Un giovane poliziotto, He Zhiwu, numero di matricola 223, abbandonato dalla sua fidanzata, incontra e si innamora di una misteriosa donna dalla parrucca bionda, implicata in un traffico di droga. Un altro poliziotto, senza nome e designato solo dal suo numero di matricola 663, anch’esso appena lasciato dalla sua donna, una hostess, fa la conoscenza di una giovane ragazza, Faye, che lavora nel chiosco di un fast food. La ragazza prima lo corteggia, poi lo abbandona e infine lo cerca di nuovo.
Un sogno, o forse un insieme di sogni: Hong Kong Express
“È leggero, leggerissimo, quasi impalpabile questo piccolo, semisconosciuto capolavoro (…). Alla sua uscita nelle sale, in Italia, passò completamente inosservato, visto in salette scomode e periferiche da meno di ventimila persone. Poi, due anni fa, arrivò il grande successo di In the Mood For Love, e finalmente si cominciò a scoprire questo straordinario talento proveniente da quella fucina incredibile che è stata la Hong Kong degli anni ottanta. Hong Kong Express è un sogno, o forse un insieme di sogni. Non è una caso che Il regista cosparga la pellicola di canzoni che contengono tutte la parola “sogno”… da California Dreamin dei Mamas and Papas a Dream Person, cover di Dreams dei Cranberries (cantata proprio dall’interprete Faye Wong), ecc…. Due storie, ma forse è una soltanto, oppure mille… perché “ogni giorno ci troviamo spalla a spalla con tante persone ” come racconta He Zhiwu, il poliziotto matricola 223, che vaga nella notte, sperduto e confuso, dopo che la sua ragazza lo ha lasciato. Corre, come unico modo per scacciare i liquidi dal corpo ed “evitare le lacrime” 223, un numero più che un nome, perché la sua è solo una delle tante storie possibili. Storia di un uomo, di un paese, ossessionato dalla “data di scadenza”, di un amore, di un barattolo di ananas, di una isola (tre anni dopo, proprio il 1° maggio, Hong Kong sarà restituita alla Cina…). E Hong Kong Express è storia di sfioramenti, di brevi, minutissimi e dolci “contatti”. “Nell’istante in cui i nostri corpi si sono toccati ho provato un lunghissimo brivido. 57 ore dopo mi sarei innamorato di quella donna”, spiega 223. E la donna è una misteriosa avventuriera (una spacciatrice) con tanto di parrucca bionda, e dopo che il film ha mostrato le loro storie tormentate, diverse disperazioni e solitudini, eccoli ritrovarsi insieme in un bar, nella notte, per poi finire a letto insieme ma così esausti che possono solo, e finalmente, dormire. Un film di contatti dicevamo, ed è proprio un contatto, tra 223 e la commessa Faye, a lanciare la seconda parte del film. Che racconta di un’altra storia di perdita e di cecità. E di date, di scadenze. Il poliziotto 663 vive nell’attesa che la sua bella hostess, che lo ha piantato, ritorni. Ed è ormai prigioniero di un’esistenza fatta di caffè freddi, e lunghe chiacchierate con gli oggetti della sua abitazione. Cieco e sordo al punto di non accorgersi nemmeno di quella presenza viva, pulsante, anima in movimento, isola ribelle e sognatrice chiamata Faye. E per lei entrare nella casa di lui è come entragli dentro, attraversarne i pensieri, i sospiri, le voglie nascoste. Faye continuamente mette dei nuovi pesci nell’acquario di 663, quasi a voler istillare nuova vita nel ‘suo’ 663. Ma al poliziotto i cambiamenti nel suo appartamento non lo scuotono affatto. E quando improvvisamente si accorgerà della ragazza e le darà un appuntamento, forse sarà troppo tardi. Oppure no, magari dovrà aspettare ancora un anno… Storia di destini che si incrociano, di corpi che si sfiorano, Hong Kong Express racconta di come le nostre vite siano continuamente influenzate dalle presenze, anche minimali, degli altri, ma la forza con cui lo racconta, lo stile unico ed originale che lo caratterizza, sembra proprio restituirci attraverso le immagini e le musiche i “brividi del cuore”. Non dimenticando di essere un film dentro la realtà, pertanto profondamente suggestionato da quel momento di passaggio cruciale che è stato, per tutti gli hongkonghesi, quella data di scadenza, 1 maggio 1997, giorno in cui Hong Kong venne restituita dagli inglesi alla sovranità cinese. Wong Kar-Wai per meglio caratterizzare le sue due storie ad incastro del film, si affida alle mani magiche e sapienti di due diversi, bravissimi, direttori della fotografia, Christopher Doyle e Law Way, che ne disegnano le luci, notturne e in un continuo movimento, con sfocature e rallenti nella prima parte, più controllato e solare, con un lavoro incredibile negli spazi stretti della casa di 663, nella seconda. Insomma un piccolo grande film, per imparare a capire che c’è anche un “altro cinema”.
(Federico Chiacchiari, sentieriselvaggi.it, 5 marzo 2003)
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