Giulio Zanet Fonderia Artistica Battaglia / Milano

15 Febbraio 2018

Giulio Zanet presenta con la galleria Roberta Lietti di Como una serie di sculture frutto della sua residenza presso la Fonderia Artistica Battaglia, messe in dialogo dall’artista con alcuni suoi dipinti recenti.
Il percorso espositivo prende avvio da un dipinto di grande formato che, posizionato in un angolo, pare sfondare e dilatare lo spazio: mentre i muri si dividono le immagini scivolano nella terza dimensione e si concretano in sculture, ribattezzate con un tocco di blu o magenta.
Sinuosità, strappi, alchimie di forme e colori sono i protagonisti di un fare gestuale e fluido allo stesso tempo, che segue l’azione istintiva del primitivo come quella calibrata dell’artigiano. Si direbbe informale segnico o astratto-geometrico, tecniche che trovano il proprio punto d’incontro nella linea. La linea retta, motivo portante per Zanet sin dai primordi, trova qui un nuovo campo d’azione: si piega, si contorce, liberata da qualsiasi superstizione figurativa.
Così come nei quadri astratti che precorrono questa mostra, le sculture si interrompono prima di essere riconosciute. Si schiudono presenze impossibili da categorizzare, tutto è forma pura, che compare in cerchi perfetti e prende vita attraverso intagli e superfici increspate.
Non c’è costrizione, le linee seguono un principio interno, una libertà di pensiero e d’azione, generando diversi risvolti e intrecci. Le fluorescenti cromie che vivificano le tele, si rispecchiano sui bronzi, nella patina applicata in alcuni dettagli. Qui lo slittamento di punti di vista spinge lo spettatore a contorcere il corpo, a imitazione della scultura. Opere simili ad arnesi, congegni o anche elmi abbandonati da lungo tempo, creano un’aura arcana, memore dell’antica tecnica di fusione del bronzo a cera persa, ora sperimentata da Zanet in tutte le sue fasi di lavorazione.
Fa da eco a questa sfilata di pensieri materializzati una poesia, che pare esser stata rivelata da un oracolo. Sono le parole di Tommaso Di Dio, il quale tenta di mettere in guardia il pubblico dagli “Zombi”, nome utilizzato nel titolo e nel preludio della mostra per definire gli esseri convulsi che popolano le sale della Fonderia.
Nonostante questa sia la prima volta in cui l’artista si dedica alla pratica scultorea, le forme bronzee da lui create riescono a trasmettere un senso di stupore e di tensione; si flettono, ruotano su loro stesse, così da apparire energiche nella loro staticità, tenute in vita dalle primigenie pulsioni che vi sono intrappolate.

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