Lina Bertucci: Fotografi oggetti di uso comune come bizzarre nature morte con un’attenzione ossessiva per la loro disposizione e i dettagli. Come hai iniziato?
Paul Salveson: Di solito facevo foto performative di figure vestite con strani abiti. Lentamente le persone cominciavano a scomparire e i costumi diventavano il soggetto principale. Il mio modo di lavorare si è ulteriormente sviluppato quando ho cominciato a essere affascinato dalla simmetria. Dopo aver fotografato in questo modo per un certo periodo, ho realizzato che non era la simmetria l’elemento al quale ero particolarmente interessato, quanto piuttosto al modo stesso di organizzare qualcosa visivamente, che era automatico anziché “pittorico” o senza forma. Un approccio che era funzionale, piuttosto che puramente artistico.
LB: Questi oggetti diventano quasi irriconoscibili e assumono una nuova forma piuttosto astratta e talvolta ironica. Quali sono le tue influenze?
PS: Dal punto di vista strutturale, la fotografia commerciale e scientifica ha rappresentato una grande fonte di ispirazione per me. Mi piace pensare che le mie immagini abbiano l’illusione di avere uno scopo simile a questo genere di fotografie. Mi piace guardare le foto che le persone pubblicano su eBay: foto che descrivono semplicemente ciò che è rappresentato. L’immaginario iconico dei Forcefield mi ha attratto fin dalla prima volta che ho visto uno dei loro video. Ho sempre invidiato il modo in cui riescono a creare un mito e fanno sembrare quello che stai guardando nei loro video una piccola porzione di un mondo più grande. Ultimamente ho letto un sacco di romanzi fantasy e di fantascienza, e l’idea di costruire un mondo di fantasia si è certamente insinuata nel mio lavoro. Mi aiuta a concepire tutte le mie fotografie come un insieme, e a cercare di dar loro senso nel complesso.
LB: La sensazione che ho del tuo lavoro suggerisce l’esistenza di un più ampio e complesso universo oltre la cornice. Parlami del processo fotografico: costruisci questi scenari o set collocando gli oggetti in varie posizioni per trovare la giusta combinazione di elementi? O sei sicuro di come vuoi rappresentare l’immagine?
PS: Il mio metodo per costruire le immagini può variare abbastanza. A volte lavoro su ambientazioni, sfondi e oggetti per ore, provando diverse soluzioni finché non trovo quella che mi piace. Altre volte un’immagine emerge naturalmente con pochi scatti. Di solito quelle che vengono fuori più velocemente sono migliori. Come dicevo prima, ho sempre una vasta collezione di immagini che voglio fotografare e una lista di alcuni posti che voglio immortalare. A volte sento il bisogno di avere intorno per un po’ un oggetto nel mio appartamento per conoscerlo prima di fotografarlo. La familiarità con un oggetto o un luogo spesso mi suggerisce una fotografia: raramente progetto nel dettaglio qualcosa prima di fotografarla, ma ho sempre un’idea di ciò che voglio prima di cominciare. Il mio procedimento solitamente richiede una buona dose di improvvisazione. Ho avuto difficoltà a fotografare a New York: preferisco fotografare in periferia, soprattutto quando vado a trovare i miei genitori che vivono in Virginia. La periferia ha un ordine che mi piace sovvertire.
LB: Il lavoro di fotografi come William Eggleston o Stephen Shore ti era familiare? In che modo ti hanno influenzato?
PS: Ammiro molto sia la fotografia di Eggleston che di Shore. L’immediatezza con la quale essi trattano i loro soggetti ha sicuramente avuto un’influenza sulla mia fotografia. Le fotografie di Graceland di Eggleston sono certamente le mie preferite. Sono così profonde e trascendentali. È difficile dire esattamente a che cosa stai guardando. Amo anche le foto che ritraggono il cibo di Stephen Shore, sono irresistibili. Quando preparo una cena veramente buona sento la necessità di fotografarla prima di mangiare e identifico questo con il bisogno di catalogare le esperienze quotidiane. Stephen Shore è a capo del programma di fotografia del Bard College presso il quale ho studiato. È stato straordinario avere la possibilità di imparare direttamente da lui.
LB: Pensi che il tuo lavoro abbia una componente performativa?
PS: Considero il mio lavoro performativo a un livello personale. Quando ho cominciato a manipolare oggetti e a fotografarli, è diventata una sorta di performance rituale. Di solito sono molto timido quando scatto foto in presenza di altre persone. La mia condizione ideale per fotografare è stare da solo a casa di altre persone. Quando faccio visita ai parenti per le vacanze, porto sempre con me la mia macchina fotografica. Dopo che tutti vanno a letto, prendo la mia macchina fotografica e le luci e comincio a esplorare la casa. Ultimamente ho lavorato ad alcuni video sul cibo, con una forte componente performativa.
LB: Il tuo lavoro a volte si percepisce come un ready made. Che ruolo ha la scultura nel tuo metodo operativo?
PS: Quando predispongo una foto sto razionalmente creando una scultura. Le persone in passato mi hanno chiesto perché faccio fotografia e non semplicemente sculture. È difficile per me creare qualcosa che trovo visivamente efficace da ogni angolazione. Fare fotografia mi permette di fissare il punto di vista e fare in modo che l’oggetto appaia esattamente nel modo in cui io desideri. Le sculture sono viste all’interno del contesto nel quale esse sono collocate fisicamente. Mi piace avere la capacità di non mostrare solo una scultura, ma di mostrare una scultura all’interno di uno scenario specifico, lontano. Di recente ho provato a esporre semplici sculture di fianco alle fotografie.
LB: Come pensi di migliorare il tuo lavoro?
PS: Mi piace pensare che il mio lavoro evolverà naturalmente. Ho sempre avuto problemi a stabilire specifici obiettivi o fotografare all’interno di progetti. Continuo a fotografare e a trovare cose diverse che mi interessano e mi permettono di fotografare più soggetti in modi differenti. Quando ho cominciato a fotografare per la prima volta allestimenti scultorei, le mie immagini erano molto più studiate: esse dovevano seguire certe indicazioni che riguardavano il colore e la simmetria. Ancora impongo rigide linee guida alle mie fotografie, ma sto lasciando loro un po’ di libertà. Come dicevo prima, ho cominciato a fare esperimenti con il video e la scultura. Non si tratta di un allontanamento dal mio lavoro fotografico, ma piuttosto di una sua estensione.