La dodicesima edizione della biennale nomade europea Manifesta si terrà dal 16 giugno al 4 novembre a Palermo, città che nel 2018 è anche capitale italiana della cultura. A partire dallo studio “Palermo Atlas” di OMA, il team di creative mediators di Manifesta 12, composto da Ippolito Pestellini Laparelli, Mirjam Varadinis, Bregtje van der Haak e Andrés Jaque, per Palermo, esempio di sincretismo culturale e snodo cruciale delle trasformazioni in corso a livello globale, ha scelto come tema “Il giardino planetario. Coltivare la coesistenza”. Grazie al proprio concept interdisciplinare, Manifesta 12 promuove una proficua collaborazione con la comunità locale e una visione della città come laboratorio attraverso progetti condivisi e dalle ricadute durature per la collettività.
CC: Come si articola l’esperienza di “Palermo Atlas”, avviata dallo studio d’architettura OMA?
IPL: Alla fine del 2016 sono stato contattato da Manifesta per sviluppare uno studio sulla città di Palermo, un documento che funzionasse come strumento di approccio alla città e forma di mediazione rispetto a un evento temporaneo come la biennale, con l’ambizione di trasformare Palermo nel vero progetto di Manifesta 12. La proposta curatoriale è scaturita da uno studio su Palermo e non imposta a un luogo, come avviene normalmente. Manifesta 12 cerca di interpretare il modo in cui Palermo rappresenta un luogo cruciale nelle trasformazioni che riguardano questo momento storico; la citta registra nei suoi spazi queste trasformazioni, funzionando come un incubatore di condizioni globali. “Palermo Atlas” esamina le trasformazioni di questo periodo e riscopre Palermo quale nodo di una geografia espansa di flussi trans-territoriali che non riguarda solamente le persone ma anche i dati, l’economia, le merci, i semi, le specie. Una delle qualità di “Palermo Atlas” è la trasversalità, in quanto si racconta la città attraverso le voci di migranti, cineasti, fotografi, docenti, storici, e dal punto di vista di insider e outsider, unendo la conoscenza degli abitanti mantenendo tuttavia un distacco critico necessario. Questi quattro mesi di lavoro si sono formalizzati in uno strumento usato per approcciare la città, un documento in cui persone, luoghi e testimonianze raccontano Palermo tra tensione globale e locale. “Palermo Atlas” è un mediatore rispetto a individui, istituzioni, partecipanti, studiosi che lo possono utilizzare come uno scan della città.
CC: Manifesta 12, in sinergia con l’Amministrazione Comunale di Palermo, si prefigge di promuovere un cambiamento socio-culturale che abbia delle ricadute durature per la comunità. In che modo il tema del “Giardino Planetario” può affermarsi come esperienza di coesistenza?
IPL: Il team curatoriale, interdisciplinare, spera di produrre effetti a lungo termine attraverso l’input di diverse discipline. Il “Giardino Planetario”, è un concetto preso in prestito dal botanico, paesaggista e pensatore Gilles Clément. Egli intendeva il mondo come un grande giardino e l’umanità come il soggetto responsabile che dovesse avere cura della diversità alla base della vita di questo e del pianeta intero. A distanza di vent’anni, questa metafora, sebbene ancora molto significativa, è stata superata per dare spazio ad una prospettiva post-antropocentrica in cui l’uomo condivide e negozia la propria responsabilità sul pianeta con i suoi altri abitanti, animali o piante. Manifesta 12 guarda alla natura come modello metapolitico, in grado di mediare la diversità e di costruire vita proprio a partire dall’incontro con il diverso. Il “Giardino Planetario” di Manifesta 12 non si riduce alla natura in senso specifico ma riguarda un ecosistema allargato di relazioni, rappresentato trasversalmente dall’incontro tra diverse comunità di persone, piante o animali, dall’incontro fra la natura e i suoi aspetti più tossici, dall’impatto della relazione tra uomo e tecnologia – la nuova “natura” in cui siamo immersi. Questa edizione di Manifesta parte da Palermo come luogo in grado di mediare varie forme di diversità. La maggior parte delle riflessioni di Manifesta 12 si innestano in un luogo in cui l’agenda politica è in risonanza con il tema della coesistenza, secondo una comunanza di intenti e un partenariato esplicito fra Manifesta e quello che viene discusso da un punto di vista politico dall’amministrazione guidata dal Sindaco Leoluca Orlando. Basti pensare alla Carta di Palermo del 2015.
CC: È stata più volte sottolineata la vocazione di Manifesta 12 alla multidisciplinarietà, ribadendo la volontà di superare un modello espositivo rigido. Come definiresti questo approccio curatoriale e in che modo verrà sviluppata questa formula?
IPL: Non è un modello classico o rigido ma elastico, aperto e con più voci. Sviluppiamo diverse categorie di progetti che riflettono la composizione dei partecipanti selezionati. Saranno presenti interventi progettuali capaci di operare un cambiamento in determinati punti della città, come nel caso del giardino urbano realizzato nel quartiere ZEN dalle comunità locali, guidato concettualmente da Gilles Clément, che riflette l’attitudine di questa Manifesta come partenariato con i cittadini. Altri progetti sviluppano ricerca attraverso il lavoro di film-maker, giornalisti investigativi e ricercatori abituati a usare forme articolate di rappresentazione come strumento per rendere sensibili temi complessi. Altri interventi si muovono a cavallo tra le arti visive in senso classico e altre discipline.
CC: Manifesta 12 appare già ben radicata sul territorio grazie ad “Aspettando Manifesta”. Potresti fare un bilancio di questa esperienza volta a sensibilizzare la comunità?
IPL: È in corso una continua negoziazione finalizzata alla collaborazione con Palermo nel modo più ampio in cui si può intendere l’idea di partnership. Lo sforzo fatto a partire da “Palermo Atlas” è stata la mediazione con la città, un processo complesso ma utile, i cui risultati sono estremamente positivi. Tutti i progetti sono stati costruiti sugli abitanti del luogo e sviluppati apertamente in collaborazione con locali o istituzioni scientifiche palermitane. Sono moltissime le collaborazioni tra i partecipanti invitati a contribuire a Manifesta 12 e diversi palermitani – da cuochi senegalesi ad accademici, da giornalisti ad agricoltori – sui progetti che saranno presentati in mostra, e sono in cantiere ormai da mesi. Ma è anche il caso delle esperienze del Dipartimento Educational, che ha lavorato con diverse categorie e generazioni di cittadini ponendo Manifesta anche come metodo di lavoro, e introducendo la piattaforma “Research Studios” che promuove laboratori di ricerca sulla città e coinvolge quattro università internazionali, l’Università degli Studi di Palermo – Dipartimento di Architettura, The Architectural Association School of Architecture di Londra, The Delft University of Technology, The Royal College of Arts di Londra.