Sonia Campagnola: Raccontaci, che succederà a Venezia? Cosa ci dobbiamo aspettare?
Nico Vascellari: Ci sarà un muro in legno intarsiato, verniciato e poi bruciato alto e largo quanto la stanza che lo ospita e che sorregge circa 60 amplificatori che mi sono stati prestati per tutta la durata della Biennale da diverse persone/amici/musicisti della scena hardcore/punk/noise/metal italiana e non. Io sarò di fronte a questa parete con un paio di microfoni che, non appena accesi cominceranno a produrre dei feedback che sono interrotti solamente quando canto. Sulla parete intanto decine di persone si muovono modificando i volumi e le frequenze dei differenti amplificatori.
SC: Ha un titolo forte, Revenge. Perché questo titolo?
NV: È un titolo viscerale, secco e istintivo. In qualche modo induce a una lettura del lavoro scarna e diretta.
SC: Prima hai puntualizzato come gli amplificatori ti sono stati prestati. Il tuo lavoro infatti è contraddistinto dalla collaborazione come modus operandi. Non parlo solo di collaborazioni con persone. Ma di un tessuto di relazioni tra media, linguaggi, contesti…
NV: Sicuramente. È un modo di vedere il lavoro legato alla realtà. Attingo a piene mani da ciò che conosco in maniera istintiva. Spesso analizzo a posteriori (che poi è “a priori” per il progetto successivo).
SC: La musica. Hai una band, si chiama With Love. In che modo lavori e come coniughi tour, copertine, registrazioni, ecc. con mostre e lavoro in studio?
NV: With Love esiste ormai da diversi anni. Siamo nati facendo musica punk. Attitudinalmente credo non ci siamo spostati di molto, mentre la musica al momento commistiona diverse sonorità che vanno dal grind al noise passando dall’ambient e dal krautrock. Di With Love sono sempre stato voce e ho curato diverse volte l’aspetto visivo, dalle copertine agli inserti dei dischi ai volantini dei concerti, alle magliette. Negli ultimi tour/concerti ho sempre viaggiato con macchina fotografica, sketch book ecc. Dall’esperienza con With Love mi rimane sicuramente una certa istintività e il piacere per l’improvvisazione così come una necessità di confronto con il pubblico e di scambio energetico.
SC: Improvvisazione e istintività sono elementi chiave del tuo modo di procedere. In tutti i tuoi lavori l’impatto fisico, sul tuo corpo e su quello del pubblico, è la matrice stessa del lavoro. C’è sempre un rapporto fisico forte, a volte violento, faticoso. C’è molto “corpo”. Penso che sia questo assalto frontale, corporale la cifra stilistica del tuo lavoro. Prendiamo ad esempio A Great Circle.
NV: A Great Circle è il primo video in cui ho documentato con un video le performance dal vivo. Le performance che costituiscono questo lavoro (Buio Primario/Glitter Secondario/Nodo Terziario) sono state pensate sin dall’inizio come parte di un solo progetto. Per ognuna delle tre ho sperimentato diversi modi di filmare. Buio Primario, una performance in cui ho vissuto per una settimana all’interno di un angusto tunnel di legno, è stata filmata successivamente allo svolgimento della performance; a distanza di mesi sono rientrato nel tunnel con una telecamera davanti alla quale ho recitato i ricordi della mia esperienza. Glitter Secondario si è svolta all’interno di un’ampia installazione nella quale il pubblico poteva accedere a gruppi di 5 persone al massimo; la performance è durata circa 8 ore al giorno per 3 giorni ed era filmata di nascosto attraverso dei fori praticati sulle pareti in legno dell’installazione. Nodo Terziario si è svolta in un bosco in occasione della mostra “Imago”. Il pubblico, una volta raggiunta la Galleria Comunale di Monfalcone, veniva condotto in un luogo rimasto segreto sino ad allora: una dolina in mezzo al bosco.
SC: La fisicità è declinata in modo differente in ciascuno di questi tre lavori.
NV: Assolutamente. Contenuta e rivolta verso me stesso (Buio Primario), esplosiva e alla ricerca del contatto (Glitter Secondario) e una mescolanza di tutto questo in Nodo Terziario, che vede nella natura la sua ideale collocazione per un’idea di apertura spaziale oltre che di comportamento primordiale.
SC: Se analizzo dal punto di vista linguistico il tuo lavoro rintraccio principalmente due generi classici della Storia dell’Arte: la scultura e la performance. Sei d’accordo?
NV: Sì, nello stesso ordine in cui le nomini.
SC: Dunque, credi che il tuo lavoro sia, per alcuni aspetti, definibile “classico”?
NV: Sono sempre recalcitrante all’idea di dare definizioni al mio lavoro, ma sì, i mezzi che utilizzo sono sicuramente classici.
SC: La trasgressione che significato ha per te? E con cosa vuoi rompere? Con il passato, con ciò che si conosce, con le origini? Penso alla performance con la tua famiglia, Nico & The Vascellaris…
NV: Non trasgredisco perché non conosco e non riconosco le regole. Quello che voglio rompere e costruire prende ogni volta forme diverse.
SC: Punk e trasgressione sono due concetti abbastanza imprescindibili, e gran parte delle performance della Storia dell’Arte sono legate all’idea di “rottura”, spesso anche con una certa violenza — da Marina Abramovic a Peaches. Questo carico febbrile, che spesso ti porta al limite delle tue forze, a cosa mira? È una forma di esplorazione delle condizioni mentali e fisiche liminali?
NV: C’è un’idea di ricerca della primordialità. Faccio arte con viscere e cervello perché sono composto di entrambe. Forse questo è un punto di rottura con molta arte/artisti.
SC: Vorrei parlare dei tuoi punti di riferimento, perché ce ne sono davvero tanti nel tuo lavoro. Chi sono i principali? Mi viene in mente Mike Kelley perché i tuoi lavori, come i suoi, sono un composto di scultura, musica, teatro, cinema, cultura popolare…
NV: Mike Kelley è un artista che stimo enormemente proprio per le ragioni che citi. Bruce Nauman e Gordon Matta-Clark direi altri. E poi il punk (attitudine), hardcore (fisicità), black metal (umore), noise (primordialità), new wave e dark (sentimento), e per tutti una “filosofia” legata al suono.
SC: In Glitter Secondario, come anche in Cuckoo poi e in altri lavori, c’è sempre il ricorso a un tuo sistema mitologico. Cosa mi puoi dire di questi personaggi che inventi? I costumi per esempio, che li qualificano così tanto in direzione scultorea, li realizzi tu?
NV: Sì, confeziono i vestiti personalmente. Solitamente per ogni vestito creo dei collage a cui faccio riferimento nel momento della realizzazione. Archivio immagini di ogni sorta quotidianamente. Le suddivido per categorie, come “cose che mi piacciono”, “cose orribili”, “tagli di capelli interessanti”, “modelle decolorate con sopracciglia nere”, “case sugli alberi”, “animali da giardino”, ecc. Spesso è a queste immagini che attingo per i miei collage.
SC: Sia Cuckoo che Nico & The Vascellaris hanno qualcosa di liturgico. In Cuckoo la processione iniziale mi ricorda la magia bianca, i riti religiosi o le credenze popolari. Mi viene in mente un film, Nuovomondo, in cui una vecchia, in Sicilia alla fine del secolo scorso, pratica la magia bianca e toglie dal grembo di una giovane donna un gomitolo di bisce. E anche un altro film, Eyes Wide Shut, per il rituale massonico, sadico, erotico, magico con punte di violenza, tutto reale e surreale insieme. Una forma di catarsi.
NC: Questi riferimenti sono tutti pertinenti. Nuovomondo mi era piaciuto molto, a cominciare dalla scena di cui parli. La Sicilia è stata una meta dello scorso anno in cui sono andato alla ricerca del folklore religioso, processioni e chincaglierie colorate. Lo stesso vale per il Nuovo Messico, da cui proviene la fotografia che ho usato per la pagina pubblicitaria, un particolare di una longhouse degli Anasazi. Cuckoo era un rituale. Energie. Interno-esterno. Sopra-sotto. Livelli e strati. I riferimenti allo sciamanesimo sono sempre stati presenti nel mio lavoro. Me ne sono accorto solamente nel tempo. Cuckoo nasce anche da questa consapevolezza. L’incipit del progetto è l’operazione pubblicitaria: 18 pagine fatte comprare a collezionisti in riviste d’arte, moda e musica. Credenti. Comprare senza poter vedere cosa. In cambio della pubblicità hanno avuto un lavoro che consiste nella pagina della pubblicità strappata dalla rivista e incorniciata a fianco a un disegno-foto-collage fatto in preparazione per la mostra. Il prezzo dell’opera era il costo dell’inserzione.