La programmazione espositiva della Galleria Erica Ravenna riparte con una bipersonale dedicata a Vincenzo Agnetti e Tomaso Binga. Un dialogo tra due artisti che, a partire dagli anni ’60, hanno privilegiato l’uso della parola come medium espressivo di quel processo di trasformazione grazie al quale il pensiero, le esperienze e la vita divengono operazione artistica.
Circa 30 opere, per la maggior parte inedite, intendono mettere a fuoco i punti di contatto tra i due artisti che, nonostante non si siano mai incontrati, hanno condiviso linguaggi comuni tra cui l’uso della poesia, le pratiche performative e la concezione dell’arte come un’operazione di sintesi. Erano gli anni della sperimentazione, dell’avvento di materiali extra-artistici e di più aggiornate tecnologie, che hanno ispirato e influenzato la ricerca nell’ambito dei nuovi linguaggi dell’arte. Tra i vari supporti meccanici e tecnologici, la macchina da scrivere ha costituito uno degli strumenti che numerosi artisti, nei decenni ’60 e ‘70, hanno utilizzato per la realizzazione delle loro opere. Il noto saggio The Art of Typewriting, a cura di Ruth e Marvin Sackner, ne traccia una rassegna all’interno della quale figura Tomaso Binga – artista legata alla galleria stabilmente e da lungo tempo – con i suoi Dattilocodici realizzati con un’Olivetti Lettera 32. Da un errore di battitura di due tasti contemporaneamente, è generato un segno che a sua volta, attraverso la scelta compositiva dell’artista, darà luogo a un criptico codice linguistico e a originali immagini.
Nel saggio non compare Vincenzo Agnetti: è il 1969 quando l’artista espone per la prima volta, da Cenobio-Visualità a Milano, La macchina drogata: una calcolatrice Olivetti Divisumma 14 nella quale sostituisce ai numeri i segni alfabetici e quelli d’interpunzione. Il pubblico è invitato a interagire con lo strumento meccanico, producendo un’azione collaborativa e performativa definita da Agnetti “teatro statico”. La lettera originale Del teatro statico, riguardante fra l’altro la funzione metalinguistica del linguaggio, la demistificazione delle informazioni e il rapporto con la società dei consumi, sarà eccezionalmente esposta in mostra.
Prosegue così il lavoro della galleria sul confronto tra Agnetti e Binga, la cui ricerca è stata per la prima volta posta in dialogo in occasione della collettiva Fare uno, dalla parola al segno un dialogo possibile (marzo 2023) e successivamente all’interno del progetto di miart 23. Attraverso i Dattilocodici di Tomaso Binga e i prodotti della Macchina drogata di Vincenzo Agnetti la mostra riflette su come il lavoro di questi due artisti abbia straordinariamente anticipato quanto accade oggi nell’ambito delle nuove tecnologie, dell’intelligenza artificiale e dei new media come produttori di opere d’arte attraverso i trascorsi risvolti creativi nel rapporto fra l’uomo e la macchina, che diventa autonoma e “viva”.