Per la sua prima personale nel Regno Unito, “A Countervailing Theory”, l’artista nigeriana-americana Toyin Ojih Odutola presenta quaranta disegni nella Curve Gallery del Barbican Centre di Londra. Alcuni pannelli sono intimi, in scala umana, altri incarnano la grandeur aristocratica propria del dipinto storico. Le immagini, che ricordano uno storyboard, offrono una narrazione frammentaria fatta di erotismo e trasformazioni personali e politiche. Ojih Odutola costruisce una fittizia storia alternativa, una zona morale grigia in cui l’eterosessualità è aberrante e l’omosessualità forzata. La storia racconta un amore proibito tra Aldo, un umanoide maschio della classe inferiore dei Koba, che, con parole dell’artista, “vivono nella paura costante delle loro governanti,” e Akanke, una guerriera Eshu della classe dominante delle donne.
Ojih Odutola ha manifestato la sua ammirazione per l’“economia narrativa” e il “ritmo” dei manga e anime giapponesi, paragonando il progetto della mostra (in cui i visitatori possono muoversi in un’unica direzione) allo “srotolare per gradi una pergamena”. Lavorando con una ristretta tavolozza di carboncino bianco, pastello e gesso su tele di lino nero, l’artista assume il ruolo dell’archeologa e introduce una nuova dimensione nel mondo da lei costruito presentando i lavori come se fossero segni pittografici trovati sul nero scisto dello Stato del Plateau, in Nigeria Centrale. Nei novanta metri in scala di grigio del bozzolo semicircolare della galleria, Ceremonies Within (2020), un paesaggio sonoro in tre parti e dodici canali progettato dall’artista Peter Adjaye, guida gli spettatori attraverso questi cinematografici accostamenti di tranquillità e violenza. In diversi punti, i visitatori sentono il suono delicato dell’acqua che scorre, a cui si sovrappongono una pulsante musica elettronica, archi classici e strumenti dell’Africa Occidentale.
In Summons; To Witness One’s Own (2019–20), un gruppo di uomini Koba si affolla in uno spazio recintato, il bianco degli occhi che spicca, l’espressione sconsolata. In A Forbidden Impulse (2019), le ombre disegnano l’aspro rilievo delle nocche sporgenti mentre una mano resta congelata in un momento di sospensione e desiderio, tendendosi verso l’arma proibita. L’avvolgente ombra frastagliata produce sullo sfondo un motivo discordante e inquietante mentre uno dei Koba si prepara ad abbattere la sua padrona Eshu; l’ombra di lei (essenza della vita in questo mondo) viene strappata dal suo corpo, e porta il paesaggio a contorcersi e pulsare. Aldo viene accusato e punito per errore per l’uccisione di una donna Eshu. Dopo aver consumato il loro amore proibito, Akanke dà alla luce i suoi due gemelli, un simbolo descritto dall’artista nel catalogo della mostra come “la convergenza delle loro idee e anche delle loro forme”. Nell’ultimo pannello della mostra, Parable Rock, Riyom, Nigeria, c. 2200 BC (2019), i loro volti scolpiti sopra un precipizio costituiscono un monumento a un’era dimenticata (che precede le più antiche civiltà documentate) e disseppellita. Il quadro, inghiottito da una massa incontrollata di trame sontuose, chiude la mostra con una gemellanza sacra e simbolica.
I personaggi spesso si fondono con il paesaggio, che a sua volta sembra essere integrato nei loro corpi. In An Understanding: A Lesson in Listening (2020), Aldo parla mentre Akanke ascolta attentamente. È un momento in cui le imposizioni gerarchiche tra i nostri protagonisti sono per un attimo sospese. In una conversazione con la curatrice del Barbican, Lotte Johnson, Ojih Odutola dichiara: “I momenti in cui le linee sono curve, tortuose, scarse o assenti sono i momenti in cui il sistema si inceppa. Sono momenti di speranza, in cui la corruzione può essere usurpata e combattuta”. Akanke sembra turbata da quel che sta ascoltando e questo porta a uno scarto essenziale nel suo risveglio politico. In To the Next Outpost (2019), mentre Aldo sgobba in primo piano, trascinando rocce pesanti, Akanke ha lo sguardo rivolto altrove, le mani posate sui fianchi, come se sorvegliasse il territorio. I loro arti sembrano fondersi nel paesaggio montano. Molti ritratti hanno uno sfondo armonioso, mosaicato; le diverse sfumature di bianco amalgamate sono la roccia sedimentata e il terriccio, che fungono da metafora dei sistemi gerarchici di classe ereditati dalle civiltà antiche, di cui rimangono tracce persistenti a infestare l’età contemporanea.