Il Museo Apparente “sboccia” a Napoli, nel giardino privato dell’artista Corrado Folinea, che ha scelto di rendere casa sua — in vico Santa Maria Apparente 17 — residenza per talenti in transito e luogo di sperimentazione. Piattaforma (solo apparentemente) ibrida e non ancorata al suolo, museo “ready made” di matrice duchampiana, lo spazio inaugura con la personale del collettivo franco-tedesco Internationale Surplace. Ma sotto quali sembianze “appare” il museo? Quelle di “Hanna”: un garage in legno dal tetto spiovente composto da tavole di pino finlandese, modificato in alcune delle sue componenti essenziali e installato in un angolo posteriore del piccolo hortus conclusus.
Qui prendono forma, di volta in volta, progetti site specific orientati al sociale e alla contaminazione fra linguaggi e culture diverse. In particolare, la mostra appena inaugurata “Prime luci dell’alba” firmata da Marco Zezza (Napoli, 1974) affronta il tema della crisi, “epistemica oltre che economica” del nostro tempo e dell’arte, attraverso collage che, imbrigliati in una griglia geometrica, riassemblano frammenti della storia d’Italia racchiusi in libri antichi e materiali d’archivio, ricomponendoli in una narrazione ulteriore. Analogamente, il Museo Apparente si pone, con la sua attività, come una sorta di rilettura dell’arte e delle sue possibilità di manifestarsi in luoghi insoliti, nonché reazione alla sparizione di spazi istituzionali legati all’arte contemporanea. Siamo di fronte a uno spazio d’artista, non puro contenitore di opere, ma punto di incontro e scambio delle diverse esperienze, nonché epicentro di una più ampia riflessione sul ruolo e sulla (de)localizzazione dell’espressione artistica.