Algorithmic Signs Fondazione Bevilacqua La Masa / Venezia

30 Novembre 2017

Era il 1970 quando, per la prima volta, Venezia ospitò presso la sede dei Giardini della Biennale la mostra “Ricerca e Progettazione. Proposte per una Esposizione Sperimentale” con una sezione dedicata alla computer art. Oggi, a distanza di quasi cinquant’anni, la città lagunare ospita “Algorithmic Signs” presso la Fondazione Bevilacqua La Masa in Piazza San Marco. La mostra, a cura della storica dell’arte Francesca Franco, nasce dalla volontà di dare voce a un periodo e a un movimento artistico spesso trascurato. Supportata da anni di ricerche e da un dialogo costante con gli artisti, la curatrice è riuscita a dare corpo a un percorso espositivo in grado di avvicinare e incuriosire il pubblico, accompagnandolo alla scoperta dell’arte digitale. I cinque artisti invitati sono i pionieri, gli “algoristi” per eccellenza, e a ognuno di loro è dedicata una sala, uno spazio personale nel quale è possibile entrare a contatto con la loro produzione artistica dagli anni Sessanta a oggi. Ernest Edmonds, Manfred Mohr, Vera Molnár, Frieder Nake e Roman Verostko creano i loro lavori utilizzando il computer e i suoi algoritmi ma, forti anche di un background differente – vita monastica, musica jazz, pittura, filosofia, fisica e matematica – riescono a produrre ricerche uniche e diverse tra loro. Edmonds esplora il colore, il tempo e l’interazione del visitatore con l’opera (Shaping Form, 2007); Mohr passa dall’espressionismo astratto alla geometria algoritmica (P-21 ‘Band-Structure’, 1970); Molnár guarda al reale e al suo vissuto rileggendolo con temi geometrici e forme semplici in grado anche di simulare la scrittura a mano come nella serie Lettres de ma mère (1987); Nake crea dei matrix, griglie di colore legate a un processo matematico (Hommage à Paul Klee, 1965); mentre Verostko, tramite l’utilizzo del plotter e della penna algoritmica, realizza disegni di chiara influenza orientale come in Frog Jump, 12 (2010) . “Algorithmic Signs” ci permettere di attraversare una fase importante della storia dell’arte capace di guardare al passato, in particolare al Costruttivismo russo dei primi del Novecento, restando però sempre al passo con lo sviluppo tecnologico. Riprendendo le parole di Molnár si può quindi affermare che la bellezza di questa ricerca artistica risiede proprio nei binomi: “rigore e emozione, controllo e abbandono, ordine e follia”.

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