About Mirages and Stolen Stones, un film di Natália Trejbalová presentato da OGR, Torino

2 Novembre 2020
Natália Trejbalová, About Mirages and Stolen Stones, 2020. Courtesy l’artista.

Le OGR Torino, in collaborazione con Artissima e Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT presentano About Mirages and Stolen Stones di Natália Trejbalová.

L’idea del film About Mirages and Stolen Stones, nasce dall’interesse di Natália Trejbalová per la narrazione speculativa e per le teorie del complotto, in particolare, in questo video, The Flat Earth Theory – teoria per cui la superficie terrestre sarebbe piatta.

Nonostante la possibilità, oggi aperta ad un numero crescente di persone, di accedere a strumenti di visualizzazione estremamente efficaci, come Google Earth, l’antica convinzione che la Terra sia piatta è tornata a far parlare di sé, trovando molti nuovi seguaci. Il rinnovato successo di questa teoria, nella visione dell’artista, è presa a modello della diffusione di un relativismo estremo circa l’attendibilità dei modelli esplicativi rivolti al funzionamento del mondo, mentre le gerarchie delle conoscenze, inclusa la distinzione sociale tra esperti e non esperti, appaiono sempre più sfumate.

Il film è diviso in tre atti tra loro complementari. Il primo, and then we cut the ground from under, è pensato come un’introduzione al mondo della Terra piatta, raccontato da una scienziata che sta indagando sul fenomeno. La narratrice espone le sue ipotesi spiegando la nuova conformazione geofisica, la creazione del Bordo Terrestre e del Grande Arcobaleno, concetti chiave del suo pensiero. Sembra che dal momento in cui la Terra è andata incontro al cosiddetto appiattimento, il mondo si sia semplificato e l’umanità abbia cominciato a perdere conoscenze, lingue, numeri, immagini e in generale l’attitudine a comprendere la complessità.

Il secondo capitolo, Where is when the Sun never rises, è dedicato al Bordo Terrestre. La narrazione entra nel dettaglio di quest’area misteriosa, la colonna sonora e la voce della narratrice evolvono. Lentamente le sue riflessioni diventano meno razionali e sempre più personali. Sotteso a tutto il film emerge un parallelo tra la narrazione speculativa sull’appiattimento della Terra e la reale responsabilità dell’uomo per la distruzione del pianeta e dei suoi ecosistemi.

Nel terzo e ultimo capitolo, “Once, returning…” she said, l’unico girato esclusivamente in esterna, la narrazione cambia, diventa un canto, una litania sulla perdita. La voce della protagonista si trasforma in un lied, come se lei fosse l’unica a rimpiangere il mondo di una volta. Qui la musica prende il sopravvento sulle immagini che invece diventano astratte, orizzonti marini in cerca di miraggi.

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