Dopo la sua ultima esposizione in galleria nel 2017, Jonathan Binet inaugura una nuova personale presso la Galleria Mazzoli, offrendo un’ampia prospettiva sulla sua attuale produzione con diverse opere appositamente concepite per la mostra.
Intitolato Cabriole, il progetto è caratterizzato dalla consolidata firma distintiva di Binet, una firma che prospera tramite la sua disinvoltura nell’espressione formale e nei materiali. ll grado di sperimentazione traspare chiaramente dal corpus delle opere, caratterizzato da un linguaggio composto da tele disassemblate, riassemblate, strappate, tagliate e costruite, cornici di metallo, tracce di spray, e colori (o non-colori) rimossi, o emersi, grazie all’intervento della smerigliatrice, direttamente sulla superficie della tela.
Cabriole, racchiude due interpretazioni distinte ed introduce altrettanti aspetti esemplari nella traiettoria dell’artista presentata a Modena. Il primo significato proviene dal contesto della danza accademica, indicando un movimento tradizionalmente eseguito da ballerini di sesso maschile. In questo contesto, il danzatore unisce i polpacci delle gambe in aria con un movimento a forbice che ricorda le composizioni di Binet esposte a Modena, soprattutto nella loro organizzazione formale e nelle loro interrelazioni. La commistione di composizioni sensuali, morbide e delicate con elementi strutturali, possenti e maschili, evoca la tensione intrinseca del balletto, in cui desiderio e oggetto desiderato cercano, infinitamente, una compenetrazione.
La seconda interpretazione, che considera il termine in senso figurato come un rovesciamento, denota una strategia astuta per districarsi in una situazione complicata. In questo contesto si inserisce Binet, che si confronta con la tradizione venerata della pittura, resistendo di fatto alla pittura stessa. Per oltre un decennio, infatti, si è dedicato a plasmare, strutturare e manipolare i materiali costitutivi di questa tecnica, cercando di definire una superficie che rimane inviolata dalla pittura stessa, se intesa tradizionalmente. L’artista organizza compartimenti che ricordano la millenaria tecnica del cloisonné, con la sua tavolozza composta però da materiali che costituiscono i mezzi della pittura: superficie e traccia.
L’intenzionale e continua posticipazione del processo pittorico ha spinto l’artista a lavorare e rielaborare opere apparentemente concluse, dando vita a una metamorfosi ininterrotta. Ogni lavoro mantiene la sua identità ontologica unica, ma collettivamente si fonde in un disegno unificato, intricato sia tridimensionalmente che temporalmente. Al ritorno in studio in seguito a esposizioni, alcune opere sono modificate dall’artista, che dà vita a composizioni diverse: questa dinamica si riflette nell’attribuzione di specifici lassi di tempo, indicati a sostituzione di un solo anno, nella datazione. La mostra presenta inoltre opere in scala ridotta, definite petite cabrioles, posizionate strategicamente per costringere gli spettatori a contemplarle in uno spazio ristretto.
Cabriole, “che corrisponde in qualche modo alle mie sensazioni su come fare un dipinto”, è l’invito di Jonathan Binet ad assistere al suo virtuosismo scultoreo e temporale, che abbraccia appunto sia lo spazio sia il tempo.