News, riflessioni, fortune storiche, critiche ed economiche sul mercato dell’arte in Italia. Una rubrica a cura di Stefano Baia Curioni.
Lo scorso 13 ottobre Italian Council ha pubblicato la lista dei vincitori del bando per l’autunno del 2021 (riportati in calce). Con l’occasione, riprendendo le fila del discorso portato avanti su queste colonne sul mercato dell’arte italiano e sulle criticità del suo sistema (“Effetto Cattelan”: appunti su artisti contemporanei italiani e mercato globale), ho invitato Onofrio Cutaia, Direttore Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, a parlare di Italian Council e delle modalità con cui il programma è impegnato nel sostegno dell’arte contemporanea in Italia.
Stefano Baia Curioni: Cosa è Italian Council e che ruolo ricopre nella politica più ampia della Direzione Generale Creatività Contemporanea?
Onofrio Cutaia: Italian Council è il programma di finanziamenti e promozione nazionale e internazionale dell’arte contemporanea italiana, avviato nel 2017 dall’allora Direzione Generale Arte e Architettura contemporanee e Periferie urbane del MiBACT (oggi Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura) ed è attualmente il principale strumento pubblico italiano di supporto alla creatività contemporanea nell’ambito delle arti visive. Lo scopo è duplice: da una parte dare un contributo diretto alla produzione creativa, dall’altra offrire la possibilità ad artisti, curatori e critici – oltre che alle istituzioni culturali attive nel contemporaneo, pubbliche e private – di creare reti internazionali volte alla conoscenza e alla diffusione dell’arte italiana nel mondo, contribuendo allo sviluppo delle carriere e delle ricerche artistiche a contatto con analoghe realtà internazionali.
SBC: Qual è lo scopo profondo di questa iniziativa?
OC: Lo scopo è permettere ai nostri artisti, curatori e critici di posizionarsi in un mercato (artistico, ma anche del lavoro) sempre più globalizzato, che necessita di un confronto continuo tra esperienze diverse dove i confini sono sempre più labili.
Nel corso degli ultimi quattro anni, Italian Council ha subìto sostanziali trasformazioni anche grazie al dialogo costruttivo con gli stakeholder (a partire dal Comitato Fondazioni Arte Contemporanea e dal Forum dell’Arte Contemporanea Italiana), diventando uno strumento atto a supportare tutta la filiera del contemporaneo, premiando progetti culturali promossi da musei, fondazioni, associazioni, istituzioni culturali, enti pubblici e di privati non profit. Nelle ultime edizioni sono stati introdotti strumenti di sostegno diretto per artisti, curatori e critici attraverso l’erogazione di grant per residenze all’estero e per la ricerca artistica, critica e curatoriale. Una delle novità più importanti, inoltre, è stata l’apertura ad artisti, critici e curatori non italiani, ma residenti e operativi in Italia. Si tratta di un enorme passo in avanti in termini di inclusività.
SBC: Il progetto è unico o esiste un programma più ampio di interventi?
OC: Italian Council non è il solo programma di sostegno della Direzione Generale, sebbene ricopra sicuramente il ruolo più importante, anche in termini di visibilità. Se Italian Council è volto principalmente all’internazionalizzazione dell’arte italiana, il Piano dell’Arte Contemporanea (PAC) ed Exhibit Program rappresentano – nel campo delle arti visive – i principali strumenti di finanziamento per progetti a carattere nazionale. Il primo, previsto dall’art. 3 della legge 29 del 23 febbraio 2001 per l’incremento del patrimonio pubblico di arte contemporanea, è diventato, dal 2020, un avviso pubblico rivolto a tutte le collezioni museali pubbliche italiane che intendono acquisire nuove opere; il secondo, istituito per la prima volta nel 2020, è volto a dare un contributo alla qualità scientifica degli eventi espositivi in piccoli musei, fondazioni o spazi indipendenti. Lo scopo è quello di cercare di colmare soprattutto il divario tra i grandi centri del contemporaneo e i luoghi che hanno potenzialità, ma hanno bisogno di un supporto maggiore per crescere nei territori di riferimento.
SBC: Esistono esperienze simili in Europa, e nel caso con quali differenze?
OC: Italian Council nasce come risposta italiana ai diversi “art council” esistenti a livello globale per il sostegno e la promozione delle arti contemporanee. Questo necessario adeguamento alle politiche culturali ormai consolidate nel resto del mondo ha sicuramente portato a colmare un divario con le altre realtà, soprattutto per quanto riguarda la promozione internazionale, sino a qualche anno fa demandata al solo Padiglione Italia in occasione della Biennale di Venezia. Italian Council è infatti totalmente orientato verso quest’ultimo aspetto e nella sua gestazione e nel suo sviluppo ha guardato a modelli prestigiosi e ormai diventati paradigmatici nel campo dei finanziamenti pubblici alla cultura, tra i quali si contano il British Council nel Regno Unito, il Mondriaan Fund nei Paesi Bassi e la Pro Elvetia in Svizzera, oppure l’esperienza di Frame in Finlandia. Queste sono tutte strutture pubbliche di diritto privato (per lo più fondazioni) e proprio qui risiede la prima differenza: Italian Council non si presenta come un istituto autonomo, ma è un programma gestito internamente dal Ministero della Cultura attraverso la Direzione Generale Creatività Contemporanea esclusivamente con fondi pubblici. Altra differenza rispetto ad alcune delle altre strutture di sostegno all’arte nazionale è il fatto che Italian Council non ha sue sedi all’estero, sebbene da questo punto di vista si riveli importante la collaborazione con il MAECI e con la rete degli Istituti Italiani di Cultura nel mondo.
SBC: Quali ritiene essere ad oggi i punti di forza e quali le criticità di questa policy? In che direzione immagina il suo sviluppo?
OC: Il sostegno pubblico all’arte contemporanea e alla sua promozione e diffusione nazionale e internazionale rimane uno strumento fondamentale per vari motivi: il settore pubblico è un attore centrale nel sistema dell’arte ed è capace di stimolare, attraverso il confronto tra diverse esperienze, dentro e oltre confine, buone pratiche che possono portare a un incremento qualitativo dell’offerta culturale nell’ambito dell’arte contemporanea. La possibilità di accedere a fondi consistenti può permettere lo sviluppo di progetti ambiziosi, non altrimenti possibili con le sole forze dei singoli attori, che certamente vanno a impattare in senso positivo sulle scelte creative degli artisti ma anche sugli interessi di collezionisti e musei. In questo senso, per molti artisti l’opportunità di poter accedere ai finanziamenti di Italian Council ha rappresentato l’occasione di portare a termine progetti iniziati da tempo o addirittura di vedere concretizzati anni di ricerche in un lavoro compiuto. Tuttavia, uno dei punti di forza su cui il programma insiste è la costruzione di reti che lavorano per un progetto comune: Italian Council, infatti, va a sostenere l’intera filiera del contemporaneo poiché non promuove soltanto l’artista (che rimane certamente il principale beneficiario), ma tutti gli attori che a vario titolo contribuiscono alla riuscita del progetto: critici, curatori, project manager culturali, assistenti, producer, enti pubblici e privati non profit che lavorano nel contemporaneo ma che sono afflitti dalla cronica mancanza di fondi che genera, dunque, un sottoutilizzo delle potenzialità progettuali.
Più in generale, i progetti della Direzione Generale sono (e lo saranno ancora di più nei prossimi anni) sempre più indirizzati a dare sostegno a quelle realtà che rappresentano veri e propri centri di ricerca della creatività e che sono i laboratori di produzione di arte, cultura e di idee, e spesso diffusi sul territorio e non solo concentrati nei grandi centri. In questo senso, è doveroso migliorare la criticità del sistema, pensando a misure di riequilibrio verso quelle realtà del contemporaneo che fanno più fatica a emergere, soprattutto nel sud della Penisola; la prospettiva del futuro è lo sviluppo culturale in termini interdisciplinari, incoraggiando il dialogo tra le diverse espressioni della creatività e la costruzione di reti tra i diversi luoghi del contemporaneo. Se molto sino ad oggi si è fatto per l’incremento delle collezioni pubbliche, il sostegno pubblico dovrebbe rivolgersi con molta attenzione anche verso spazi indipendenti, gli Artist Run Spaces e i centri creativi che sono il cuore pulsante della ricerca. Per fare questo, però, ci si scontra con uno dei maggiori limiti che è sicuramente la carenza di fondi rispetto alle necessità: Italian Council viaggia sui 2.500.000 annui, il PAC sui 3.000.000 e altri progetti su poco più di 200.000.
SBC: Il finanziamento ha influenza sulle carriere dei premiati? Quali sono le risposte degli attori di mercato?
OC: Oggi “vincere” l’Italian Council rappresenta per un artista italiano emergente o mid-career (i principali a cui il programma è rivolto) un raggiungimento importante non solo per la possibilità di vedere finanziato un proprio progetto, ma anche in termini di riconoscimento istituzionale e di visibilità internazionale.
Tuttavia, come già detto, i punti di forza del programma sono la creazione di reti e di confronto internazionale e il fatto che il finanziamento coinvolge tutta la filiera del contemporaneo, portando sicuramente benefici in termini di qualità progettuale e di possibilità di lavoro per i professionisti e le industrie culturali e creative. Si pensi alla produzione editoriale: dei 137 progetti premiati sino ad oggi da Italian Council, il 70% prevede una pubblicazione con ovvi benefici per l’editoria, per non parlare del moltiplicarsi di spazi per la critica italiana o internazionale. Più in generale, i riscontri che arrivano dalle associazioni di categoria e dagli stakeholder sono positivi e incoraggianti. Non abbiamo dati certi sull’effettivo impatto che Italian Council sta avendo rispetto al posizionamento internazionale dei nostri artisti ma sappiamo, per esempio, che grazie a questo programma le produzioni quali immagini in movimento e il film d’artista italiani stanno guadagnando spazi di grande prestigio nei festival più importanti di tutto il mondo. Inoltre, sono aumentate le occasioni di partecipazione degli artisti coinvolti nei progetti vincitori a fiere o a eventi nazionali e internazionali.
SBC: Esistono momenti di raccordo con la Direzione Generale Musei per la costruzione di incentivi specifici per le istituzioni dedicate all’arte contemporanea?
OC: Il primo importante momento di confronto e condivisione con la Direzione Generale Musei è stato l’elaborazione dell’avviso pubblico PAC 2020 per l’acquisizione, produzione e valorizzazione di opere dell’arte e della creatività contemporanea anche internazionale, destinate a incrementare le collezioni pubbliche italiane. Come accennato sopra, il PAC è stato istituito nel 2001 ed è uno dei primi strumenti attraverso cui il Ministero della Cultura arricchisce il patrimonio pubblico di arte contemporanea. La collaborazione con la Direzione Generale Musei è stata istituita per coinvolgere tutti i musei, istituti, luoghi della cultura pubblici, anche non specializzati nel settore dell’arte contemporanea, che tuttavia intendono estendere le proprie collezioni ai linguaggi del contemporaneo.
Per il futuro potranno essere previste collaborazioni, per esempio, nel valutare l’inquadramento dei musei del contemporaneo (pubblici e privati) nell’ambito del Sistema Museale Nazionale coordinato dalla DG Musei oltre, soprattutto, a capire – magari in collaborazione con AMACI – come immaginare i musei del contemporaneo del futuro. Lo sforzo pubblico per lo sviluppo dei musei di domani, infatti, dovrà essere sempre più orientato a sostenere – oltre le acquisizioni, la conservazione e la tutela dei nuovi beni culturali – la ricerca artistica, critica e curatoriale, il dialogo interdisciplinare, trasformandosi in luoghi di creazione, incontro e confronto.