Beatrice Marchi Hester / New York

9 Febbraio 2017

Durante la serata di inaugurazione della mostra “Summer in the North with Loredana”, Beatrice Marchi indossa goffamente un paio di strutture in vetro resina di colore rosa (Loredana’s Claws, 2016) che le coprono le braccia dal gomito in giù fino a formare due chele gigantesche. Marchi prende possesso di un microfono e si appresta a cantare una ballata dai toni sommessi, gesticolando di fronte al pubblico e rivolgendosi occasionalmente verso il suo riflesso spalmato sulla finestra per regolare i capelli con le spropositate braccia di gambero-artiglio.
Questa impacciata performance– annunciata come il “concerto con Loredana” – è in realtà una fedele messa in scena dell’esasperata introspezione che caratterizza questa personale così immacolata, la prima dell’artista negli Stati Uniti. La mostra rivela un espediente familiare, facilmente riconoscibile in tutto il lavoro di Marchi: quello di offrire allo spettatore un ritratto disseminato e frammentario di una giovane protagonista, che si rifrange attraverso una serie di opere e media differenti. Nel video Amiche forever (2017), Loredana parla attraverso un tablet con un amico, dalle sembianze inspiegabili di due glutei umanizzati datati di occhi e bocca. La conversazione è ampollosa: Loredana parla in italiano mentre il sedere parla in inglese. (Alla domanda di lei, risponde: “Io voglio essere libero. Voglio essere internazionale”).
Loredana impersona l’instabilità, in complementarietà al sedere spensierato che le impartisce una lezione sull’immagine di sé, di fronte a un tutorial di make-up in cui gli angoli del volto sono disinvoltamente sagomati su dei glutei.
Altrove, nel video Loredana across the seasons (2017), la schiena della protagonista viene trasformata nel ruolo di spettatore che osserva un quartetto di dipinti paesaggistici, compiendo un ciclo dentro e fuori dal telaio – in ordine con le stagioni – fino al punto in cui lei stessa sembra introdursi nell’immagine, la cui tonalità fa pendant con il vestito e le lunghe braccia-crostaceo. Sulla parete adiacente, il dipinto F / W 2016 (in black) (2016) coglie questa transizione, facendo collassare le stagioni in un calendario di moda, insieme alla sagoma inquietante di Loredana su una collina, quasi disciolta all’interno di un paesaggio disegnato. Accanto, lasciandoci alle spalle sia le stagioni che il calendario di moda, vi è sospeso il lavoro che dà il titolo alla mostra, Summer in the North (2016), dove un Uroboro ci invita a una svogliata benché inevitabile auto-riflessione. Qui, Loredana, non riuscendo più a sostenere il peso limitante degli artigli, si ritrova nuda su una spiaggia illuminata dal tramonto. I suoi occhi pieni di lacrime sono fissi sui glutei, i cui occhi – baratro, specchio, anima o qualunque altra cosa incarnino – piangono di riflesso.

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