Ripartire con la cultura: la politica culturale di Intesa Sanpaolo e gli anni Ottanta in mostra alle Gallerie d’Italia. Intervista a Luca Massimo Barbero e Michele Coppola di

di 7 Giugno 2021

Gea Politi: Intesa Sanpaolo ha una politica culturale vasta ed approfondita, capace di valorizzare risorse territoriali quanto offrire sguardi innovativi sul mosaico culturale contemporaneo. Come si rapporta una banca con i cambiamenti sociali e anagrafici della popolazione, e ad una nuova sensibilità? Quale visione portate al sistema italiano con le vostre programmazioni?
Michele Coppola: Oggi gli istituti bancari sono, e Intesa Sanpaolo ancora di più, non solo attori dello sviluppo economico del Paese ma anche protagonisti responsabili nel campo della promozione culturale e sociale. Il nostro Gruppo è riconosciuto, in Italia e in Europa, come modello di riferimento per la centralità data agli stakeholder, in particolare alle comunità e alle nuove generazioni, e per l’attenzione costante ai crescenti bisogni della società. È nel patrimonio genetico della nostra Banca un approccio contraddistinto da sensibilità culturale, impegno sociale e innovazione. Il che significa realizzare progetti d’impatto capaci di produrre conoscenza, diffondere cultura e generare valore sociale. Importante è il concetto dell’innovazione e ci tengo a sottolineare come Intesa Sanpaolo trasferisca anche nelle attività culturali l’attitudine a intercettare i grandi cambiamenti in atto, confermando il proprio carattere di impresa contemporanea, aperta e innovativa. Si tratta di un impegno che si rinnova ogni giorno attraverso la produzione delle diverse iniziative che formano il nostro “Progetto Cultura”, di cui i musei di proprietà, le Gallerie d’Italia, rappresentano uno dei momenti più significativi, sintesi iconica delle scelte lungimiranti attuate dalla Banca a beneficio della crescita delle nostre città.

GP: La cultura al centro della ripartenza del Paese. La cultura come luogo di costruzione e ricostruzione, di identità come di consapevolezza. Per Intesa Sanpaolo la cultura ha da sempre un ruolo strategico nel rapporto con i territori e con le comunità, come con le nuove generazioni. Avete un sistema variegato e ampio di progetti, azioni, sedi e strumenti. Come si è evoluta la strategia culturale di Intesa Sanpaolo dopo questo periodo di pandemia? Come parte e ripartirà?
MC: Nonostante le difficoltà dell’ultimo anno, non abbiamo mai ridotto il nostro impegno e non abbiamo interrotto la programmazione di attività future; anzi li abbiamo rafforzati, nella certezza che la valorizzazione di arte e cultura è fattore trainante per il rilancio dell’Italia e motore di sviluppo. Abbiamo continuato a lavorare alla produzione di mostre alle Gallerie d’Italia di Milano, Napoli e Vicenza. Ci siamo messi al fianco di importanti realtà culturali del Paese per sostenerne le iniziative, assicurando il supporto a un comparto duramente colpito dalle conseguenze della pandemia. Il Progetto Cultura di Intesa Sanpaolo rivolge i propri interventi a tutto il territorio nazionale permettendoci di consolidare, puntando anche sulle opportunità del mondo digitale, il legame della Banca con le diverse comunità di riferimento.

GP: Come si relazionerà la cultura con il digitale?
MC: La pandemia ha inevitabilmente accelerato processi di trasformazione anche riguardo alle modalità di fare e condividere cultura. Il digitale sarà sempre più elemento decisivo che accompagna e integra il momento “fisico”, per creare relazioni con il pubblico e diffondere contenuti culturali. Durante i mesi di chiusura abbiamo reso accessibili ai visitatori “digitali” le collezioni d’arte e le rassegne delle Gallerie d’Italia, grazie ad esempio ai virtual tour e alle esperienze immersive dedicate alle mostre “Canova | Thorvaldsen” e “Tiepolo. Venezia, Milano, l’Europa”. Abbiamo inoltre sostenuto la produzione di importanti appuntamenti nazionali che hanno saputo ripensarsi in format virtuali, come il Salone del Libro e Archivissima di Torino o il Festival Internazionale di Fotografia Cortona On The Move. Continueremo a intensificare le iniziative digitali, senza dimenticare che la forza e l’identità dell’Italia abitano però nei luoghi della cultura. Forse l’unico aspetto positivo del lockdown è stato, per tutti gli attori culturali, l’obbligo di rivedere il rapporto e le ragioni della propria dimensione digitale, che ha superato la sola funzione informativa per diventare sempre più “luogo” di contenuti, anche esclusivi, che consentono di vivere un’esperienza nuova e suggestiva.

GP: Qual è il ruolo della contemporaneità e dell’arte contemporanea? Siete anche partner di Artissima e sostenete moltissimo le nuove forme di espressione.
MC: Una banca protagonista delle sfide del proprio tempo guarda con attenzione anche alla ricerca artistica contemporanea, per questo il nostro Progetto Cultura mette insieme difesa dei valori storici e indagine sull’attualità. Penso alle mostre-dossier sul contemporaneo ospitate da alcuni anni nella Sala delle Colonne nelle Gallerie in Piazza Scala; alla rassegna sull’arte delle grandi metropoli che ha sede nelle Gallerie d’Italia napoletane e di cui abbiamo inaugurato qualche giorno fa il quarto appuntamento, “Los Angeles (State of Mind)”; o alla mostra “FUTURO. Arte e società dagli anni Sessanta a domani” attualmente allestita alle Gallerie d’Italia di Vicenza. Penso al sostegno a importanti manifestazioni italiane dedicate all’arte contemporanea come la fiera milanese Miart e la Quadriennale di Roma. E penso alla centralità data alla fotografia, che è linguaggio dell’attualità per eccellenza, come dimostrano i progetti realizzati in partnership con CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino e con l’Associazione Cortona On The Move.
Voglio evidenziare che il crescente interesse verso la promozione dell’arte moderna e contemporanea ha, come imprescindibile punto di partenza, le importanti raccolte di arte moderna e contemporanea di Intesa Sanpaolo, che contano oltre 3.000 opere d’arte italiana del XX e XXI secolo, arricchite da capolavori europei e americani provenienti dalla Collezione Agrati. Rientra in un impegno che mette al centro le collezioni di proprietà e le Gallerie d’Italia la recente collaborazione con Artissima. La partnership con la prestigiosa fiera torinese è una tappa verso la vicina apertura del quarto museo della Banca, le nuove Gallerie d’Italia in Piazza San Carlo, che si uniranno alle tante realtà del contemporaneo che fanno di Torino una delle maggiori città d’arte in Europa.

GP: Gallerie d’Italia sono ormai simboliche e imprescindibili nel contesto milanese e italiano. “Painting is Back. Anni Ottanta, la pittura in Italia” inaugura una nuova stagione di mostre speciali con la curatela di Luca Massimo Barbero, dedicate a decadi più recenti.
MC: Le Gallerie d’Italia di Milano sono una delle sedi di esposizione e approfondimento delle collezioni di arte moderna e contemporanea di Intesa Sanpaolo. Continueremo a lavorare su argomenti diversi e originali, grazie alla varietà e all’ampiezza dei materiali delle nostre raccolte, che porteranno alla produzione di nuove mostre dove i capolavori della Banca saranno valorizzati e affiancati a opere di altra provenienza. In questo senso è esempio la bellissima esposizione “Painting is Back”, inaugurata recentemente e rivolta in particolare ai giovani. “Painting is Back” è la prima, coinvolgente proposta, la cui ricchezza di colori ci fa guardare con rinnovato ottimismo al futuro.

GP: “Painting is Back” è un omaggio alla pittura e ai pittori di un determinato periodo storico in Italia, tra il ’79 e l’89. Com’è nata l’idea della mostra e perché credi che sia proprio tornato il “momento della pittura”?
Luca Massimo Barbero: La mostra nasce due anni fa dal pensiero di poter mostrare alle nuove generazioni un primo momento “dal vero”, di quel periodo non riassumibile, che vide l’arte italiana fiorire ed esplodere in brevissimo tempo ed internazionalmente, confermandosi come una delle fonti originali ed inesauribili dell’arte contemporanea, della pittura e del dipingere, dopo una stagione dominata dall’ortodossia del minimale e del concettuale. Entrambi movimenti legati fortemente alla profondità ed alle motivazioni sociali degli anni precedenti e post sessantotto sfociati poi, soprattutto nella nostra nazione, nei cosiddetti e drammatici “Anni di Piombo”.
La pittura, il tema poetico ed anche edonistico dell’essere pittore e la forza dirompente della figura dipinta, del racconto e del colore furono un antidoto al decennio precedente.
E si crearono anche tensioni per questo motivo.
La freschezza, la libertà d’esprimere infiniti viaggi, calembour, profondi giochi era lì, dipinta. Come si potevano guardare questi artisti si potevano insieme leggere Tondelli, Cocteau, Levitt e Rank Xerox, oppure guardare l’ultimo Fassbinder di Querelle, il Teatro dei Magazzini Criminali o Raffaello Sanzio. Come emerge dal catalogo, a più voci, della mostra. L’Italia ritrovava se stessa, senza più il timore d’essere provinciale, anzi lo ribadiva come forza di poetica quasi rinascimentale. In realtà in Italia la pittura non è mai scomparsa. Dalla fine degli anni Settanta invece si rinnova, forte, rapace e felice. Achille Bonito Oliva la intercetta, costruisce criticamente e pubblicamente, e, proprio sulle pagine di Flash Art, crea la Transavanguardia.

GP: Gli anni ’80 sono un momento trionfante per la pittura italiana, quasi staccato da qualunque altro decennio come fenomeno, pensi che le nuove generazioni riescano a ‘rivivere’ o a percepire l’importanza di tale periodo storico?
LMB: Nel 1982 il New York Times per “Zeitgeist” a Berlino scrive: “Gli italiani sono ovunque”, facendo riferimento alle mostre internazionali, ai musei, alle collezioni. In pochissimi anni si crea il fenomeno Italia, nella pittura ma anche nel teatro, nella moda, nello “Stile e Libertà creativa”. L’Italia torna a riprendersi la ribalta della scena dell’arte.
Non credo la mostra serva a far rivivere, è piuttosto una prima occasione per vedere da vicino opere scelte che altrimenti sarebbe difficile vedere nei musei ma soprattutto vedere come sono dipinte, cosa rappresentano con la loro dirompente attualità. Desidererei vedere la mostra come un dispositivo che laceri i luoghi comuni su quegli anni e apra gli occhi alle singole esperienze, alla qualità degli artisti italiani ed alla forza delle opere dipinte. Spiazzando un po’ con degli “inciampi” negli accostamenti come la straordinaria video installazione di Studio Azzurro del 1984, che apre la mostra. I New Media furono parte centrale di quegli anni, come il nuovo modo di utilizzare il video, nell’arte, nella musica in quella che fu definita la New Wave Italiana.

GP: Esiste un’opera particolare della mostra da cui sei partito per focalizzare tutto il percorso di Painting is Back?
LMB: Sono molte ma ora potrei dire che una è sicuramente Grande Quadro Equestre Italiano del 1978 di Mario Schifano che ricordavo, indelebilmente, come copertina di un Flash Art del 1981. Già della Collezione Grassi ora è al Museo Pecci di Prato e testimonia come la pittura grazie anche a grandi maestri già protagonisti degli anni Sessanta, Schifano, Angeli, Mondino, Boetti o lo stesso Merz non fosse mai scomparsa. Schifano ha la caratura del “giovane Puma” di cui scrisse Parise e negli anni Ottanta è il campione della pittura come forza inesauribile. Lui, il Notturno di Angeli, il gigantesco Baj di 19 metri, dipinto con le bombolette nell’83 o l’ironia di Mondino e il “bestione” dipinto da Merz, sono le radici di una energia carsica e rivoluzionaria che non ha mai smesso di battere nell’animo degli artisti.

GP: Con quale criterio hai selezionato le opere di ogni artista, seguendo quale percorso curatoriale?
LMB: La mostra per paradosso ha un titolo in inglese. La stampa estera, infatti, fu la prima ad accorgersi del successo tracimante e forte dell’arte italiana. Da lì si è partiti per le ricerche della mostra e le fonti ricchissime per il catalogo. Ho ripreso gli straordinari cataloghi di mostre con o di artisti italiani come il mitico Tre o Quattro Artisti Secchi del ‘78, Arte Cifra del ‘79 ed altri della galleria di Paul Maenz e via via, le grandi mostre all’estero selezionando i presenti italiani. Da “Sieben aus Italien” a Basilea dell’80 a “New Spirit in Painting”, alla Royal Academy of Arts di Londra dell’81, a Documenta7, ad “Aperto 80”, un momento straordinario orchestrato da Bonito Oliva e Harald Szeemann o la mostra “Zeitgeist” a Berlino. Punteggiare lo spazio delle Gallerie d’Italia con queste presenze, amo dire, è stato come “cuocere un uovo su di un Vulcano”, ma le opere si parlano, si confrontano, litigano, insomma: vivono. La mostra non è esaustiva, ci vorrebbe lo spazio intero di una Biennale è invece una prima occasione per vedere queste personalità tornare con le loro opere, senza pregiudizi, senza cronaca, traghettando i loro lavori verso la vitalità, non l’imbalsamazione della Storia.

GP: Questa mostra inaugura una nuova stagione presso le Gallerie d’Italia. Che percorso progettuale porterai in questi spazi?
LMB: Gallerie d’Italia, con le sue varie sedi, riapre con questa mostra e lo fa in modo significativo, dopo un momento duro per l’intero mondo e per l’Italia. Si riapre al pubblico con una mostra gioiosa e ricca di suggestioni contemporanee, oltre il tempo. Il mio nuovo ruolo di Curatore Associato per le collezioni d’arte moderna e Contemporanea riguarderà anche la possibilità di esporre, studiare e mostrare con un modo, dedicato a tutti i pubblici, l’immenso e straordinario mondo delle raccolte di Intesa Sanpaolo, nella loro varietà ed estensione, con qualche sorpresa.

GP: Come si evolveranno le Gallerie e che programmazione pensate per i prossimi anni? E con che relazione con le altre sedi museali e non del Gruppo?
MC: Le Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo, in un disegno coerente fin dall’inizio, vogliono rafforzare il loro valore identitario per le città in cui si trovano e per l’intero Paese e, sul piano internazionale, confermarsi come centri di eccellenza dell’offerta culturale italiana. Vanno in questa direzione i grandi progetti a cui stiamo lavorando per l’arricchimento del nostro polo museale, la realizzazione delle nuove sedi delle Gallerie d’Italia a Napoli e a Torino grazie al contributo straordinario dell’architetto Michele De Lucchi. È in corso il cantiere di trasferimento del museo napoletano nel monumentale palazzo storico del Banco di Napoli in via Toledo, dove troveranno nuova casa l’ultimo Caravaggio, capolavoro del patrimonio artistico del Gruppo, e altri nuclei collezionistici dall’archeologia al contemporaneo; beneficiando degli spazi enormi del palazzo, potenzieremo le attività formative in dialogo con le realtà presenti sul territorio. A Torino stiamo dando vita al quarto museo di Intesa Sanpaolo nell’elegante e imponente complesso di Palazzo Turinetti, in una delle piazze più belle e importanti della città. Protagonista delle Gallerie di Piazza San Carlo sarà, insieme al mondo digitale, la fotografia, valorizzata come strumento di memoria – pensiamo alle storie da scoprire tra i 7 milioni di immagini del nostro Archivio Publifoto – e interpretata nella sua funzione sociale, per la velocità e l’impatto con cui questa forma espressiva sa raccontare i temi cruciali del presente.
Nei mesi di pandemia abbiamo avvertito la chiusura dei musei come la privazione di luoghi dove non solo si ammira l’arte, ma anche si vive in maniera completa la propria esperienza di cittadini. Con le nuove Gallerie d’Italia, mettiamo a disposizione centri culturali sempre più aperti alle città, dove la condivisione di palazzi, opere, mostre sia capace di rigenerare il senso di appartenenza.

GP: Cosa significa per lei cultura?
MC: È bellezza, tradizione, valore, e soprattutto una grande opportunità di sviluppo.

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