
L’idea della Biennale — “The Best of Times, The Worst of Times. Rebirth and Apocalypse in Contemporary Art” — sembra riferirsi alla natura ciclica dell’arte contemporanea e ai suoi effetti sulla nostra vita quotidiana. In che modo hai sviluppato questi concetti?
David Elliott: L’idea centrale della Biennale è ancora in fase di sviluppo e si riferisce al potere e al consumo che investe il mondo e l’arte. La mia riflessione si articola intorno alla possibilità che l’arte oggi possa sovvertire e cambiare le cose.
Cosa puoi dirci della scena artistica contemporanea in Ucraina?
DE: La scena artistica è profondamente radicata ed energica e rimanda costantemente all’identità dell’Ucraina, un paese oggi indipendente. La percezione da parte della comunità artistica internazionale è cambiata. A ogni modo, questa Biennale è per me una grande sfida.
Ci sono più di duecento biennali nel mondo. In che modo pensi di distinguere la Biennale di Kiev dalle altre?
DE: La Biennale è supportata dal Governo ucraino e dalla città di Kiev, quindi la sua creazione ha lo scopo di svolgere un ruolo importante per la città e per l’intero paese, oltre a rappresentare un’importante piattaforma per gli artisti. Il progetto sarà ospitato in un importante edificio recentemente restaurato, l’arsenale Mystetskyi.