E’ un intenso e ampio omaggio quello che il MAMbo rende a Mario Ceroli in questa importante retrospettiva a cura di Gianfranco Maraniello dal titolo “Faccia a faccia”.
Un lungo percorso che lascia immediatamente intravedere l’animo, il corpo e l’immaginario di un autore che ha scelto principalmente il mezzo scultura per farne poi un pretesto in grado di plasmare, sensibilizzare e modificare i molti materiali utilizzati in cinquant’anni di carriera.
Entrando in mostra la prima cosa che balza agli occhi è che il percorso progettuale, scultoreo e architettonico insieme, coordinato dallo stesso Ceroli, richiede un’attenzione promiscua e prolungata, sia fisica sia mentale, perché il grande salone del MAMbo si è piegato a divenire un viaggio e un confronto tra l’umano e il divino. Un “faccia a faccia” appunto in cui ZOAS del 1962 (un “blocco” di parole in forma scultorea) spazia letteralmente le dimensioni della materia legno con l’ipertesto tipico dell’archetipo lettera, mentre La Cina del 1965 prepara l’autore, come lo spettatore, a un salto interattivo temporale ed estetico.
Per la prima volta, infatti, sagome e figure stilizzate del corpo umano in legno inducono a un travalicamento del momento storico in cui sono realizzate, anticipando la logica installativa che domina tuttora l’assetto intenzionale di tanta arte attuale.
È impossibile non vedere un superamento della Pop italiana, così come anche dell’Arte Povera, della Minimal Art o dell’Arte Ambientale perché in quella costante estroflessione e introflessione dei materiali, come anche dei concetti che li precedono, vi è il racconto mai interrotto di questo autore.
Mario Ceroli è un tutt’uno con ciò che è esposto in questa ipotetica cattedrale (e il salone del museo aiuta di certo a una tale ipotesi) in cui un fluido sinestetico (dato principalmente dai materiali più diversi scelti come la sabbia umida del Po, il legno, il solfato di rame, il vetro, il ferro) precede l’archetipo per l’eccellenza che è la vita data a ciascuno di noi. La narrazione costante, in viaggio fra anni, movimenti artistici, stereotipi mentali e fisici, lascia anche prevedere un interesse dell’autore per ciò che c’è ancora da fare, tenendo ovviamente conto, e utilizzandolo come momento iniziatico, del preesistente, ma preparandolo già a un divenire ancora tutto da plasmare.