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Vado a vivere in Italia

23 Luglio 2015, 11:54 am CET

T-Yong Chung di Alessandra Galletta

di Alessandra Galletta 23 Luglio 2015
T-Yong Chung, Dream, 2004. Fotografia su alluminio, 100 x 70 cm.

 

T-Yong Chung, Dream, 2004. Fotografia su alluminio, 100 x 70 cm.
T-Yong Chung, Dream, 2004. Fotografia su alluminio, 100 x 70 cm.

Chiedi la strada anche se la sai.
(Proverbio coreano)

Figlio di uno scultore, dopo aver studiato scultura a Seul, tra la Francia e gli Stati Uniti, ha scelto l’Italia per completare i suoi studi.
Dieci anni fa.

Alessandra Galletta: Perché proprio l’Italia?

T-Yong Chung: Quando studiavo a Seul non conoscevo ancora l’Arte Povera o la Transavanguardia, ma mi piaceva la Storia d’Italia. Avete una storia profonda come il popolo etrusco o gli antichi greci.

AG: È un motivo così lontano nel tempo?

TYC: I popoli antichi avevano un sistema di vita completamente diverso dal nostro, come per esempio gli egizi, e questo mi interessa molto perché ora il mondo che ci circonda è contemporaneo. È un bel sistema, ma manca qualcosa. Quando vado su un sito archeologico sento che tutto era diverso: semplicemente guardando un muro di granito antico sento qualcosa di più interessante.

AG: Quale parte d’Italia hai conosciuto per prima?

TYC: Sono arrivato a Carrara per specializzarmi in sculture in granito, come mio padre, e lì ho scoperto il mondo contemporaneo, l’Arte Concettuale, l’Arte Povera, Giuseppe Penone… mi sento molto vicino a lui.

AG: Che cosa ti piace del lavoro di Penone?

TYC: Il processo concettuale con il quale recupera un legno morto e lo fa vivere ancora, crea un legno finto su un legno morto e nasce una cosa nuova.

AG: E invece il tuo primo lavoro?

TYC: Nel mio primo lavoro ho modificato un catalogo di Taschen, un gesto semplice. Tutti pensano io abbia usato Photoshop invece ho solo tagliato e sollevato. Nella vita quotidiana succedono tante cose spontaneamente e allora sembra un sogno, per questo il lavoro si chiama Dream. Un po’ come nelle sculture di Penone, che fa nascere una vita dalla morte, anche quello è un sogno.

AG: Anche i tuoi lavori successivi nascono dal recupero di oggetti quotidiani che, modificati appena, diventano altro.

TYC: Tutti i miei lavori sono pura casualità. Per esempio a Marghera sono andato in una fabbrica abbandonata e mi sentivo come in una civiltà perduta perché la fabbrica era un sistema che ora non c’è più e lì dentro, in queste gigantesche strutture abbandonate, ho visto una pala arrugginita, sporca. Mi sentivo strano e volevo recuperare questo oggetto. L’ho portata in studio per pulirla e piano piano, togliendo la ruggine tornava la luce, ed è diventata uno specchio.

AG: Ancora un riferimento all’Arte Povera.

TYC: L’Arte Povera utilizzava le cose di ogni giorno, anche brutte, e riusciva a trasformarle in una strana energia: questo è fantastico perché con un’azione semplice qualcosa dal nulla diventa preziosissima.

AG: Persino i Bronzi di Riace in versione mignon sono diventati un oggetto magico.

TYC: A Milano nel quartiere cinese ho trovato nelle immondizie questi due Bronzi di Riace e li ho portati in studio per grattare la loro faccia. I Bronzi di Riace sono importanti per l’arte occidentale, e allora li ho portati verso il contemporaneo ma anche verso l’Oriente e quindi questi bronzi non sono più una cosa vecchia ma li ho ringiovaniti. Semplicemente grattandoli, io aggiungo qualcosa a questa scultura. Figurativo e astratto, da classico a moderno, da fisico a metafisico, da occidentale a orientale…

AG: Non fai solo scultura, hai realizzato anche dei video.

TYC: Ho fatto un video che è un documentario in cui i miei amici giocano con oggetti quotidiani. siamo tutti diversi, tutti abbiamo un universo in dotazione ma poi la società ci obbliga a un sistema e allora nel tempo perdiamo i nostri vizi, i nostri giochetti. Per me è fantastico recuperarli.

AG: Un concetto che profuma di filosofia orientale.

TYC: Buddha dice che ciascuno di noi ha il proprio universo, e gli artisti coltivano questo universo più degli altri, influenzando gli altri. Però so che a molti non interessa coltivare questo universo, si adeguano al sistema degli uomini.

AG: Invece per te che cosa preferisci?

TYC: Prima capire e poi conoscere, per questo recupero tutti oggetti interessanti per me, ma non voglio cercare di capirli solo dal mio punto di vista. Cosa vorrei? Vorrei guardare negli occhi un alieno. È un po’ come se fossi stato adottato dagli uomini sulla terra così riesco a vedere gli oggetti da un punto di vista sconosciuto e allora tutto può essere una cosa nuova.

AG: Avere lo sguardo di uno straniero.

TYC: Quando ero in Corea mi sentivo straniero, anche qui mi sento straniero; non so, mi sento straniero ovunque.

AG: Però resterai ancora un po’ in Italia.

TYC: Mi piace molto stare in Italia perché qui c’è l’antico e il contemporaneo, un po’ come nei miei lavori. Non so dove vorrei arrivare ma io ho il sogno di fare dei bei lavori. E questo è il mio obiettivo.

AG: Quali sono le caratteristiche di un “bel lavoro”?

TYC: Un lavoro riuscito secondo me ha un’energia infinita che può vivere nel passato, ora o nel futuro. Un lavoro che avrà sempre un’energia da esprimere, e che per sempre darà qualcosa. Voglio fare lavori belli, sinceri onesti e universali, e questa è l’unica cosa importante, per me.

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