Invenzioni linguistiche idiosincratiche, enunciate attraverso usi altrettanto peculiari della voce, sono sempre state elementi caratterizzanti di chi – in diversi contesti ed epoche storiche – è stato definito sciamano, maga, cantastorie, incantatore… poeta. In Malelingue, Idioletta rende omaggio a queste madri e padri putativi con alcune trascrizioni delle loro testimonianze orali.
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Una voce soave si è esibita per anni alla corte di Papi e chierici, era la voce de “l’Angelo di Roma”, nome con il quale verrà ricordato Alessandro Moreschi, ultimo cantore castrato della Storia della Musica. Dalle poche registrazioni effettuate tra il 1902 e il 1904, si può avvertire la delicatezza della sua voce – anche se l’appellativo “Angelo”, conferitogli dall’ambiente ecclesiastico sembra avere una diretta valenza di purezza sessuale e religiosa, come se potesse esistere il Paradiso in terra. L’eco di Moreschi arriva fino ai nostri giorni quale testimonianza dell’oscura vicenda di queste “perenni” voci bianche diventando così fonte di ispirazione per i suo successori non castrati che lo presero a modello dell’interpretazione corretta della voce acuta, come quella di Domenico Mancini, che imitando alla perfezione il maestro Moreschi, venne scambiato per castrato dalla curia per anni.