La Galleria Tiziana Di Caro inaugura la quarta mostra personale nei suoi spazi di Betty Danon, intitolata “Tra segno e sogno”. La mostra riguarda la produzione dal 1980 al 1990 e include una selezione di lavori su carta che spaziano dal disegno, al collage, al frottage. Il titolo è tratto da un quaderno di appunti in cui Danon aveva raccolto possibili titoli di opere, che nel tempo non ha mai utilizzato. È il 1979 quando Betty Danon scrive un testo raccontando l’esperienza espositiva legata alla sua opera Io&gli altri, in seguito alla quale decise di “lasciare il meraviglioso mondo dell’arte” perché delusa dalle voci che scaturirono proprio in relazione a quell’opera.
All’inizio degli anni Ottanta, quindi, l’artista smette di frequentare il circuito convenzionale dell’arte contemporanea, continuando a lavorare per sé e per gli amici artisti con cui non ha mai smesso di intrattenere relazione attraverso la pratica della Mail Art. Esiste quindi una produzione pressoché inedita, esposta se non in sporadiche occasioni, di cui un primo nucleo rappresenta il fulcro di “Tra segno e sogno”. Danon è stata una incredibile sperimentatrice e questa mostra ne è la prova. L’idea di interferire con tanti campi del sapere, come la storia dell’arte, la poesia, la filosofia è ampiamente argomentata in questo progetto.
Le opere si presentano come un corpus incredibilmente eterogeneo: il percorso si apre con un omaggio ad Arthur Rimbaud e alla sua poesia Le bateau ivre (Il battello ebbro). Danon realizza una serie di sei piccole opere in formato cartolina, ognuna delle quali presenta un verso inscritto sul fronte, a cui è associata un’immagine astratta. Il battello ebbro, nelle parole di Rimbaud, procede senza equipaggio. Si tratta di una metafora della condizione umana, in cui le coordinate di spazio e di tempo sono assenti. Danon si trova a interpretare una situazione esistenziale che raccoglie, per poi renderla propria.
Nei Green Sounds il pentagramma ancora una volta diventa segno e accoglie quella scrittura non verbale che lei componeva con gran spontaneità e chiamava “il linguaggio degli angeli”, che si completa di delicate composizioni di piccole piante e fiori. La natura si insinua nel segno, tendendo al suono; un suono astratto come tutto il lavoro di Danon di questi anni.
Donna Prima Vera è una serie di collage su cui l’artista lavora tra il 1983 e il 1987. Il corpus di queste opere rappresenta al meglio la tensione verso la sperimentazione che ha attraversato tutta la carriera artistica di Danon. Qui, infatti, la figura della Primavera di Sandro Botticelli viene declinata in diversi modi e rappresentazioni, utilizzando tanti tipi di carta, di segno, di frottage in un tripudio di colori mai eccessivo, ma sempre delicato. In mostra sono esposti due esemplari di As Prometheus said. Prometeo è colui che ruba il fuoco agli dei per donarlo agli umani e questa azione è rappresentata da carte bruciate che fanno da sfondo, anche qui al pentagramma – l’insieme di linee che rappresentano, con il punto, i due elementi su cui Danon fonda tutta la sua poetica.
La mostra si completa di collage della serie Seul le silence, recentemente esposti anche in occasione della mostra Panorama Monferrato. Sono opere di piccole dimensioni in cui utilizza diverse tipologie di carta, con prevalenza dei colori oro, argento e delle tinte pastello che fanno da sfondo a scritture, talvolta fotocopiate talaltra a china, in cui si riconosce la calligrafia dell’artista. Queste scritture si affastellano seguendo diversi andamenti, e sovrapponendosi diventano di difficile decodifica, per cui il significato rimane recondito Gli anni Ottanta sono stati un momento incredibile per la sua creatività e la relativa sperimentazione. Ciò che nel tempo non muta mai è la coerenza della sua poetica, quello che lei stessa chiamò fine ultimo: rarefazione dell’immaginemateria, comunicazione spirituale-cosmica.