Le dinamiche dell’arte contemporanea italiana hanno senza dubbio caratteristiche peculiari se le si confrontano con quelle degli altri paesi europei o a quelle oltre oceano. Di fronte ad una economia che vede le fiere e la maggioranza dei collezionisti al Nord, al Sud, ed in questo caso a Napoli, sembra ci sia un’attenzione sempre viva verso gli artisti più giovani e più di ricerca, a prescindere dalle alterne fortune economiche e sociali della città. Al variegato panorama di attività pubbliche e private partenopee si aggiunge quella di una giovane coppia, Sveva D’Antonio e Francesco Taurisano, l’anima della rinata collezione Taurisano che ha appena inaugurato il suo programma con una residenza d’artista.
La collezione nasce nel più classico dei modi negli anni Settanta, con il padre di Francesco che inizia ad appassionarsi al contemporaneo e crea un primo nucleo di opere con una predominanza di artisti napoletani come Emilio Notte o Domenico Spinosa. Dopo una pausa, il passaggio di testimone va al figlio e sua moglie, i quali si fanno promotori di artisti che dimostrano un’attenzione ed un impegno verso le problematiche sociali e politiche della contemporaneità. Al cambiamento generazionale si accompagnano anche ambizioni diverse, tese a creare una collezione dialogante ed aperta al confronto, unite alla volontà di non seguire logiche speculative di mercato quanto quelle della controcultura e della critica sociale: in questo quadro generale, la sua dislocazione meridionale fra Napoli e Modica rappresenta il giusto scenario per una ricerca di frontiera.
Il ciclo di residenze è stato inaugurato dal collettivo rumeno Apparatus22 che lo scorso 10 gennaio ha presentato il suo lavoro alla fine della loro esperienza partenopea. Formatosi nel 2011, si distinguono per la versatilità della ricerca e dei sui mezzi espressivi: non solo spaziano dalle installazioni ambientali alla scultura, dai video alle performance ma seguono un filo speculativo che fa dell’attualità e delle criticità della società contemporanea la loro guida costante. Loro stessi però, durante il talk di presentazione, pur non dando una definizione precisa del loro lavoro, sono attenti a ricordare che la loro, non è solo un’attenzione al reale ma anche al possibile, proponendo una ricerca artistica che, non solo rifugge un imbrigliamento identitario, ma cerca la flessibilità delle potenzialità future o futuribili. Per la serata alla collezione Taurisano, il collettivo rumeno ha quindi presentato tre sculture-abiti, una per ciascuno dei membri del gruppo (Erika Olea, Maria Farcas, Dragos Olea) dove ognuno trasferiva in immaginifici costumi, le aspirazioni emozionali o visive che avrebbero desiderato trasmettere, nella irrealizzabile ipotesi in cui fosse stato possibile rendere materiche. Dopo un tale esordio, è inevitabile avere aspettative alte verso la Collezione Taurisano e le sue future attività, che per ora ha solo anticipato l’idea di un grande evento nell’aprile del 2020 che coinvolgerà diversi spazi cittadini con opere di dimensioni museali.