News, riflessioni, fortune storiche, critiche ed economiche sul mercato dell’arte in Italia. Una rubrica a cura di Stefano Baia Curioni.
Come si colloca l’arte contemporanea italiana nel sistema-mercato globale dell’arte? La risposta è necessariamente screziata. Certamente “bene” se guardiamo al tono e alla qualità del lavoro di alcuni artisti, “meno” se consideriamo le difficoltà di vita e di lavoro di molti, forse della maggior parte. “Bene” se ci affidiamo alle forze di alcuni individui che operano per connettere il mondo delle produzioni italiane al mercato globale, decisamente “meno” se interroghiamo la presenza di un sistema di relazioni e istituzioni che tra musei, gallerie, editori, studiosi, si ponga come un riferimento critico e di gestione della presenza artistica contemporanea italiana nel mondo.
Qualche considerazione preliminare
Parliamo di prezzi e di valori? Per valutare il ruolo, la salute, l’andamento di una collettività nazionale di artisti rispetto al sistema globale è sensato lavorare sul breve periodo, guardare ai prezzi puntuali di alcuni artisti? Oppure è più giusto avere uno sguardo più ampio e di lungo periodo? E quanto ampio deve essere questo periodo?
Ancora, è possibile, o giusto, ragionare su una classificazione degli artisti per nazionalità? Ha senso parlare di “arte contemporanea italiana” o di artisti nati in Italia, di fronte ad un mondo di scambi attraversato e ricomposto dalla rete, ridisegnato da una mobilità che porta molti giovani italiani a praticare la loro arte in città o ambienti o scuole non italiane? Non è forse questo un modo un po’ arcaico di porci in relazione con la prospettiva cosmopolita delle pratiche artistiche contemporanee?
Prima di catturare risposte basate su evidenze affidabili occorre chiarire alcuni elementi di fondo. Fino a venti, venticinque, anni fa esistevano confini abbastanza riconoscibili tra le traiettorie di alcuni, pochi, artisti presenti sulla variegata mappa del collezionismo mondiale di musei e privati, quelle dei più numerosi artisti radicati e conosciuti in diverse grandi città, e quelle invece degli artisti più locali, presenti sulle singole scene urbane. A questa distinzione corrispondevano specifiche strutture istituzionali: gallerie e dealer più globali; musei, mostre e mercanti con ambizioni nazionali; galleristi e dealers prevalentemente locali. Queste distinzioni, vere per ogni scena, erano anche un riferimento di qualità e di presenza nella narrativa critica e storico-artistica, ma convivevano con la presenza di mercati, sostegni e liquidità, che seppur con prudenza, assegnavano un valore anche alle opere conosciute solo in specifiche comunità. Insomma era un sistema in cui convivevano mondi distanti, ma legittimi.
Negli ultimi vent’anni, con forza dalla fine degli anni Novanta del secolo scorso, questo panorama è stato attraversato da violenti cambiamenti. In primo luogo la crescita delle disponibilità e della varietà di un collezionismo globale, frequentato da numeri e disponibilità economiche crescenti (Russia, Cina, India, Emirati, in affiancamento alle scene tradizionali europee, statunitensi, sudamericane e giapponesi) e da tipologie diverse di collezionisti. A questa violenta ascesa della domanda ha corrisposto la dinamica esplosiva dei volumi di vendita delle aste sul moderno e contemporaneo e il prorompente sviluppo dei movimenti fieristici.
Il quadro è stato poi integrato dalla nascita di molti nuovi musei di arte contemporanea e quartieri “artistici” nelle grandi città di tutto il mondo, nella prospettiva di una estetizzazione dei centri urbani e del sovrapporsi di strategie mirate a competere sul tema dell’attrattività di turisti e talenti. Questi movimenti hanno imposto una nuova prospettiva che si è sovrapposta, senza sostituirsi del tutto, allo scenario precedente: l’idea di un ambiente artistico fortemente “globalizzato” che pretende di marcare la differenza tra l’arte “importante” e un’arte che non è solo locale ma diventa anche esplicitamente “minore”, meno legittimata e interessante soprattutto sul piano economico. Questa progressiva concentrazione dell’attenzione su un mondo che si pretende integrato e globale, ha portato con sé diverse conseguenze, non tutte positive:
a. La tendenza a pensare che il “valore” economico dell’arte, e quindi la possibilità di stabilizzarlo e incrementarlo nel tempo come asset di investimento, fosse da cercare più nel sistema globale che in quello locale. Quindi un effetto di assorbimento di risorse nel centro e riduzione nelle aree più periferiche.
b. L’incremento dei livelli competitivi e delle energie complessivamente investite sull’area “centrale” con la crescita di intermediari (gallerie e aste) di grandi dimensioni e una progressiva riduzione della sostenibilità degli attori di medie dimensioni in precedenza alimentati da mercati nazionali e locali.
c. Una crescente tentazione al controllo della scena globale da parte dei sistemi più infrastrutturati in termini di musei, gallerie e scene di collezionismo, in particolare quello statunitense e tedesco, in una prospettiva che non è esplicitamente leggibile nei termini di “soft power” ma che di fatto corrisponde alla presenza di attrattori simbolici e politici capaci di operare su scala globale.
d. Forme più nette di indipendenza da parte di operatori e scene locali esplicitamente antagoniste del movimento globale e appoggiate sulla rete per disintermediare (più a parole che a fatti) il sistema dei grandi gatekeepers.
Questo non significa che si è effettivamente costituito un sistema univocamente globale dell’arte. La realtà è complessa e frastagliata, il panorama precedente e quello in formazione si sovrappongono. Molto dipende anche dalle scelte che saranno fatte da ora in poi. Per questo motivo propongo di soffermarci brevemente su alcuni dati piuttosto eloquenti. Prendiamo in considerazione un gruppo di artisti nati in Italia tra il 1960 e il 1975, oggi nella loro piena maturità e proviamo tratteggiare la storia della loro relazione con il mercato globale.
Quanto gli artisti italiani espongono nel mondo?
Innanzi tutto occorre sceglierli tra i moltissimi artisti che si sono affacciati sulla scena internazionale negli ultimi vent’anni. Per farlo abbiamo (come centro di ricerca ASK) selezionato trentasei musei di arte contemporanea operanti nel mondo*, chiedendo consiglio a curatori e critici, e abbiamo catalogato tutte le mostre e gli artisti esibiti dal 2005 al 2013 da queste istituzioni.
Abbiamo scelto questo arco temporale per diversi motivi: perché comprende gli anni di crescita del sistema (fino al 2008), gli effetti della crisi finanziaria (2009-2010) e poi tre anni di recupero. Inoltre per artisti nati tra il ‘60 e il ’75 questi sono stati gli anni cruciali di prima o di completa maturità.
La ricerca ha censito oltre 16 mila mostre e la presenza di oltre 4000 artisti in 8 anni nei musei componendo un quadro, parziale, ma significativo, dell’interesse “critico” e museale globale. Limitando l’analisi sull’età scelta abbiamo riconosciuto 232 artisti italiani apparsi in 498 mostre: 441 collettive (group shows) e 57 monografiche dedicate ai singoli (solo shows).
Comparando il dato con gli artisti di altre nazionalità europee vediamo che la situazione italiana risulta essere comparabile con quella della Francia e quantitativamente inferiore a quella della Germania.1
A questa evidenza confortante si affianca il dato, rilevante, di un livello di esposizione internazionale degli artisti nati in Italia decisamente inferiore a quello di tedeschi e francesi. Segnale forse di una difficoltà relativa del nostro sistema a relazionarsi internazionalmente, soprattutto se paragonato alla condizione degli artisti tedeschi.
Tabella 1. Artisti esposti nei musei internazionali del campione
IT | DE | ES | FR | |
Numero artisti | 232 | 431 | 138 | 260 |
Numero mostre | 498 | 858 | 237 | 514 |
di cui personali | 11% | 9% | 21% | 11% |
di cui non in musei nazionali | 37% | 62% | 40% | 50% |
Concentrando l’attenzione sul gruppo più ristretto di artisti che hanno avuto sia mostre individuali che mostre collettive nel gruppo dei musei e quindi più eco nel sistema espositivo in quegli anni (nel nostro campione di musei sono 26 italiani e 43 tedeschi), e mettendo a confronto gli artisti di nazionalità italiana con quelli di nazionalità tedesca, si conferma il deficit relativo del gruppo italiano sia in valore assoluto (23 contro 43) sia di internazionalizzazione (45% di mostre internazionali contro il 73%), sia in termini di visibilità dei più importanti.
È possibile quindi suggerire una differenza “sistematica” – non cioè dovuta alla bravura degli artisti ma ad una capacità sistemica di azione che produce differenti livelli di opportunità.
Tabella 2. Artisti frequentemente esposti nei musei
IT | DE | |
Numero artisti con group e solo shows | 26 | 43* |
Numero mostre | 152 | 295 |
Mostre (g e s) in musei non nazionali | 68 (45%) | 215 (73%) |
Artisti con più di 10 mostre nel periodo (group e solo) | 4 (15%) | 14 (32%) |
La situazione di mercato: le gallerie
Limitando l’analisi agli artisti più esposti (26 artisti italiani e 43 tedeschi) e osservando il campione di tutti gli artisti esposti ad ArtBasel tra il 2005 e il 2013 (6800 artisti per oltre 480 gallerie) è possibile indicare che nel gruppo degli artisti considerati (con mostre group e solo), 18 artisti italiani e 23 artisti tedeschi hanno ricevuto contemporaneamente in quegli anni una forte attenzione anche dal mondo delle gallerie più inserite nel sistema globale, con i loro partners internazionali.
Tabella 3 – Esposizione ad ArtBasel degli artisti esibiti frequentemente nei musei
IT | DE | |
Numero artisti esposti ad ArtBasel | 21 (80%) | 33 (76%) |
Presenti ad Artbasel in modo continuativo | 18 (70$) | 23 (53%) |
Possiamo quindi suggerire che gli artisti italiani sono meno presenti nei musei internazionali rispetto ai colleghi tedeschi, ma in proporzione sono più frequentemente oggetto di attenzione da parte del sistema delle gallerie che espongono ad ArtBasel. Potrebbe questo essere indizio di una maggior attrattività commerciale degli italiani rispetto ai colleghi tedeschi, ma vedremo che questo non è vero. Potrebbe in alternativa indice del fatto che le gallerie italiane sono chiamate a sostenere con più coerenza e intensità alcuni artisti, in parte per la relativa debolezza delle istituzioni museali, in parte per una certa carenza di pipeline (nuovi artisti di qualità formati dalle accademie). In entrambi i casi in ragione di una certa debolezza del contesto.
La situazione di mercato: le aste
Adesso proviamo a spostare l’attenzione sul modo in cui i lavori di questi artisti sono stati recepiti dal mercato mondiale delle aste. Vediamo se e in che termini lo sforzo critico ha dato risultati sul piano del mercato secondario e della liquidità complessiva.
Abbiamo per questo calcolato i volumi di vendita dal 2004 al 2020 per ognuno degli italiani esposti non per capire se il loro valore è aumentato, ma per capire la profondità del loro mercato (il dato raccolto su Artnet). Il risultato è interessante.
Nei 17 anni considerati il volume degli scambi totali sul gruppo è stato di 107 milioni di dollari, più di 6 milioni all’anno di vendita con due picchi straordinari nel 2009 e nel 2015 e un significativo livello di sostegno nel quinquennio successivo alla crisi.
In apparenza quindi sembrerebbe che l’azione svolta tra il 2005 e il 2013 abbia avuto un certo successo di mercato su scala globale, almeno per quanto riguarda il mercato secondario.
Scomponendo il dato si ottiene però una realtà un po’ diversa. Su 107 milioni di dollari complessivi oltre 98 sono realizzati dalle opere di Maurizio Cattelan e solo 8 da TUTTI gli altri 25 artisti insieme che mostrano quindi una presenza molto rarefatta nel secondario globale.
Cattelan: gli altri molto lontani; questo il dato delle aste (il mondo degli scambi in galleria non è possibile conoscerlo se non con analisi più qualitative). Solo 3 oltre a Cattelan hanno volumi di scambi con frequenza annuale. Nel caso tedesco abbiamo ben 15 artisti con elevata densità di scambi effettivi in asta, anche se nessuno di loro raggiunge i livelli di mercato di Cattelan (i nomi in calce).
Non è quindi la presenza di un intenso mercato secondario a sostenere la presenza degli artisti italiani a Basilea, forse più probabile una certa fragilità di contesto e di sistema.
Dobbiamo pensare che questo dato sia negativo? Che sia indice di un problema?
Per ora possiamo forse suggerire alcune evidenze:
a. Il destino critico e commerciale degli artisti nati in Germania è sensibilmente più internazionale rispetto a quello degli italiani. Non si tratta di un dato nuovo, ma abbiamo cominciato a misurarlo.
b. Poiché è difficile immaginare che questa differenza sia imputabile a questioni di qualità intrinseca del lavoro, è possibile ipotizzare che sia rilevante l’azione sistemica e che il sistema museale e di mercato tedesco sia più efficace e robusto rispetto a quello italiano.
c. Il caso italiano, a differenza di quello tedesco, è fortemente influenzato dalla presenza di una star, Maurizio Cattelan, che di fatto centralizza il mercato globale negli anni che si sono considerati. Questo non sembra essere il caso per gli artisti tedeschi, che mostrano dinamiche più omogenee seppur individualmente meno eclatanti. La maggiore asimmetria nel gruppo italiano sembra essere un’altra anomalia di sistema.
Che indicazioni si possono trarre?
La prima è che il sistema italiano dell’arte contemporanea va rafforzato, anche attraverso forme di collaborazioni pubblico – privato che aumentino il contesto e le infrastrutture.
Prima però va anche studiato e compreso a fondo. Ad esempio, assumendo la difficoltà ad influenzare il mercato internazionale come un fatto poco modificabile nel breve periodo, occorre immaginare una azione di sostegno e presenza dell’arte italiana organizzata e sostenibile a prescindere da quell’obiettivo e quindi meno dipendente dal lavoro delle gallerie. Proprio la marginalità mercantile globale ribadisce insomma l’importanza, per il futuro dell’arte italiana, di una tessitura stretta, coesa, di musei, gallerie, editori, collezionisti, scene indipendenti, che – a prescindere dal mercato globale – siano in grado di garantire il lavoro artistico e la ricerca.
Cosa può fare la policy pubblica per questo? Il mondo del mercato parla di sconti IVA e di trattamento fiscale delle esportazioni… Accanto a fattori strettamente mercantili esiste però anche la necessità di sostenere i musei garantendo loro di essere gestiti come enti di ricerca e di formazione, integrandoli fortemente con i loro partner internazionali, senza forzare la loro azione considerandoli meri attrattori turistici. La crescita di un sistema dell’arte contemporanea è lenta e delicata. Affinché dia frutti occorre una politica capace di comprendere la funzione strutturale dell’arte di ogni paese nella definizione dell’identità culturale globale e per la crescita della comunità nazionale. Una prospettiva ancora troppo rara e un percorso difficile.
Per cautela dobbiamo dire che il campione di musei selezionato, pur essendo significativo, non esaurisce la grande varietà di sedi espositive disponibili, quindi le vicende del piccolo gruppo di artisti su cui sembra essersi concentrata l’attenzione tra il 2008 e il 2013 potrebbero non essere davvero rappresentative della condizione generale. Sono però indizi importanti.
Nei prossimi episodi considereremo altri dati che potranno aiutarci a formare un’opinione in proposito.
Cast In ordine di apparizione
*I Musei del campione
Europe
Museum Moderner Kunst Stiftung Ludwig Wien, Wien AT
Kunsthalle Zurich, Zurich CH
Documenta Kassel DE
Frankfurter Kunstverein, Frankfurt DE
Hamburger Bahnhof, Berlin DE
Kunst-Werke Institute for Contemporary Art, Berlin DE
Musée d’art contemporain de Lyon, Lyon FR
Centre Pompidou, Paris FR
Zagreb Museum of Contemporary Art – Muzej suvremene umjetnosti Zagreb, Zagreb HR
Ludwig Muzeum, Budapest HU
Irish Museum of Modern Art, Dublin IE
Museo d’Arte Moderna di Bologna, Bologna IT
Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, Rovereto IT
Castello di Rivoli, Turin IT
Antwerp Modern Art Museum – Museum van Hedendaagse Kunst Antwerpen, Antwerp NL
Stedelijk Museum Amsterdam, Amsterdam NL
Witte de With Center for Contemporary Art, Rotterdam NL
Magasin 3, Stockholm SE
Moderna Museet Stockholm/Malmo, Stockholm SE
Museum of Contemporary Art Kiasma, Helsinki FI
Museu d’Art Contemporani de Barcelona, Barcelona ES
Museo Centro de Arte Reina Sofia, Madrid ES
Baltic Centre for Contemporary Art, Gateshead UK
Tate Modern, London UK
United States
New Museum of Contemporary Art, New York US
MoMA PS1, New York US
Los Angeles County Museum, Los Angeles US
Museum of Contemporary Art of Chicago, Chicago US
San Francisco Museum of Modern Art, San Francisco US
Latin America
Museo Universitario Arte Contemporaneo, Mexico City MX
Museu de Arte Contemporanea de Niteroi, Rio de Janeiro BR
Museu de Arte Moderna de Sao Paulo, San Paolo BR
Far East
Rockbund Art Museum, Shanghai CN
Ullens Center for Contemporary Art, Beijing CN
Mori Art Museum, Tokyo JP
Gli artisti italiani più internazionali tra il 2005 e il 2013 (> = 10 mostre – 2005-2013 campione dei musei)
Cattelan Maurizio | 22 | 1 | 23 |
Vezzoli Francesco | 11 | 1 | 12 |
Pivi Paola | 8 | 4 | 12 |
Cuoghi Roberto | 9 | 1 | 10 |
Favaretto Lara | 7 | 2 | 9 |
Trouve Tatiana | 7 | 1 | 8 |
Assael Micol | 6 | 1 | 7 |
Barbieri Olivo | 5 | 2 | 7 |
Perrone Diego | 5 | 1 | 6 |
Gli artisti tedeschi più internazionali tra il 2005 e il 2013 (> 5mostre 2005-2013 campione dei musei)
Wolfgang Tillmans
Thomas Ruff
Annette Kelm
Ulla Von Brandenburg
Martin Kippenberger
Thomas Schutte
Thomas Demand
Thomas Scheibitz
Tobias Rehberger
Andreas Gursky
John Bock
Rosemarie Trockel
Franz Ackermann
Clemens Von Wedemeyer