“ÆND.” L’ambiguità del titolo della mostra di Andrea Mauti presso ADA, Roma, penetra delicatamente tra i lavori: derivato dal latino classico il dittongo ae equivoca la lettura tra un And (congiunzione che aggiunge proseguendo il discorso) e un End (sostantivo che inibisce arrestando il percorso).
Tra i detriti infestanti di questo nuovo mondo
Senza fine il sole emerge dalla polvere di questo pianeta…
Il comunicato stampa moltiplica questa incertezza presentandosi sotto forma di una poesia a verso sciolto, composta dall’artista, che accompagna lo sguardo sulle forme sincopate di un’ipotetica archeologia del futuro.
Figure corrose sembrano disegnare perimetri geometrici quadrangolari interrotti, accenni di elementi architettonici recuperati dal ventre della storia del mondo. Memory of a Floating Time Body.Ext, Memory of a Floating Time Body.Ext #2, Memory of a Floating Time Body.Ext #3, Körp (Freed), 3756, tutti 2023. Apparentemente fragili, questi oggetti sono in realtà solidissimi. Sospesi e sfalsati essi creano una prospettiva vertiginosa che dall’entrata della galleria accoglie lo spettatore come una struttura ancestrale, come lo scheletro di uno ziqqurat oscillante nello spazio e nel tempo, ibridando la realtà.
Forme assemblate di materiali riciclati e polistirolo costituiscono l’anima del calco delle fusioni in alluminio: il polistirolo, le cui proprietà straordinarie di resistenza rappresentano d’altro canto l’anticamera di un futuro distopico sopravvivendoci sfrontatamente perché non deperibile, diventa qui segnale impercettibile di allarme a un progresso fuori controllo.
Influenzato dalle riflessioni sui posthuman studies di Mark Fisher, che in Realismo Capitalista (2009, tradotto in Italia nel 2018), descriveva puntualmente la sensazione diffusa nella società occidentale che “non ci sia alternativa” al sistema esistente, o a quelle di Timothy Morton racchiuse in Iperoggetti, 2013, in cui gli stessi concetti di spazio e di tempo venivano riletti in una chiave inedita mandando in frantumi le nostre tradizionali nozioni vita sul pianeta Terra, l’artista assorbe un panorama critico complesso e tragicamente attuale.
In questa mostra le vestigia vibrano come un monito, mentre un’ecologia oscura riverbera nelle patine organiche e cangianti (cera e resina) degli oggetti realizzati che modificano il proprio aspetto in maniera alchemica, presagendo forse un flebile cenno di vita.
Le sculture a parete Hybrid Enclosure, Hybrid Enclosure #2, tutte 2023, simulano dei fregi, reperti di un classicismo postumano, che lasciano sospeso il quesito: siamo di fronte al passato o, per dirla ancora con Fisher, alla “fine del futuro”?