Margherita Artoni: Le tue performance sono conosciute e apprezzate in tutto il mondo per la loro straordinaria forza emozionale, densa di riferimenti a una spiritualità orientale spesso accompagnata da suggestioni vivide e carnali. Come hai esplorato questa forma d’arte dai tuoi esordi nell’East Village di Pechino sino a oggi?
Zhang Huan: Le mie opere hanno sempre avuto una stretta connessione con l’ambiente e l’esperienza da me vissuta in prima persona. Per crearle prendo ispirazione dalle cose più umili e comuni della vita quotidiana come mangiare, dormire, lavorare e defecare. Studio instancabilmente la natura del genere umano attraverso la dinamica della routine, l’unica vera base intorno a cui prende forma la mia produzione artistica.
MA: Cosa intendi per “piano A” e “piano B” quando descrivi le tue performance?
ZH: Ho sempre articolato le mie performance in due piani d’azione. Nel caso in cui vi siano degli ostacoli alla realizzazione del piano A, ecco che si rivela necessario un secondo piano. A volte inizio un lavoro perseguendo una determinata strategia, ma durante il processo accade sovente che emergano elementi nuovi e inattesi, germi d’ispirazione nei quali scorgo la possibilità di un piano alternativo.
MA: Come percepisci il tuo corpo nel momento in cui questo entra in azione? E perché la nudità?
ZH: Gli esseri umani vivono la stessa esperienza dei propri corpi. Nel mio lavoro cerco di esperire nel migliore dei modi il senso dell’esistenza, del corpo e del vero, usando la nudità per comprendere il reale senza filtri. Odio la “messa in mostra” dell’opera d’arte. Dopo aver realizzato ogni dettaglio di una performance mi sento sempre molto rilassato, come se un sasso fosse stato finalmente rimosso dal mio cuore. Il tema del corpo è in assoluto il più ricorrente e significativo della storia del genere umano.
MA: Spesso le tue performance coinvolgono un coreografico insieme di persone. Mi viene in mente, per esempio, To Raise the Water Level in a Fishpond o ancora Hard to Acclimatize. È possibile individuare una componente teatrale in queste due opere?
ZH: La vita è intrisa di eventi assurdi e drammatici nei quali ci ostiniamo a ricercare una verità. La mia opera To Raise the Water Level in a Fishpond simbolizza l’ultimo fallimento della storia del genere umano. Nell’ottobre del 1999 fui invitato dal Seattle Art Museum a eseguire Hard to Acclimatize. Con l’aiuto del museo e delle università locali più di sessanta persone tra cui collezionisti, professori, artisti, istruttori di yoga, donne disabili e in stato di gravidanza, parteciparono alla mia performance. Nell’ingresso del museo descrivemmo una sorta di “U” distribuita su un’impalcatura a tre livelli e tutti svolsero un ottimo lavoro, tant’è vero che il risultato finale si tradusse in uno dei miei più importanti successi. L’opera nel suo complesso si componeva principalmente di tre parti, simili per molti versi ad atti teatrali. La prima, in cui mi trovavo seduto al centro, di fronte al pubblico, mentre i volontari erano sul patibolo; la seconda, che ritraeva gli stessi nell’atto di lanciarmi del pane; la terza, quando il pane era ormai sparso ovunque sul pavimento. Una performance sa rivelare in modo profondo ed efficace il conflitto che intercorre tra la cultura, l’identità e la natura animale degli esseri umani. Per la creazione di Hard to Acclimatize mi sono ispirato a una conversazione che avevo fatto in passato con alcuni sconosciuti. Una notte a Madison Square ero in cerca di cibo per mia moglie incinta, quando vidi due individui camminare verso di me con del pane in mano. Mi chiesero se fossi affamato, e d’un tratto iniziai ad avvertire le sensazioni più strane; rimasi senza parole con il naso contratto, accettai il pane e me ne andai. Quella breve esperienza mi aveva riportato alla memoria la mia vita in Cina, dove avrei potuto essere anche solo un artista, non importa quanto povero, ma nessuno mi avrebbe di certo scambiato per un mendicante porgendomi del cibo. In seguito un mio amico mi disse che il governo di New York e la Chiesa erano soliti fornire cibo gratuitamente alle persone senza fissa dimora, ogni giorno e in tempi e luoghi prefissati. Portai il pane a casa e decisi di farne uso nelle mie performance. Non è stato facile per me riuscire ad ambientarmi negli Stati Uniti, sia dal punto di vista linguistico che culturale. Questa è la mia vita in America.
MA: Esiste una connessione tra performance e fotografia nel tuo lavoro?
ZH: La funzione primaria della fotografia trova ragion d’essere nel passato, nella memoria, nella conservazione di azioni statiche o in movimento troppo essenziali per venire dimenticate.
MA: Qual è la funzione del simbolismo nella tua poetica? Puoi spiegare, in particolare, il significato del teschio?
ZH: Le mie opere sono come specchi, attraverso i quali l’osservatore vede e riconosce se stesso. Il teschio rappresenta in termini simbolici la rinascita e la trasmigrazione, incarnando al contempo la fonte della crescita, dell’evoluzione e del decadimento dell’essere umano.
MA: Pensi che la meditazione intorno alla dialettica tra la vita e la morte possa conferire autentici elementi di catarsi?
ZH: Sì, indubbiamente la meditazione ha questo potere. In fondo, il senso ultimo della vita è proprio quello di risolvere i grandi dilemmi relativi alla vita e alla morte.
MA: Quando hai compreso che la scultura era un medium essenziale per la tua maturazione estetica?
ZH: Nell’East Village iniziai a creare delle opere d’arte molto povere con l’impiego di alcuni beni di seconda mano trovati per strada. Solo allora compresi per la prima volta che alcune installazioni potevano essere assimilate in qualche misura all’arte scultorea.
MA: Non posso dimenticare l’enorme scultura del Buddha in cenere che hai presentato alla Pace Gallery nel cuore espositivo di “Neither Coming Nor Going”. Quali riflessioni ti hanno spinto alla creazione di un’opera tanto evocativa e monumentale?
ZH: La sincerità costituisce il motore della preghiera, ecco perché nessuno maledice gli altri quando prega. La cenere rappresenta la memoria collettiva, l’anima e la benedizione. A mio parere, sia io che te siamo Buddha. Ognuno in cuor suo è Buddha. E se in questo preciso istante ci stiamo interrogando sulla natura dell’essere umano… be’, ancora una volta stiamo agendo per mezzo del Buddha.
MA: Quali sono gli elementi della tradizione cinese a cui ti senti più vicino? Avverti delle somiglianze culturali tra Cina e Giappone?
ZH: Mi sento molto legato alla tradizione cinese fondata sull’idea di una genuina armonia tra uomo e natura. La cultura giapponese affonda le proprie radici in quella cinese, dunque il Giappone è in piena conformità con la Cina per quanto riguarda la generale visione dell’esistenza. Il genere umano fa parte della natura e i suoi membri dovrebbero cercare di convivere con essa invece di appropriarsene senza scrupoli. To Add One Meter to an Anonymous Mountain esprime bene il mio punto di vista in merito a questo aspetto. I giapponesi sono rispettosi, ma tanto amabili quanto detestabili.
MA: Ho letto che durante la settimana dell’Armory Show la Pace Gallery ha venduto le tue opere a un prezzo stimato tra i 75.000 e i 100.000 dollari. Come giudichi tale esito in un periodo afflitto dalla crisi economica? Per non parlare dell’incredibile successo dei tuoi lavori all’asta.
ZH: Non ho molto da dire in merito a questo aspetto, ma vorrei cogliere l’occasione per chiarire una punto sostanziale: solo quando ti dimentichi del mercato puoi davvero conquistarlo. A ogni modo, il prestigio di un artista è determinato dalla sua rilevanza nella storia dell’arte e non dai suoi risultati all’asta.
MA: Fino al 9 luglio la galleria Blum&Poe ha ospitato una tua personale su entrambi i piani dello spazio espositivo. Come collochi questa esibizione all’interno del tuo percorso artistico?
ZH: Per questa mostra ho costruito una campana di circa 6 metri di altezza a forma di pagoda usando mattoni di recupero provenienti dai cantieri di demolizione che circondano Shanghai. Una nicchia interna alla campana accoglie la scultura di un animale tassidermizzato dal nome Zhu Gangqiang, in onore del maiale ricordato per essere sopravvissuto al terremoto di Wenchuan resistendo quarantanove giorni prima dell’arrivo dei soccorsi; il tempo, secondo le scritture buddiste, in cui l’anima rimane sulla terra sospesa tra la morte e la trasmigrazione. La mostra presenta inoltre una serie di sculture in mattoni di recente costruzione che ritraggono suini e teschi. Queste opere sono i miei ultimi lavori dedicati al superamento della definizione dell’architettura e della scultura e incarnano la discussione sulla memoria storica e sulla coscienza spirituale. Intravedo una relazione tra lo stato mentale di Zhu Gangqiang nei quarantanove giorni dopo il terremoto e quello da me esperito al termine della mia prima performance. Entrambe le esperienze esibiscono in un ambiente estremo una brama di speranza e di auto-trascendenza.
MA: Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Mi parli della tua prossima personale in programma?
ZH: Ho intenzione di studiare e mettere a confronto il mondo delle termiti e quello della società umana. Proprio in questi giorni, a partire dal 15 Ottobre, esibirò al Rockbund Art Museum un corpus di lavori site-specific, la mia più grande mostra personale in Cina. Tanto il contenuto quanto la forma delle opere avranno un forte valore innovativo e muoveranno una vera e propria sfida alla storia dell’arte, mettendo in discussione l’attuale situazione religiosa del popolo cinese senza trascurare le questioni globali. “Q Confucio” è il titolo dell’esibizione.
MA: L’arte secondo te.
ZH: Credo che gli artisti debbano inseguire per tutta la vita due obiettivi; da un lato ampliare le possibilità dell’arte, dall’altro tenersi lontano da essa per esplorarne i confini. Non mi reputo eccellente in entrambe le cose, e in tutta onestà prediligo la seconda. Tuttavia amo pormi lontano dall’arte per ridefinirla, forzando costantemente i suoi limiti. Nessun artista, uomo d’affari, o politicante dovrebbe avere una sfera di cristallo e agire come un leader tra le pecore, poiché coloro che lo circondano non sanno nulla delle sue azioni future. Sicuramente tu non hai la minima idea di quali saranno le mie prossime creazioni, ma non pensare di saperne meno di me…