Il nuovo spazio KURA a Milano assume le sembianze di un palcoscenico immaginario e transitorio con la mostra “L’isola dei baci” di Than Hussein Clark. Il titolo proviene dall’omonimo romanzo L’isola dei baci (scoperto anni fa dall’artista durante un soggiorno a Villa Torricella a Capri) in cui Filippo Tommaso Marinetti e Corra, autori e protagonisti, sono coinvolti nelle peripezie di un enigmatico gruppo di individui in viaggio con loro.
In mostra, riferimenti letterari, cinematografici e dinamiche politiche odierne s’incrociano. Attingendo a una serie di storie dimenticate, di aneddoti e documenti non ufficiali, Than Hussein Clark traduce l’angoscia e i desideri di un passato di finzione con spazi, scene, oggetti storici e della memoria personale. La storia, considerata come un repertorio di forme, attraverso la moltiplicazione dei legami analogici, diventa un presente indomito nel quale il futurismo e il fascismo riemergono (ritroviamo ad esempio, oltre al romanzo di Marinetti, il mobile in perfetto stile Memphis, o ancora il riferimento al film Il Conformista di Bertolucci, in cui vengono fuori l’erotismo, la politica e l’omosessualità – tematiche care al regista e in contrasto con l’ideologia fascista).
Non solo l’interdisciplinarietà caratterizza il metodo di lavoro e di ricerca di Hussein Clark, ma anche una spinta personale verso la resa formale. Stile, aspetto, oggetto, dettaglio. Tutto circola e coincide in una nuova, fluida e infrangibile realtà temporale. Due domande fondamentali emergono: come trasformare l’ideale perseguito da un gruppo di individui in una finzione, costruendo un’estetica eclettica? Come si sviluppa l’ideologia nella costruzione di una tipologia estetica? L’ideologia non è un sistema aggiunto o superiore alla forma architettonica o artistica. È fluida, incompleta e divide. Hussein Clark immagina le forme che circolano grazie alle metamorfosi degli stili – che siano simili o radicalmente opposti fra loro, per unire erotismo e politica. L’estetica si sviluppa quindi a partire dalle sue contraddizioni interne e, libera di essere come di non essere, diventa una realtà queer.
La mostra è così lo scenario di una sceneggiatura invisibile in cui ogni opera sviluppa una potenziale azione narrativa. Il labirinto letterario nel quale si muove la pratica di Hussein Clark si compone dei tanti interstizi della memoria, vissuti come esperienze teatrali. In questa vasta narrazione plurisecolare, da Capri allo Sri Lanka, s’incontrano impressioni personali, elementi riscritti e rielaborati del passato, storie nascoste o censurate. Il racconto è percepibile negli intervalli leggibili fra opere dall’evidente distanza estetica. La varietà stilistica si coglie nei passaggi, tra le narrazioni ufficiali e l’aneddotico (e viceversa), come un lungo bacio lanciato dalle scogliere di Capri al Nino di Fersen, nell’eternità del golfo di Napoli.