Lucia Leuci “La ragazza di città” TEMPESTA gallery / Milano di

di 18 Dicembre 2020

Non è la prima volta che Lucia Leuci racconta visivamente una collettività in crisi e, in questa personale da TEMPESTA gallery, sottolinea una tendenza dell’uomo che va a ritroso, in cerca di radici. Il titolo, “La ragazza di città”, ne è la prima indicazione: attraverso una minuziosa rielaborazione di elementi e personaggi appartenenti all’ambiente domestico, Leuci raffigura scene casalinghe sviluppate lungo il perimetro della galleria che affaccia su Foro Bonaparte a Milano. Ad accogliere lo spettatore è la scultura di una bambina – Piccola dea ingenua (2020) – vestita di rosa antico, con il cranio trasparente realizzato in resina, da cui sbucano dei capelli in nylon. Apparentemente la forma è piacevole, resa anche dal vestiario cucito a mano e tinto con la barbabietola, ma le braccia appuntite in ferro possono graffiare. E, lì accanto, anche il Padre (2020) ha un aspetto a prima vista rassicurante: la colonna vertebrale è fatta di ferro e pane, un alimento che tutti mangiamo. Leuci ha creato quindici opere nuove per questa mostra inaugurale dello spazio che riserva anche una viewing room ora dedicata a Carol Rama.

“La ragazza di città” è un percorso narrativo che mette in scena un quotidiano apparentemente comune. Una visione in tensione tra una raffinata poetica e una grottesca atmosfera da salotto in cui vivono personaggi fantastici, surreali, che si potrebbero ritrovare in una sequenza di un film di Lynch. Ma è ben altra l’ispirazione intelligente e ironica che Leuci ha indagato per la produzione di questo circuito domestico in cui natura, elementi banali in materiali preziosi e surrogati identici a quelli reali, sono protagonisti. È Il ragazzo di campagna, il film culto di tanti italiani negli anni ‘80, lo spunto riflessivo della mostra: attraverso situazioni paradossali, comiche e grottesche, i registi Castellano e Moccia raccontano lo sradicamento di un ragazzo di campagna, interpretato da Renato Pozzetto – ruolo che lo ha reso il celebre comico italiano – verso la città e la sua mutazione per raggiungere quello status di cittadino tanto ambito durante il boom economico.

“Bello, l’ingresso è bello” afferma un Pozzetto stupito e vestito di tutto punto, schiacciato in un angolo del muro, all’agente immobiliare che gli mostra un monolocale milanese. “Ingresso, soggiorno-pranzo, letto, cucinotto e water closet. È tutto qui: l’accurato lavoro di ricerca a dimensione d’uomo”, gli indica il venditore con un marcato accento lombardo. Qui la scena nota per quei “taaac”, esclamazioni con cui Pozzetto accompagna ogni elemento d’arredo, perfettamente incastrato in pochi metri quadri. Non è poi così diverso da allora. Leuci ha rilevato questa attitudine e la sua soluzione: rivolgere l’attenzione verso quello che abbiamo, alle nostre radici. Guardare a quel “Realismo magico” – che è anche il titolo di un’opera in mostra dai toni dechirichiani – come a una finestra da cui scorgere un paesaggio fittizio. Attraverso un interno, un “focolare” famigliare fatto di tavoli, sedie, lampade, elettrodomestici, ninnoli realizzati con materiali delicati in dialogo con meccanismi complessi tagliati a laser e giunture a vista, l’artista restituisce un paesaggio esterno ribaltandone senso ed estetica.

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Rossella Farinotti