Diorama del Nuovo Mondo non è solo una mostra di pittura, ma è anche una sorta di grande romanzo, la storia universale illustrata per immagini e segni, una riscrittura personale e originale delle cose umane e delle cose prettamente naturali. Ogni dipinto è un capitolo di questa grande narrazione: la storia geologica, la storia del mondo vegetale, la storia dell’umanità, della cultura e del folklore. Il pittore si fa sciamano imprimendo sul suo tamburo rituale la descrizione mitica del mondo. In ogni singolo lavoro il segno grafico risponde a una precisa grammatica interna, così che il tema o la narrazione del dipinto si manifesta nel segno che lo nomina, che lo descrive e lo segue.
La Nave dei folli (2016) è un lavoro ispirato dalla lettura di Storia della Follia nell’Età Classica di Foucault. In questo dipinto il viaggio emblematico degli imbarcati si arresta, la nave è incagliata sul fondo, l’esistenza errante e vagabonda degli alienati viene simbolicamente bloccata in un qui e ora. Una sorta di Arca di Noé al contrario dove colui che si imbarca non è chi si salva ma invero colui che si perde. A ben guardare, l’atmosfera che permane nel dipinto, nonostante la cupezza dei toni, appare allegra. Anche i motivi più grotteschi sono mediati da un uso autenticamente infantile del tratto che si fa stilema dell’opera intera, divenendo ritmo e voce narrante. La nave ospita al suo interno maschere carnevalesche, giochi, scherzi e danze macabre. Sullo sfondo una brughiera si perde a vista d’occhio sino a coincidere con la linea dell’orizzonte, fondendosi con quel cielo uggioso di fine inverno. Questo carro allegorico in carta pesta sfila tra gli increduli astanti di un qualunque carnevale. La Nave dei folli come metafora del mondo è ben incagliata sul letto del fiume. Anche la composizione del dipinto e il suo segno si fanno presenza, inscrivendosi nella storia, divenendo la loro testimonianza. Il tratto muta rimanendo sempre autenticamente riconoscibile in Città (2016), opera straordinaria che riesce a evocare in modo sintetico diversi piani prospettici. Qui la ricerca della prospettiva si compie per paradosso attraverso segni grafici e l’effetto bidimensionale viene perpetuamente sfondato da una improvvisa profondità spaziale, mentre il tratto e la composizione ne diventano di volta in volta la voce narrante. In una prospettiva rovesciata poggia una rigorosa struttura ascendente. Città richiama un’inedita versione di “Clarinet” (1911) di Picasso e pare inoltre dialogare con due tele di Boccioni, “La strada entra nella casa”e“La città che sale”. Salvetti descrive un contesto urbano semi abbandonato, dove gli uomini ormai lontani dalla scena centrale del quadro sono impegnati in un percorso che li conduce verso il cielo. In Labirinto (2016) l’effetto centrifugo si associa ad una solida composizione di forme e segni e le lettere dell’alfabeto, presenti in questi ultimi lavori sembrano inciampare nel dipinto stesso. Nell’osservare Labirinto pare sentire il ritmo dei tamburi rituali dei Sami e così, solo dopo aver sentito il loro suono, iniziano a vedersi anche i segni e Labirinto diventa la superficie dei pittogrammi simili alla scrittura della civiltà di Harappa. Una forma mitica di riscrittura del mondo, una mappa dell’universo che accoglie elementi vegetali e lunghi tempi geologici, nei quali ogni segno grafico rimanda a questo alfabeto; un’opera nella quale sembra possibile scorgere alcuni resti del Castello in Aria di Osvaldo Licini. Concludo citando ancora un altro dipinto della serie Diorama del Nuovo Mondo. In Alfabeto Arboreo (2016) l’artista ci racconta di un paesaggio collinare trasformato dall’uomo in un arboreto, una raccolta di specie botaniche, infiorescenze e arbusti stratificati nel segno e nel tempo. Il legame con il territorio è evidente nel lavoro di Marco Salvetti. Queste narrazioni sono infatti ambientate nella varietИ paesaggistica e culturale della Toscana: le Alpi Apuane, le cave, le zone collinari, il lago e la palude di Massaciuccoli. L’artista si riappropria del folklore locale, il carnevale, il senso del grottesco. Affiorano dalla superficie della tela antiche maschere che nei lineamenti rassomigliano alle Statue Stele. Il lavoro di Salvetti procede esasperando lo stile segnico e grafico emerso giИ in passato, ma nella serie Diorama del Nuovo Mondo il segno si fa più esplicito, divenendo il senso stesso delle opere, acquistando un’eloquenza e una profondità tutte nuove. Il colore ad olio viene quasi del tutto abbandonato, utilizzato come uno strumento neutro steso nelfondo della superficie: un’unica grande campitura bianca che sfuma nel grigio e si presta da base luminosa e scivolosa per accogliere i segni lasciati dal carbone e dai pastelli. Queste tecniche semplici e questa monocromia di fondo sono la testimonianza della chiarezza, a monte, di alcune idee e visioni del mondo che gradualmente si palesano sul quadro.
by Simona Squadrito