepito come nuova architettura espositiva all’interno della quale dialogano tra loro opere, sculture, installazioni, percorsi, progetti articolati secondo un intreccio fluido di contenuti trasversali che testimonia una linea di interessi e attività multiforme, in bilico tra moderno e contemporaneo.
Tra primo piano, mezzanino e piano nobile, le opere della collezione raccolta negli anni trovano una collocazione convincente e suggestiva: gli otto moduli rettangolari di alluminio smaltato di Donald Judd in contrasto con le travi in legno del soffitto di uno dei “magazeni” del piano terra, lo struzzo di Maurizio Cattelan, le pietre svuotate di Anish Kapoor che invadono l’atrio fino alla vasca colma di inchiostro nero immobile e specchiante di Charles Ray, i tulipani giganti e cromati di Jeff Koons che ingombrano la stanza tenendone quasi fuori lo spettatore; le vasche d’acqua di Pino Pascali che, lungo il magnifico “portego” del primo piano, si affiancano fino a confluire in un punto immaginario all’esterno dell’edificio. Ciascuna di queste sculture-installazioni trae forza dal luogo che le ospita, ma anche le opere meno eclatanti trovano qui una dimora adatta e confortevole.
Una sezione particolare è dedicata all’arte italiana dal 1952 al 1964 con una lettura critica di Nicholas Cullinan che attraversa opere importanti di Burri, Fontana, Manzoni, Schifano, Castellani, Lo Savio, Scarpitta. Alcuni progetti speciali esposti testimoniano invece il dialogo con importanti musei e istituzioni — i Musei Civici Veneziani, l’Hermitage di San Pietroburgo, l’Arab Museum of Modern Art e il MIA (Museum of Islamic Art) del Qatar — e la collaborazione di artisti e teorici di rilievo.
A completare l’immagine di una Fondazione aperta e in forte sviluppo, raro esempio per qualità e quantità, la presentazione del progetto di Rem Koolhaas e OMA per la nuova sede milanese e una retrospettiva cronologica delle attività prodotte dal 1993 a oggi.