
A chi lamenta la carenza di validi punti di riferimento formativi per la curatela in Italia, la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo risponde da quattro anni (pur limitando l’invito a emergenti stranieri) con il progetto di Residenza per Giovani Curatori, realizzato in collaborazione con la Fondazione Garrone di Genova. E si constata volentieri che Angelique Campens (Belgio), Erica Cooke (USA) e Chris Fitzpatrick (USA), coordinati in questa edizione da Stefano Collicelli Cagol, giovani lo sono davvero: vicinissimi ai trent’anni, ciascuno con un ottimo curriculum maturato in diverse istituzioni estere. “Persona in meno” è dunque il titolo della “loro” mostra: frutto di quattro mesi di indagine svolta nel nostro Paese, negli studi di giovani artisti e attraverso contatti con le realtà italiane più significative per il contemporaneo. Con uno spunto tematico legato all’idea di un certo rapporto fluido tra presenza e assenza, tra identità e sua rappresentazione, la mostra raccoglie trentasette opere di venticinque artisti italiani, chiamati a giocare con uno spazio connotato e labirintico come quello della sede della Fondazione a Guarene. Tra i protagonisti, una buona componente di giovani emergenti, con alcuni spunti freschi e interessanti e un ampio ventaglio di media. Tra i progetti installativi, Alberto Scodro ripropone Fune, il bel lavoro scultoreo e interattivo presentato lo scorso inverno a Vicenza; Andrea De Stefani legge curiosamente lo spazio attraversandolo, simulando il volo di una piantina di basilico; Lupo Borgonovo nasconde invece il suo calco spirituale di un osso sacro in una piccola teca nei sotterranei del palazzo. Mentre la scatola in legno di Chiara Camoni è in bilico tra sacro e profano, Nico Angiuli propone un lavoro ironico e campanilista, con una divertente componente sonora e autobiografica; accanto, tuona il lavoro di Alberto Tadiello, installazione imponente e ben risolta che si ricollega alle ricerche dell’artista sulla percezione sonora in ambito bellico. Chi utilizza il video sfrutta necessariamente l’oscurità degli spazi sotterranei del Palazzo. Meris Angioletti e Andrea Contin propongono in questo senso riflessioni intense ed eleganti sulla mente umana, legandosi esteticamente all’elemento della maschera; di impronta più vicina al sociale, è invece Nicola Nunziata, mentre il video di Alessandro Gagliardo propone una metariflessione sulla fruizione cinematografica con cui il visitatore è chiamato a interagire direttamente. Scelgono la bidimensione Mauro Vignando e Renato Leotta, entrambi vicini all’estetica del manifesto pur con differenti declinazioni concettuali. Per Linda Fregni Nagler invece la serie di fotografie delle “Hidden Mothers” rivela inedite possibilità, sottilmente inquietanti, di leggere le immagini d’archivio. E se anche la performance è presente con Chiara Fumai che si rispecchia nel padre, la pittura sembra essere la persona in meno di cui spesso in queste occasioni.