Jon Rafman Fondazione Modena Arti Visive / Modena

26 Ottobre 2018

“Il viaggiatore mentale” è la prima personale di Jon Rafman all’interno di un’istituzione pubblica italiana; a Diana Baldon va riconosciuto il merito di aver posto l’attenzione su di un complesso ambito della ricerca artistica contemporanea quale è quella che attualmente riconosciamo come new media art. La mostra raccoglie una serie di installazioni multimediali, inedite per l’Italia, che Rafman ha realizzato dal 2011 fino ad oggi; quasi una decade di produzioni che rivela la costante attitudine visiva dell’autore di “surfare” fra i dispositivi più diversi.
L’artista, in modo quasi compulsivo, evidenzia l’attuale sovrapposizione di livelli percettivi tramite la registrazione, la documentazione e la simulazione del reale. Dal video all’animazione, dalla scultura all’installazione ciò che emerge è la richiesta da parte dell’autore di un’immersione totale e profonda in cui perdere i riferimenti di ciò che è reale e di ciò che è finzione. Rafman si concentra non tanto sull’uso della tecnologia, che oramai diamo ampiamente per scontato, ma sugli effetti, spesso estremi, che può avere sulla nostra percezione della realtà vissuta. Kool-Aid Man (2008-2011) è il risultato di tre anni di frequentazione della piattaforma virtuale Second Life nella quale è lo stesso artista, nelle vesti di un archeologo postmoderno, che indaga le infinite piattaforme rappresentative delle realtà in cui si incontrano identità/avatar in continua crescita.
Anche quando Rafman “saccheggia” brandelli di esperienze dalle più ardite comunità digitali come nella trilogia Betamale Trilogy (realizzata tra il 2013 e il 2015) e composta da Still Life (Betamale), Mainsqueeze e Erysichthon, i piani di percezione, di narrazione e di fruizione si sovrappongono senza mai scadere nella critica e nel giudizio. Siamo di fronte a uno scrittore per immagini in cui lo “spettacolo” multimediale ha superato qualsiasi fantasia e mostra il coinvolgente quanto ambiguo potere del mondo virtuale. Il deep web, più velocemente di quanto si possa credere, sta emergendo mostrando un collasso percettivo e sinestetico nel quale la distinzione fra luogo virtuale e luogo tangibile è completamente annientata da una promiscua compresenza di realtà e rappresentazione.
Per questo spesso il ricordo e la costante presenza di una memoria tanto personale quanto collettiva sono elementi del linguaggio visivo di Jon Rafman: Dream Journal 2016-2017 è la rappresentazione dei sogni dell’artista trasformati in un video animazione grazie all’utilizzo di software 3D amatoriali. Le due protagoniste – archetipi entrambe di stereotipi comuni quali la giovane millennial e la bambina intraprendente, indipendente e quasi militaresca, intraprendono un’esperienza di vita tanto epocale quanto distopica. Quello che emerge è la chiara narrazione fantasiosa di un sogno e di una quotidiana navigazione nella rete.

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