Perché hai scelto Vienna come base per la galleria?
Vienna è una città molto affascinante, con una storia importante e musei meravigliosi. La qualità della vita è molto alta, le persone sono estremamente calorose e la discussione intorno all’arte contemporanea è stimolante e vivace. E poi i costi di gestione dello spazio sono totalmente inferiori rispetto a quelli italiani.
Nei primi due anni di attività della galleria hai sperimentato un modello “nomade”, occupando location molto diverse tra loro, da abitazioni private a luoghi di produzione (penso alla Fonderia Battaglia di Milano). Cosa porti con te di quest’esperienza adesso che ti sei, in un certo senso, “stabilizzata”?
In realtà non vorrei abbandonare del tutto l’anima nomade di Ermes Ermes. Per me è molto importante lavorare in spazi che hanno un forte carattere, che siamo stimolanti per gli artisti, e che spingano sia me che gli artisti a sperimentare nuove soluzioni in risposta ai limiti dello spazio stesso. La prima mostra che ho fatto con Gina Folly era nel mio appartamento. Per me è stato molto interessante vivere ogni giorno con il lavoro di Gina installato in casa. Un’opera che funzionava come una fontana era installata in salotto, che per l’occasione era stato rivestito con della moquette. A un certo punto tutta la moquette si era inzuppata del tè che l’artista aveva utilizzato nella fontana al posto dell’acqua. L’odore era abbastanza sgradevole, ma io mi sono divertita molto a modificare la mia quotidianità in funzione della mostra.
La galleria rappresenta diversi giovani artisti italiani (sono quasi la metà della lista). Che cosa ti ha colpito in ciascuno di loro?
Per me è fondamentale promuovere i giovani artisti italiani, dare loro visibilità non solo in Italia ma anche all’estero. Sentivo un certo gap, una mancanza rispetto alla scena dei giovani italiani. Quando decido di collaborare con un artista, deve esserci un’alchimia sia umana che professionale. Ognuno di loro ha una personalità molto forte, una dedizione maniacale verso la pratica artistica. Sono persone colte e preparate – e con grande talento.
La galleria ha partecipato all’ultima edizione di Miart. Come ti è parsa la fiera? Cosa eventualmente miglioreresti?
Penso che Miart sia un’ottima fiera, ben organizzata e che offre un’alta visibilità a livello internazionale. L’edizione di quest’anno è stata ben curata soprattutto nella selezione delle gallerie. Ho amato particolarmente lo stand della galleria Anthony Reynolds [una presentazione personale dell’artista inglese Lucy Harvey] – secondo me il migliore in fiera.
Rimanendo in tema fiere – parteciperai alla prossima edizione di Granpalazzo, con la tua prima collaborazione con Alessandro Agudio. Puoi anticiparci qualche dettaglio della presentazione?
Seguo il lavoro di Alessandro da un po’ di tempo, ci siamo incontrati e ci siamo subito piaciuti. Alessandro è una persona molto tenera, ma precisa e sicura di sé, con un forte senso dell’umorismo e un pizzico di sano cinismo. Credo che questi aspetti del suo carattere siamo presenti anche nel suo lavoro. Le sue opere, infatti, sono molto sensuali ma in realtà hanno diversi strati di lettura – all’interno dello spazio di Granpalazzo saranno meravigliose!