Marinella Senatore “Afterglow” Mazzoleni / Londra di

di 20 Luglio 2022

La mostra di Marinella Senatore presso Mazzoleni, parte di una più ampia presentazione dislocata in vari luoghi pubblici di Londra, costruisce attorno allo spettatore un’atmosfera di intimità che lo immerge in una coinvolgente celebrazione di resistenza e azione collettiva allo stesso tempo.

In una stanza dalle pareti nere e pavimentata con sabbia, chiara nella tonalità e leggera nella granulazione, sono disseminate le ultime sculture in vetro di Senatore insieme alle sue caratteristiche installazioni al neon senza mercurio. Ogni indizio che rimandi a una vasca di deprivazione sensoriale è controbilanciato dalla natura tattile del terreno ammortizzato e dal ricorso a movimenti esitanti, dissipati dall’evidenza del passaggio sotto forma di impronte di precedenti visitatori. Anche l’artista è presente in questa stanza. In Autoritratto (2022), le mani di Senatore emergono da un blocco di vetro: dalla fusione a cera persa traspare una luce soffusa e suggestiva che permea la materia sino a evocare un miraggio di carne e sangue. I polpastrelli si incurvano verso l’interno e giungono quasi a sfiorare, – ma non del tutto, un quieto momento di tenerezza. Il riferimento alla partecipazione non si disperde alla fine del programma di performance, ma viene recuperato, seppure in forma transitoria e fugace, nei segni lasciati da altri.


Marinella Senatore, School of Dance, 2022. Veduta della performance press la Valletta, Malta, 2022. Courtesy l’artista e Blitz, Valletta.

Nella stessa sala, l’omaggio a Luna (1968) di Fabio Mauri, un’installazione immersiva di luce e sabbia che imita la superficie lunare, non è frutto di una casualità storico- artistica, ma è emblematico dell’impegno di Senatore nei confronti di coloro che l’hanno preceduta, i cui contorni possono essere ulteriormente esplorati nei disegni che ricoprono la parete d’ingresso secondo lo stile espositivo del Salon. Se da un lato ciò rimanda a un canone di una cultura alta, dall’altro fa pensare alle luminarie dell’Italia meridionale: strutture intricate e luminose montate su edifici civili e religiosi in occasione di feste e parate pubbliche. In questi spazi pubblici e inclusivi si innesta “The School of Narrative Dance”, un progetto di formazione multidisciplinare nomade, gratuito e itinerante avviato da Senatore nel 2013 che coinvolge le folle in frenetici workshop e “processioni” simili a cerimonie popolari che sfuggono ai limiti della tradizione religiosa e di una dottrina rigida.

Echi di questi eventi risuonano negli slogan articolati nelle sculture di luce e vetro: I contain multitudes, We rise by lifting others, Dance first think later (tutti 2022), che citano rispettivamente Walt Whitman, Robert Ingersoll e Samuel Beckett. Queste strutture, da cui promana un ottimismo privo di ironia, si imprimono visivamente nella mente dello spettatore come un mantra personale. Tra le sculture di vetro e il pavimento cosparso di sabbia si instaura un gioco di materiali. Le “moltitudini” contenute sono forse costellazioni di particelle di sabbia, fuse dal fuoco in un blocco definito? Cosa accade al messaggio quando molti diventano uno?

La ripetizione di queste frasi nei suoi lavori ci spinge a riflettere sul ricorso agli slogan nella cultura della protesta. Decontestualizzati e trasformati dal riverbero sonoro di centinaia, migliaia di voci, gli slogan diventano le vestigia più durature dell’aggregazione collettiva.

Tuttavia, essi ricordano anche le strategie pubblicitarie del consumo di massa. Questo mette in luce gli elementi sovversivi più interessanti dell’opera di Senatore. Disegni di raduni storici – proteste, processioni e memorie collettive – sono appesi fianco a fianco, formando una sorta di meta-raduno. Qualcosa in queste immagini di piccolo formato, per lo più realizzate a matita in scala di grigi, ricorda il rapido schizzo delle aule di tribunale realizzato da un anonimo “non” partecipante. I tratti dei volti sono impossibili da distinguere, in un retaggio di anni di ri-produzione, recuperati dagli archivi del reportage giornalistico o dal feticismo decontestualizzante delle immagini di protesta diffuse su internet. Le moltitudini sono ora una folla, e la folla è un’orda se scrutata da occhi ostili. Se l’opera di Senatore incoraggia la celebrazione della collettività, la minaccia dell’oppressione rimane tangibile sotto la superficie.

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Alycia Gaunt