L’oscurità che pendeva dagli alberi formava con l’umidità dell’aria una densa massa che avvolgeva tutto. Le uniche zone discernibili dall’occhio erano quelle toccate dai raggi delle torce che, fissate a nastri, portavamo sulla fronte. Potevamo scegliere fra luci di tre diverse intensità, tra cui una di tonalità rossa, meno invadente agli occhi degli insetti notturni. Mentre avanzavamo a fatica nella foresta pluviale, sul terreno argilloso coperto dalla rugiada serale, la nostra guida, l’entomologa Tracie Stice, indicava un minuscolo (in realtà non minuscolo così tanto) corpo dopo l’altro, facendosi strada nella notte con impressionante agilità.
A un tratto iniziò a frugare nel terreno con un bastone e ci chiamò. Trovò quello che cercava e, con un movimento rapido e deciso, spinse il bastone nella terra aprendo una sorta di botola perfettamente rotonda. Dietro di essa emersero i grossi occhi neri di un Ctenizidae, un ragno botola, che sbirciavano fuori dalla sua tana. Stavamo ancora osservando quel provetto cacciatore, la cui presenza sfugge in genere alla percezione umana, quando la nostra guida ci indicò, aggrappato alla sua tela, un Cyrtophora citricola, un ragno tenda tropicale. E raccontò al suo incredulo pubblico di avere convissuto a casa sua con un centinaio di quegli aracnidi. Avendo dedicato tutta la sua esistenza a quelle forme di vita, era davvero intrappolata nel loro essere.
Fu più o meno in questo periodo che, l’anno scorso, incontrai nella notte costaricana quelli e altri ragni. Nello stesso tempo stavo preparando al Museo Nacional Thyssen-Bornemisza di Madrid la mostra “More-than-humans”, con opere di Dominique Gonzalez-Foerster e Tomás Saraceno provenienti calla Collezione TBA21. L’Opera (QM.15) (2016) di Gonzalez-Foerster – una proiezione olografica in cui l’artista finge di cantare con la voce di Maria Callas una delle arie più amate del soprano – era allestita accanto a un corpus di opere di Saraceno frutto della sua lunga ricerca sui ragni. L’abbinamento potrebbe sembrare singolare: l’opera lirica è una delle forme più complesse della cultura umana occidentale e i ragni sono spesso considerati parte del mondo naturale, non produttori di cultura. Eppure le ragnatele – e le porte – sono creazioni architettoniche complesse; alcuni aracnidi le ritessono ogni notte, solo per divorarle e digerirle di nuovo la mattina successiva, mentre attendono che sul loro terreno di caccia cali il crepuscolo. Altri ragni costruiscono con la loro seta dei lazos, che lanciano con precisione per catturare la preda. Il loro uso di utensili è versatile e degno di nota. In termini umani, potremmo parlare di tali invenzioni come di una cultura. Quanto all’opera lirica, i ragni non hanno un apparato uditivo, ma possono discernere le vibrazioni di un insetto o un essere umano che si avvicina. Nel 2016 alcuni ricercatori scoprirono che i ragni saltatori, Phidippus audax, sono in grado, dal tremolio dei peli che ricoprono le loro zampe, di rilevare il linguaggio umano. I ragni e le loro ragnatele sono culture della natura.
La pratica di Saraceno si colloca in un equivalente interstizio fra organismi viventi – umani e non umani – ed è intrappolata nei loro contesti ecologici. Nell’installazione Hybrid semi-social solitary instrument HD 74874 built by a triplet of Cyrtophora citricola – four weeks and a solo Agelena labyrinthica – one week (2019), ad esempio, tre ragni tenda tropicali e un unico ragno a imbuto, mettendo insieme le loro competenze, hanno lavorato rispettivamente per quattro e per una settimana a costruire una complessa ragnatela. In genere ragni di specie diverse non tessono ragnatele insieme. Tuttavia il biologo ed esperto in comunicazione vibrazionale Roland Mühlethaler e altri ricercatori collaborano con i ragni nello studio di Saraceno per creare nuove architetture ibride. Nelle installazioni, costituite da reti composite racchiuse in casse di vetro e appese al soffitto, si possono facilmente distinguere le diverse tecniche di tessitura e le diverse tonalità della seta, che formano in questo caso sezioni di fili dorati e argentei. Per costruire tali conglomerati i ragni tessono ognuno nella maniera tipica della loro specie, ma creando nel contempo quelle che si potrebbero chiamare connessioni estemporanee con le altre ragnatele. Nodi e congiunzioni producono relazioni rappresentative di connessioni multiscalari fra specie diverse, specie che possono a prima vista apparire prive di rapporti fra loro. In queste nuove formazioni i ragni agiscono da modelli di ruolo della interconnettività, in cui il tentativo di accoppiare il medesimo è abbandonato per abbracciare invece il differente.
La teorica e biologa evoluzionista Lynn Margulis coniò e contribuì a diffondere, per definire i rapporti fra gli organismi e il loro ambiente, altri organismi compresi, come una forma di mutuo divenire open-ended, il termine simbiogenesi. Per comprendere il mondo naturale, a suo avviso, più che alla competizione, che nella teoria evoluzionistica darwiniana classica gode di un’attenzione sproporzionata, è opportuno pensare a una simbiosi di organismi che si influenzano a vicenda, co-costituendosi di fatto l’un l’altro. Per meglio esprimere tali interrelazioni e il loro recente riconoscimento nella cultura occidentale, e comunicare il proprio lavoro, lo studio di Saraceno sta sviluppando un glossario di termini. Anziché parlare di spiderwebs, ragnatele, per esempio, l’artista e i suoi collaboratori parlano di tali insiemi compositi indivisibili viventi-non viventi come di ragno/tele.
In un’altra installazione di Saraceno, How to entangle the universe in a spider web? (2018), una ragnatela è installata dietro una lastra di vetro inserita a filo in una parete. Un laser rosso collocato fuori vista su un lato si muove lentamente avanti e indietro per illuminare, della struttura tridimensionale, differenti sezioni trasversali. L’opera dà l’impressione di un’installazione cinematografica, o di un’animazione del layout urbano di una metropoli brulicante di vita. Il laser sheet errabondo rivela le intricate architetture aracnoidi, che spesso rimangono nascoste all’occhio umano, componendo nello stesso tempo un’immagine in movimento che non rappresenta la tela, ma amplifica visivamente la struttura stessa. È un gesto, ai miei occhi, di rispetto verso le possibilità espressive di altre specie, che non chiedono rappresentazione umana e tuttavia meritano che la loro esistenza, per quanto ci sia estranea, sia riconosciuta come degna di valore. Allo stesso modo, nell’attivazione di ragnatele in performance musicali, come l’Arachnid Orchestra. Jam Sessions (2015), presentata al NTU CCA di Singapore, Saraceno amplifica, in questo caso dal punto di vista sonoro, le vibrazioni della seta per renderle udibili al pubblico. Così, introducendo i suoi ascoltatori umani negli spazi uditivi e d’altro genere condivisi con specie diverse, egli pone in evidenza ciò che esiste indipendentemente dall’intenzionalità umana.
Lo studio di Saraceno, forse un po’ come la casa di Tracie, è un ecosistema di collaboratori non umani e umani esperti in diversi campi, fra cui aracnologia, musica e geografia. Sull’esempio dell’antropologa Anna Tsing, che sostiene la necessità di coltivare differenti “arti di notare”, il collettivo di ricerca, che porta il nome di Spider/Web Department, concentra la sua attenzione su ecologie multispecie. Di interdisciplinarietà in arte si parla sempre di più, ma spesso simili discorsi si fermano, prima di essere veramente transdisciplinari, al punto di dissolvere i confini e fare emergere qualcosa di nuovo. Nel caso di Saraceno, invece, discorsi ed esperimenti di tipo interdisciplinare creano riverberi che non lasciano immutato nessun partecipante all’ecosistema, o rete di relazioni. Tali dialoghi costituiscono a mio avviso uno dei terreni più proficui per stimolare nuove – e riscoprire vecchie – forme di pensare e sentire in relazione al nostro ecosistema. Essi fanno sì che scale, luoghi e temporalità diversi acquistino importanza, indipendentemente dal fatto che paiano cruciali per gli esseri umani immediatamente o solo indirettamente. Se prendiamo sul serio le storie intrecciate, i momenti presenti e i possibili futuri delle ecologie interspecifiche, abbiamo bisogno, per impegnarci in danze comuni fondate sulle risonanze della nostra rete cosmica condivisa, di una plurivocità di discipline e prospettive non antropocentriche.
Altrettanto mosso da preoccupazioni ecologiche è il progetto forse più noto di Saraceno: la comunità artistica interdisciplinare Aerocene. Intento di tale iniziativa a lungo termine, il cui nome è un gioco di parole sull’era detta antropocene e l’aria o il volo, è trovare modi per volare senza usare combustibili fossili e produrre emissioni di carbonio. Il 25 gennaio 2020 la mongolfiera Aerocene Pacha, sviluppata dalla comunità, che ne aveva costruito un prototipo, per sfruttare unicamente il sole e il vento, ha sollevato in aria una persona raggiungendo sopra le Salinas Grandes, nella provincia di Jujuy, in Argentina, l’altezza di 275,5 metri. Il veicolo, utilizzando una tecnologia più leggera dell’aria, ha percorso in un’ora e quattordici minuti 1,73 chilometri prima di toccare nuovamente incolume la terra. Aerocene è un tentativo di attenuare il degrado ambientale dovuto ai viaggi aerei sottoponendo nel contempo a critica i confini nazionali. Il progetto, nel sottolineare la gioia che accompagna il fluttuare nell’aria, mette inoltre in discussione il trasporto meramente utilitario. Nel volo in mongolfiera il viaggiatore può solo, in una certa misura, regolare la velocità e la direzione del viaggio, e deve quindi arrendersi al caso e farsi trasportare da forze al di fuori del suo controllo.
In un’intervista del 2016 con i membri dello studio di Saraceno, uno di essi citò gli experimenta lucifera del filosofo del XVII secolo Francesco Bacone, una serie di esperimenti intesi a scoprire semplici regole della natura, ma che, inizialmente, non avevano altro scopo che soddisfare la curiosità. Saraceno propone di fare scendere gli esperimenti dal regno «elevato» della scienza, di profanarli, nel senso del filosofo Giorgio Agamben, e liberarli dall’imperativo di servire obiettivi specifici. In questo senso il progetto Aerocene si fonda su una sperimentazione giocosa, speculativa, ma, nell’opera di Saraceno, è anche integrato all’interno della visione olistica dell’ecologia. In Il problema dei tre corpi, romanzo dello scrittore di fantascienza Liu Cixin, l’incapacità di condurre ricerca scientifica di base impedisce ai cittadini della Terra di elaborare un efficace sistema di difesa contro un invasione extraterrestre. Soprattutto in un periodo afflitto dal cambiamento climatico, da una crisi sanitaria globale e da un’ingiustizia sociale di cui non si vede la fine, la ricerca scientifica di base è straordinariamente importante. È fondamentale tuttavia non dimenticare che la produzione di conoscenza, come l’arte, per contare qualcosa, non può essere strumentalizzata all’infinito, e che è necessario dare ad altre forme di conoscenza, si tratti di epistemologie non occidentali o intelligenze non umane, lo spazio per trasformare ciò che è considerato conoscenza. Riconoscere i nostri legami con altre specie e tenerne conto nella ricerca apre alla possibilità di una nuova cosmopolitica – per usare il termine della filosofa Isabelle Stengers – di ecologia condivisa e attenzione verso le altre specie.
Tornando alla ricerca di Saraceno sui ragni, l’approccio speculativo del suo studio ha fornito contributi applicabili anche in campo scientifico. La sua équipe ha sviluppato per esempio una tecnica di scansione che gli ha permesso di digitalizzare per la prima volta una ragnatela tridimensionale. Per la sua architettura complessa, nonché per il fatto che l’attenzione alle tecnologie di scansione è per lo più ancora limitata alla bidimensionalità, non s’è trattato di un’impresa da poco, ed essa ha guadagnato all’artista il riconoscimento all’interno della comunità scientifica. Trovare un proficuo equilibrio fra scienza speculativa e applicabile e arte è oggi più che mai necessario.
Tornando a quella notte in Costa Rica, Tracie raccontò al suo pubblico affascinato quello che era avvenuto quando una scimmia aveva fatto irruzione nella casa in cui conviveva con un centinaio di ragni tenda. Secondo la sua versione della storia, la scimmia finì per mangiarli tutti. Ma, secondo un’altra versione, rimase ad ammirare le loro tele e li lasciò vivere.