“Il Collezionista” è una sezione strutturata in una serie di interviste alle personalità che costituiscono il collezionismo italiano, è un campionamento di attitudini, gusti, visioni che mostra la varietà e le peculiarità delle collezioni.
Cristiano Seganfreddo: Come hai iniziato a collezionare arte? Colpo di fulmine o lenta ossessione?
Agiverona (Anna e Giorgio Fasol): Ho sempre avuto l’animo del collezionista. Da bambino possedevo una bellissima collezione di figurine di calciatori, poi mi sono dedicato ai francobolli. L’approdo all’arte, invece, è avvenuto per caso. Era un sabato pomeriggio, ero a Verona con Anna – allora eravamo ancora fidanzati – e per curiosità entrammo in una galleria d’arte. Stavamo osservando le opere di una mostra personale quando, all’improvviso, una voce alle nostre spalle ci ammonì: “Non dovete guardare le croste, ma le vere opere. Dovete allenare il vostro occhio e la vostra mente al bello.” A parlare era Renzo Sommaruga, un artista veronese che aveva vissuto a Parigi ed esposto in una mostra presentata da Eugenio Montale. Sommaruga non era solo pittore e scultore, ma anche poeta, scrittore, musicista e soprattutto un eccellente stampatore di libri d’arte. Diventammo amici e ci invitò a casa sua. Ricordo ancora la meraviglia quando ci mostrò una poesia di Salvatore Quasimodo, L’uomo del nostro tempo, accompagnata da nove litografie realizzate da celebri artisti degli anni ’60: Gentilini, Cantatore, Saetti…e poi, girando pagina, apparve la litografia di Capogrossi. Quell’opera mi colpì profondamente. Fu la scintilla che accese il mio amore per l’arte e che mi portò lontano. Posso dire, dunque, che le mie scelte di collezionista sono sempre nate da un’illuminazione improvvisa, un atto d’amore verso la bellezza.
CS: Qual è stata la tua prima opera? Te la ricordi ancora?
AGV: La mia prima opera è stata un collage di Rodolfo Aricò.
CS: Collezionare è più istinto o strategia?
AGV: Decisamente per me è colpo di fulmine, quindi istinto.
CS: C’è un’opera che hai inseguito a lungo e poi hai perso? O peggio…rifiutato e poi rimpianto?
AGV: Sì, c’era. Con Renzo Sommaruga andammo nello studio di un artista con cui voleva realizzare un libro, accompagnando una poesia di Blanchard con quattro sue litografie. L’artista ci fece attendere un’ora e mezza. Poi, finalmente, uscì dal suo atelier, senza neanche scusarsi per il ritardo, sventolando un foglio in mano ed esclamando con entusiasmo: “Guardate cosa ho preso! Guardate cosa ho preso!”. Aveva un semplice foglio A4 bianco, su cui era stato tracciato un ovale con la biro e praticato tre buchi. “Questo è Lucio Fontana!”. Quell’episodio mi fulminò. Era la prima volta che vedevo un’opera di Lucio Fontana, anche se si trattava di un lavoro minore. Da quel momento, desiderai ardentemente possederne uno. Così iniziai a collezionare suoi multipli, fino a quel sabato pomeriggio in cui, alla Galleria Cattaneo di Brescia, visitai una mostra museale dedicata a Fontana (Fine di Dio, Venezia, le aneline, opere in rame e molto altro). All’epoca ero appena sposato e non avevo grandi disponibilità economiche. Chiesi il prezzo dell’opera più piccola in vendita: era meravigliosa, un’anelina grigia con due ovali bianchi bucati. Il prezzo era di tre milioni di lire. Io ne avevo solo uno, ma volevo Fontana a tutti i costi. Feci allora una proposta al gallerista: “Tieniti l’opera, ti lascio un milione e ti porto il resto a rate”. Lui accettò e mi disse: “Fai bene ad acquistare Fontana, è un maestro riconosciuto. Ma voglio mostrarti anche un giovane artista che, secondo me, avrà altrettanto successo”. Andò in magazzino e tornò con una tela bianca di 200×180 cm di Jannis Kounellis. Era splendida, l’avrei presa subito. Ma mia moglie, con saggezza, mi fermò: “Abbiamo appena fatto un debito di due milioni, assolutamente non possiamo permettercelo”. Ascoltai amaramente mia moglie. Ma da quel giorno nacque in me l’amore per i giovani artisti.
CS: Cosa ti fa dire “questa la voglio” in un secondo?
AGV: Un decimo di secondo, come il colpo fulmine. Io considero l’acquisto di un’opera d’arte un atto d’amore.
CS: Un artista sottovalutato su cui punteresti tutto?
AGV: Rodolfo Aricò.
CS: Cosa pensi del mercato dell’arte oggi? Giungla o parco giochi?
AGV: Il mercato dell’arte è sia una giungla che un parco giochi. Credo che l’intero sistema dell’arte debba evolversi, e in particolare il sistema italiano deve imparare a fare squadra. Le gallerie italiane dovrebbero collaborare più attivamente tra loro per ridurre gli esorbitanti costi di gestione. Dovrebbero inoltre incentivare lo scambio di artisti, soprattutto con gallerie all’estero, per garantire una maggiore visibilità internazionale. Anche gli artisti dovrebbero viaggiare continuamente per rimanere aggiornati su ciò che accade nel mondo dell’arte e confrontarsi con i migliori colleghi. Allo stesso tempo, i curatori dovrebbero adottare un approccio più critico e intellettualmente onesto, contribuendo così a un mercato più trasparente e meritocratico.
CS: Meglio una collezione coerente o un mix di sorprese?
AGV: Una collezione non è altro che la rappresentazione dello spirito del collezionista, pertanto ognuna ha le sue caratteristiche.
CS: L’opera più folle che possiedi?
AGV: Quella di Mario Garcia Torres Untitled (Missing Piece) si tratta di un’opera inesistente. L’altra che mi hanno dato del folle quando l’ho comprata è This is news di Tino Sehgal.
CS: Se dovessi salvare solo un pezzo della tua collezione, quale sarebbe?
AGV: Mi è impossibile avere una preferenza perché tutte sono state acquistate con lo stesso spirito, sono tutte mie figlie.
CS: Arte e investimento: binomio o falso mito?
AGV: Come diceva il mio amico Giuseppe Panza di Biumo: “Se tu ami l’arte, è l’arte che ama te. Se tu vuoi sfruttare l’arte, è l’arte che sfrutta te”. Lo ripeto spesso, anche quando mi invitano a fare talk: se amo l’arte, è un ottimo investimento, perché mi arricchisce interiormente e mi apre la mente alla cultura. Ma se l’acquisto di un’opera è fatto esclusivamente per investimento, diventa un’operazione molto rischiosa. Al giorno d’oggi abbiamo bisogno di tornare a parlare di cultura più che di investimento.
CS: Meglio scoprire nuovi talenti o inseguire i grandi nomi?
AGV: Per me decisamente è scoprire nuovi talenti. La mia curiosità e passione mi portano a viaggiare molto per scoprire soprattutto i giovanissimi. Penso che la soddisfazione sia grande quando raggiungono certi traguardi e anche quando non li raggiungono l’importante è vederli continuare a perseguire il loro percorso artistico.
CS: Hai mai comprato un’opera e poi cambiato idea?
AGV: Mai.
CS: Dove finisce il collezionista e inizia il mecenate?
AGV: Il collezionista acquista le opere per passione e per il desiderio di possederle. Il mecenate, invece, ha un coinvolgimento attivo nel sostegno dell’artista, contribuendo alla produzione delle opere, alla loro diffusione e valorizzazione. Inoltre, il mecenate gioca un ruolo importante nella crescita del panorama artistico. Recentemente, Anna e io abbiamo donato all’Università degli Studi di Verona 111 opere in maggioranza di giovani artisti con altri invece già più noti, con l’intento di coinvolgere gli studenti, la comunità di Verona e il pubblico visitatore (sono infatti organizzate delle visite guidate), offrendo loro un’opportunità di scoperta e crescita culturale.
CS: L’arte che ami di più è quella che capisci o quella che ti sfida?
AGV: L’arte che amo di più è sicuramente quella che mi sfida perché mi porta a fare delle scoperte.
CS: Se dovessi spiegare la tua collezione in tre parole?
AGV: Amore, scoperta e confronto.
CS: Cosa manca ancora alla tua collezione dei sogni?
AGV: Il prossimo futuro.
CS: Il consiglio che daresti a chi vuole iniziare a collezionare?
AGV: Molti giovani mi chiedono come ho costruito il mio percorso nel mondo dell’arte. Prima di tutto, è fondamentale conoscerlo a fondo: abbonarsi alle riviste giuste, partecipare alle inaugurazioni delle mostre per entrare in contatto con le persone chiave del settore e, soprattutto, coltivare una curiosità autentica e una vera passione.
CS: C’è un pezzo che hai visto in un museo e avresti voluto portarti a casa?
AGV: Sì, il 14 ottobre 2009 prestai due opere al Museo Reina Sofía di Madrid per un’antologica dedicata all’artista Lo Savio. Dopo l’inaugurazione, visitammo la collezione del museo e, in una sala, mi trovai di fronte l’opera di Alighiero Boetti Sragionando in lungo e in largo, esposta da sola. L’avevo venduta cinque anni prima, senza conoscerne la destinazione, e rivederla lì, inaspettatamente, mi commosse profondamente.
CS: Cosa rende un collezionista…un vero collezionista?
AGV: L’amore autentico per l’arte e il suo impegno a metterla a disposizione della comunità. La nostra collezione, conosciuta con acronimo AGIVERONA (Anna e Giorgio Fasol) è stata invitata all’esposizione in dieci esposizioni museali nel corso della sua formazione.