Valentin Carron esprime una condizione di manifesto equilibrio tra realtà e rielaborazione della stessa, a partire dalla riconsiderazione di oggetti che estrude da contesti a lui prossimi. Vive il suo mondo interiore attraverso un continuo processo di sfasamento del reale. Spesso lavora attorno a simbologie magiche connesse direttamente alle forme della natura e in questo esprime un rapporto diretto con la cultura rurale. Trabattelli, travi, griglie lo portano sul crinale di una geometria elementare, senza consentirgli di conquistarla completamente. Le installazioni di Carron si organizzano nello spazio a caricarlo di energia mentale che sembra enuclearsi nel rapporto tra l’elementarità della forma, il suo significato, la sua suggestione sensibile e la stessa condizione umana.
È sempre lo spazio a caricarsi di silenzio interiore, esso sembra invocare una monumentalità fuori dal tempo. Le opere, nella loro libertà di riferimenti di categorie, si rapportano a questo spazio, come archetipi. Nel suo utilizzare materiali industriali come sostitutivi di quelli domestici, l’artista dimostra di essere in grado di riferirsi contemporaneamente sia al naturale, sia al costruito, all’organico e all’artificiale, mantenendo sempre, peraltro, una carica progettuale che trova risposta nella schiettezza dei materiali e della tecnica.
Il suo atteggiamento critico verso il mondo non gli nega la possibilità di giocare con gli oggetti, ottenendo rebus di oggetti, appunto, ma in termini mentali. Il suo modus operandi lo conduce a una costante evocazione di un “Altro Mondo”, che non è un concetto religioso o un postulato metafisico; esso sorge, invece, da un credo nel potere dell’immaginario che lo costituisce. Il mondo di Carron non è una scappatoia di quello convenzionale ma è immaginazione di questo. Il cervello di Carron sembra raccogliere oggetti precedentemente slegati dal mondo, liberati dal loro contesto per venire a costituire elementi scenici mobili. Quindi il magazzino in testa diventa la cava per l’opera d’arte. Il suo mettere in crisi il rapporto tra apparenza e realtà, pur nella costante consistenza volumetrica, dipende, insisto, sempre dalla forza dell’immaginazione che l’osservatore deve chiamare in causa. Valentin Carron applica nella realizzazione delle sue opere il concetto di memoria, analizzandone il percorso formativo.
Realizza oggetti e azioni che, attraverso il suo approccio analitico, stimolano il processo di conoscenza pur senza nascondere il meccanismo dell’idea che sta dentro l’opera. Carron non intende fornire copie del reale ma stimolare una conoscenza nuova del reale, non storica né concreta, o basata sui fatti, ma astratta, così da trasformarla in autoconsapevolezza dei fatti stessi attraverso gli oggetti. Tutti i suoi lavori, a mio avviso, si confrontano con la dimensione del tempo che non è solo oggettiva ma varia secondo la capacità di comprensione dell’osservatore e secondo il tempo che passa dall’emissione dell’informazione alla sua ricezione. Qualità astratte e figurative sembrano rafforzarsi le une con le altre nella sintesi rappresentativa. La componente rapsodica di questa scultura, nel senso delle reminiscenze popolari che evoca, ne esplicita la mutevolezza per la libertà dei modelli, per l’accento che egli pone sull’immagine come riferimento poetico, o simbolico, o allusivo.Valentin Carron sembra molto interessato al problema di come si possa adattare misura e proporzione in modo da giungere al confine tra oggetto e architettura. Egli usa infatti lo spazio attivandolo, suggerendo una precisa relazione tra quello e l’opera che si proietta nello spazio e, allo stesso tempo, lo crea. Resta, in ultima analisi, al di là di ogni teorizzazione, il fatto che il lavoro di Carron si muove sul filo di una fantasia fertile, dinamica, sorretta da una limpida, sottile, come incantata sensibilità poetica. Non si tratta di un processo di astrazione della realtà dell’esperienza quotidiana, che comporterebbe una riduttività quasi assoluta dei rapporti: l’intervento di Valentin Carron, invece, si riporta sempre alla realtà dell’esperienza quotidiana, sulla quale interviene con l’immaginazione e la partecipazione emotiva. La complessità della scultura contemporanea dipende dal fatto che in essa si intrecciano funzioni molteplici. Essa non è solo un progetto estetico, ma sta al di là di questo in rapporto referenziale con la realtà. La rappresentazione è però anche rappresentazione della teoria artistica della scultura.