La burocrazia digitale è il genere letterario più alla moda del ventunesimo secolo. Il più alla moda, sì, ma non il più letto. Questa la tesi letteraria ed estetica alla base della mostra “The Hillary Clinton Emails” dell’artista e poeta Kenneth Goldsmith, a cura di Francesco Urbano Ragazzi. Un reenactment volutamente amatoriale e lo-fi dello Studio Ovale della Casa Bianca (il mobile di legno all’ingresso della mostra è la replica del resolute desk) al secondo piano terrazzato del supermercato Despar di Venezia, sito a sua volta all’interno dell’ex-cinema Teatro Italia, che ospita – archiviate in sei scaffali bianchi in formato libro e sciolte come singoli fogli impilati su un mobile di legno all’ingresso della mostra – le oltre sessantamila pagine di email che sono state inviate dal dominio clintonmail.com tra il 2009 e il 2013. A rendere il reenactment ancora più reale al punto di ibridarsi con gli avvenimenti, proprio la presenza di Hillary, quella vera, che ha fatto visita alla mostra il 10 settembre, sedendosi alla “mai-sua” scrivania. La struttura è quella di una matrioska tanto architettonica quanto concettuale giocata tra le polarità pubblico e privato. Queste sono le mail, che con la loro semplice esistenza e non in forza del loro contenuto, hanno contribuito alla vittoria di Trump nel 2016. Nonostante siano state pubblicate da Wikileaks da tempo, nessuno di noi le hai mai lette. “Sono sempre state qui, adesso grazie al display dell’arte contemporanea e a un sapiente uso di carta e inchiostro lo sono ancora di più, siediti comodo e sfogliale in questo teatrino nell’ex-teatro che abbiamo creato ad hoc e vedi che non è successo nulla di che”; questo è quello che sembra letteralmente dirci questa mostra. Siamo gettati dentro la mise-en-scène di una grottesca post-mail art, in cui il contenuto delle lettere è sempre esistito e da sempre già stato inviato ed esibito, ma la triste verità è che nessuno di noi ha mai avuto voglia di leggerlo, perché forse in cuor nostro sapevamo che non c’era nulla di così interessante da scoprire all’infuori della loro demonizzazione mediatica. Se oltre la verità c’è la post-verità, questa mostra esibisce la dopo-verità delle fake-news in cui la falsità non è più tale in relazione a un contenuto e alla sua discrasia con il reale, bensì in base alla semplice enfasi mediatica che si attribuisce a tutto questo. Questa mostra però è anche un’operazione diabolica nei confronti del sistema capitalista; intendendo qui il diabolico nell’accezione biblica ovvero come ciò che sfuma i confini tra il male e il bene. Se Despar è uno degli sponsor della mostra, l’economia delle merci colorate e delle crisi sovra-produttive è ancora il male assoluto da combattere e criticare con la dissidenza delle forze del bene, ovvero il miracolo delle forme dell’arte contemporanea? Mentre tentiamo di elaborare una risposta, la mostra risponde nel modo che più le appartiene: mostrando. Due panchine sono situate al lato destro e sinistro della balconata vista supermercato (e vista cinema). Infatti, sopra il bancone della gastronomia, ogni giorno vengono proiettate opere video di Alex Da Corte, Sophia Al Maria, Peggy Ahwesh e molti altri. L’ex cinema-teatro recupera così il suo originale statuto ontologico proprio nell’istituzione che lo aveva sabotato, e anzi proprio grazie al suo contributo economico. Un’operazione artistica che travalica i limiti estetici della pop-art, immergendovisi letteralmente. Anche l’apparato editoriale si è adeguato a questa fagocitazione neo-capitalista e il leaflet della mostra è stato distribuito insieme ai volantini dei supermercati Despar in tutta Italia il giorno della sua inaugurazione. Chissà che anche quello, al pari delle email di Hillary, abbia avuto una “grande distribuzione” e un bassissimo livello di conoscenza del suo contenuto scritto.
16 Ottobre 2019, 3:00 pm CET
The Hillary Clinton Emails Despar – ex Teatro Italia / Venezia di Giada Biaggi
di Giada Biaggi 16 Ottobre 2019
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