Sarah Cosulich su Mutina for Art

8 Dicembre 2017

Tre contesti strettamente legati fra loro da un’idea curatoriale e progettuale che si definisce immediatamente dai tre “spazi” di indagine: MUT, This Is Not a Prize, Dialogues. Perché e in che modo sei giunta a una proposta così articolata, strutturata e in parte anche complessa?

Il progetto Mutina for Art è la continuazione di una visione aziendale molto precisa che dedica la sua missione a creatività ed eccellenza. L’approccio appassionato di Mutina, molto sensibile nei confronti del contemporaneo, mi ha permesso di lavorare a un programma complessivo e non soltanto ad una semplice iniziativa, facendo un ragionamento sull’attuale mondo dell’arte, sulle esigenze di artisti, opere, e istituzioni. Tre sono le iniziative che compongono il progetto Mutina for Art, e che coprono tre diversi campi d’azione complementari tra loro: il primo, MUT, è il nostro spazio fisico, un luogo di presentazione dell’arte. Rappresenta la possibilità di produrre e presentare mostre interne alla sede di Mutina, aprendo un confronto con artisti e opere, con le idee fin dalla loro nascita. Il secondo, This is Not a Prize, è un riconoscimento che assegniamo ogni anno a un artista internazionale (selezionato da una giuria) e che si concretizza nel supporto di un suo progetto futuro. È un percorso flessibile e imprevedibile che può prendere forme diverse. Dialogues invece racchiude i progetti di produzione di artisti che lavorano con la ceramica. Mettiamo a disposizione agli artisti e alle istituzioni con le quali collaboriamo la specifica competenza di Mutina rispetto a un materiale che sappiamo essere utilizzato in modo importante nell’arte.

Mut, lo spazio espositivo, ha sede all’interno dell’azienda, quindi una dichiarazione di intenti molto chiara che vede da un lato gli ambienti lavorativi di Mutina e dall’altro la volontà di far dialogare e interagire il fare estetico e il fare produttivo. Il luogo ospitante è di per sé uno spazio “autoriale” essendo stato progettato dall’architetto Angelo Mangiarotti negli anni Settanta, come hai ideato questa parte così ibrida ma carica di possibilità sia installative sia contenutistiche?

Il CEO di Mutina Massimo Orsini è un collezionista e ha portato la sua passione in azienda, anche concretamente con le opere che abitano gli uffici. La nascita di uno spazio vero e proprio come MUT è stata una naturale evoluzione. Avere uno spazio espositivo interno significa per Mutina identificarsi e identificare l’azienda con artisti, opere, progetti ma anche con la loro fruizione. La presenza dell’arte infatti funge da stimolo per chi vive e lavora qui e, al tempo stesso, racconta all’esterno, ai suoi clienti, al pubblico, una filosofia aziendale incentrata su curiosità e sperimentazione. Mutina ha la sua sede all’interno di un edificio progettato da Mangiarotti, un luogo unico e molto affascinante, una specie di piccola kunsthalle. L’architettura dello spazio permette grande flessibilità, e da poco lo spazio principale è stato riqualificato per ospitare sia lo showroom aziendale che appunto il MUT.

This Is Not a Prize ha nel titolo già l’ambizione di definirsi molto più di un premio. Puoi spiegarci meglio perché e come intendi agire all’interno di un ambito così “necessario” per la produzione contemporanea? 

Vogliamo dare riconoscimenti che non si concludono nel momento in cui gli artisti vengono premiati, ma che possono assecondare le loro necessità specifiche in quel momento del loro percorso, che è diverso per gli emergenti rispetto agli artisti affermati, ma che è anche diverso a seconda del medium utilizzato o dell’approccio dell’artista. Dopo essere stato premiato nel 2016 ad Artissima, Giorgio Andreotta Calò ci ha comunicato che stava lavorando al Padiglione Italia della Biennale. È stato allora naturale decidere di sostenere la produzione del suo lavoro a Venezia. A FIAC abbiamo appena premiato Jochen Lempert. Il suo This is not a Prize 2017 prenderà forma una volta che, dialogando con lui, decideremo insieme quale saranno le sue esigenze. Potrebbe essere il supporto a una mostra oppure una pubblicazione. Non è un classico premio perché non è prevedibile nella sua forma ma soprattutto non ci piace definirlo premio quanto l’inizio del rapporto di Mutina con un artista.

Infine Dialogue è il tentativo di espandere il concetto di funzione, produzione e distribuzione. Quali sono i tuoi intenti e quanto stai già facendo per questa “costola” tanto sperimentale quanto attualmente inevitabile nel dialogo fra arte e produzione?

La ceramica è un materiale molto utilizzato nell’arte, sia da artisti che conoscono questo medium e lo utilizzano nel loro lavoro, che da artisti che magari desiderano sperimentare e testarlo. Se né il MUT né This is Not a Prize intendono limitarsi alla ceramica ma sostenere l’arte in tutte le sue forme, Dialogues diviene il punto di riferimento per quel tipo di produzioni. L’idea è quella di sostenere produzioni di opere, fornire un supporto sperimentale agli artisti, permettere un dialogo o confronto con il laboratorio di Mutina, mettere a disposizione le risorse e la forza di Mutina anche nella realizzazione di opere site specific per musei o istituzioni. Siamo convinti che possano nascere scambi molto interessanti.

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