Il fatto che nelle ultime settimane le giornate si siano accorciate favorisce in maniera puntuale la visita a “Dancing”, la nuova personale di Cleo Fariselli da Almanac Inn a Torino. Negli ultimi giorni di apertura al pubblico, la mostra è apprezzabile appieno nel tardo pomeriggio poiché il calare del sole imbrunisce la sala in cui è esposto il lavoro: un’opera cinetica ambientale che anima l’oscurità della stanza al centro della quale è sospesa. Agganciata al soffitto con una catena d’acciaio questa sfera, illuminata da tre faretti e ricoperta di frammenti specchiati, ruota lentamente illuminando per contro la stanza, così come il nucleo pulsante del prisma rettangolare che lo accoglie. I frammenti di vetro riflettono le luci arricchite da aloni di un azzurro ghiacciato, lo stesso che circonda l’ombra della sfera proiettata sulle pareti, come a testimoniarne la vitalità; la componente organica è rafforzata da un diffuso scintillio, generato dalla luce che riesce ad attraversare lo scheletro metallico, traboccando dalle fessure tra un vetro e l’altro.
Il risultato è un ambiente caleidoscopico, abitato di riverberi disordinati ma imperturbabili, che inquadrano lo spazio espositivo in una dimensione priva di riferimenti. Qui l’assenza di limiti alla visione della scultura crea una tensione silenziosa, per cui il visitatore gravita attorno a essa osservandone la fenomenologia e abbandonando quella consapevolezza di potersi ferire standovi in prossimità. Questo lavoro site specific contiene diversi rimandi alla pratica dell’artista, collegandosi alle sue precedenti esperienze con la luce e il suono e riprendendo una ricerca sviluppata con costanza a partire da opere più germinali come Senza titolo (Autoritratto) e Me as a star (entrambi 2008), fino a Nocturnes (2015) e Ahu One (2016). Disco ball senza motivo, stella solitaria, Dancing rappresenta nella sua iconica semplicità un momento di riflessione, inteso come raccoglimento, sia della carriera dell’artista che del presente in cui gravita.