Lucio Fontana Met Breuer / New York di

di 20 Marzo 2019

Fra le figure dell’arte italiana del secolo scorso, uno dei nomi internazionalmente più noti oggi è senza dubbio quello di Lucio Fontana (1899–1968), il celebre autore dei “tagli” su tela. A New York, in collaborazione con la Fondazione Lucio Fontana, il Metropolitan Museum of Art dedica all’artista italo-argentino una mostra che restituisce la varietà di materiali e di modi espressivi che ne caratterizzano l’opera. Inoltre, la scelta del titolo – L’idea di Soglia – sembra indicare proprio questo senso di apertura, alla base di gran parte della sua produzione.
Il centro dell’esposizione è al Met Breuer, su due piani. Al Met Fifth Avenue si trova solo un pezzo che occupa la Helen and Milton A. Kimmelman Gallery – si tratta della Struttura al Neon per la IX Triennale di Milano (1951) – mentre a El Museo del Barrio è possibile osservare l’ultimo Ambiente Spaziale dell’artista (1968), concepito originariamente per Documenta 4 a Kassel. È soprattutto quanto esposto al Met Breuer che merita tuttavia maggior attenzione, dal momento che in questo caso la visita rende un’idea più completa della produzione del maestro spazialista. Al terzo piano del Breuer, la disposizione è articolata in sei sezioni: scultura; ceramica; buchi; materia; tagli; riflessi. L’allestimento evidenzia puntualmente il carattere tendenzialmente seriale, nella progressione cronologica, di molta della produzione dell’artista, con un culmine espressivo rappresentato dai suoi lavori intitolati Concetto Spaziale (le opere scelte coprono un arco temporale che va dal 1950 al 1968). In merito, è interessante costatare questa tendenza alla serialità anche in altre fasi meno conosciute del suo lavoro, come nella sezione dedicata alle ceramiche dove si trovano figure marine che sembrano implose, da un punto di vista figurativo. Si tratta di un gruppo di opere frutto di una collaborazione datata 1935 con la Manifattura Giuseppe Mazzotti, un’attività a conduzione futurista.

Ovviamente, non c’è solo la serialità fra le caratteristiche che emergono dall’esposizione. Il taglio antologico di “On the Threshold” permette di evidenziare anche un altro aspetto della sua modernità, definibile come la non identificazione tra presenza e visibilità. In un campo come la scultura, l’impressione sembra quella di avere un uso della materia – ceramica, ma anche terracotta, mosaici e altro – in grado di far emergere volti e corpi come non-finiti. In pittura, i tagli e buchi su tela suggeriscono invece la necessità di pensare un’idea di immagine fuori dal quadro. Infine, gli ambienti spaziali ci ricordano quello che siamo: soggetti straniati. A corredo della mostra c’è poi un catalogo che vede la presenza di diversi saggi molto utili per eventuali approfondimenti. Fra questi, vi è sicuramente quello di Pia Gottschaller, autrice tra l’altro anche di The Artist’s Materials Series, uno studio dedicato all’artista uscito qualche anno fa per il Getty Conservation Institute; oppure, su un piano interpretativo diverso, il contributo di Enrico Crispolti. Ci sono poi altre pubblicazioni uscite recentemente che analizzano il lavoro dell’artista e che potrebbero essere potenzialmente interessanti per una riflessione su letture differenti di Fontana – per esempio, Marshall Plan Modernism di Jaleh Mansoor.
In ultimo, come sempre, il punto di vista dell’arte su sé stessa. Ovvero, cosa dicono gli artisti. Qui, vale la pena concludere citando una affermazione che si potrebbe adattare a ciò che si osserva in mostra al Met. Si tratta di una frase pronunciata da Jannis Kounellis, grande artista nonché estimatore di Fontana. In una intervista online, a proposito dell’origine dell’arte, lo sentiamo dire: «Da un indebolimento di una forma ne nasce un’altra, questo è possibile. L’arte è una costante, dunque c’è sempre. Ma manca il perché di una formalizzazione, dunque su questa mancanza formalizzi di nuovo.»

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Gianluca Pulsoni