Come è nata la collezione?
Dal desiderio di avere un sogno e di mantenerlo vivo. Da ragazzo il mio sogno era diventare tennista e per alcuni anni ho giocato come professionista – per quasi dieci anni ero tra i giovani più talentuosi d’Italia.
Sono poi diventato un costruttore e ho ritrovato la scintilla di utopia nella passione per l’arte, partendo da artisti locali storici e avvicinandomi sempre più al contemporaneo. Una svolta decisiva è stata una visita alla Dia Art Foundation a Beacon: una folgorazione che mi ha permesso di capire con esattezza quali correnti artistiche mi interessava seguire e di ragionare sul mio modello di collezionismo, così è nato il desiderio di uno spazio dedicato all’arte che fosse un luogo vivo di incontro, scambio e creazione.
Cosa l’ha spinta a dare vita alla Fondazione?
Lo scopo è osservare la società attraverso l’arte e interagire con essa. Trasformare la collezione in fondazione permette di avere un’identità più istituzionale e definita che apre maggiori possibilità di collaborare con altri enti, sia locali che nazionali, di sostenere con più forza i progetti e potersi aprire a un pubblico più eterogeneo.
Il curatore della Fondazione è Vincenzo de Bellis, che la segue in parallelo al suo incarico di curatore per le arti visive al Walker Art Center di Minneapolis. La collezione è sempre stata un luogo di produzione, da anni, infatti, accanto alle acquisizioni di opere attraverso le gallerie private, realizziamo progetti site-specific con importanti artisti. Abbiamo collaborazioni attive con Museion, Thun Ceramic Residency e siamo in contatto con altre istituzioni locali come Kunst Merano Arte, ar/ge Kunst, ed altri enti privati. Inoltre abbiamo in programma delle collaborazioni con la Libera Università di Bolzano.
La vostra sede è un edificio creato ad hoc…
Lo spazio espositivo è stato realizzato nel 2012, già in vista della Fondazione, ed è un progetto dall’architetto Walter Angonese, affiancato dal collega Andrea Marastoni, e si sviluppa su tre livelli: un grande spazio per le mostre di produzione al piano terra, e altri due piani in cui vengono realizzate mostre tematiche.
A fine settembre ha inaugurato la prima mostra aperta al pubblico; con che tipo di programmazione proseguirete?
La Fondazione si presenta al pubblico con il progetto FAULT LINE dell’artista libanese Rayyane Tabet: una grande installazione nata da una sua articolata indagine sull’Alto Adige. Per il futuro pensiamo a un grande progetto site-specific all’anno e a una mostra di confronto fra artisti storici e artisti giovani, con un ritmo che ci permetta di lavorare in rete con altre istituzioni del territorio.