A metà tra land art, architettura e scienza, l’arte di Peter Fend scaturisce da due motivi: l’interesse per le emergenze ambientali del pianeta e l’amara constatazione che esistano alcune soluzioni già comprovate dalla scienza ma per qualche motivo ignorate.
Nella mostra “AFRICA-ARCTIC FLYWAY” al museo Nivola di Orani, curata da Elisa R. Linn e Lennart Wolff, l’artista punta lo sguardo sulla Sardegna, regione provata da disastri ambientali e dalla crisi economica. Il tragitto delle specie migratorie – uccelli e insetti – che ogni anno si spostano dall’Africa all’Artico, e che trovano nell’isola un indispensabile luogo di ristoro ora minacciato dall’avanzata della desertificazione e del cambiamento climatico, è il tema centrale del progetto e ne suggerisce il titolo. La traiettoria degli uccelli è evocata dalla presenza di una linea rossa tracciata sul pavimento e da scritte applicate alle pareti e alle vetrate del museo. Non senza richiami all’arte concettuale, i messaggi di Fend rivelano la filosofia alla base del progetto: frasi come “Campagna punto mediano per la migrazione, di animali Africa Artico andiamo qui è un posto per nidificare” e “Il metanodotto farebbe grande deserto qui in Sardegna, verso Sahara estesa?” ci ricordano che il destino delle specie migratorie e quello della regione e dei suoi abitanti sono indissolubilmente legati.
La mostra cade infatti in un momento in cui l’amministrazione regionale della Sardegna propone la costruzione di un metanodotto come alternativa sostenibile all’uso dei combustibili fossili. Per nulla convinto dell’efficacia di questa soluzione e sulla base di recenti indagini scientifiche, Fend indica un altro rimedio: abbattere le dighe, che non solo influiscono negativamente sul clima ma mettono a rischio la biodiversità dell’isola, e liberare i fiumi, il cui corso naturale è rappresentato in mostra da modelli realizzati con l’Ytong, un particolare tipo di calcestruzzo.
Attraverso una metodica frammentazione e manipolazione delle mappe satellitari dell’isola, l’artista suggerisce la suddivisione del territorio in bacini idrografici autonomamente gestiti dai cittadini. Dimostra inoltre, come si può dedurre dalla presenza di una ruota di bicicletta di duchampiana memoria, come sia possibile sfruttare l’energia prodotta da semplici mulini ad acqua. Tramite alcune foto che lo ritraggono mentre conduce esperimenti in altri contesti complessi, suggerisce poi la possibilità di contribuire al fabbisogno energetico della Sardegna attraverso la combustione di alghe e sedimenti marini.
Il lavoro di Fend appare in sintonia con il retaggio di Costantino Nivola, artista restio a collocarsi nei limiti di un genere, orientato alla ricerca di forme artistiche capaci di incidere sulla quotidianità attraverso il coinvolgimento dei cittadini. Sono questi ultimi i veri protagonisti del progetto di Fend: su di loro dovrebbe ricadere la responsabilità di realizzarlo.
L’estetica di Fend, senza retorica e senza fronzoli, si fonda su indagini concrete, mira alla capacità dell’essere umano di autoregolarsi, se lasciato libero, e di influire così sui destini del pianeta.