In occasione della mostra personale di Monique Mouton “Sapphire”, presso la nuova sede di Milano della galleria VEDA, Flash Art Italia propone il testo che accompagna il percorso espositivo.
Narrazione di uno spostamento nei materiali
Ci sono alcuni punti di origine–
1. Supporti in alluminio:
Il più antico risale a molti anni fa, probabilmente più di 10, quando Beka Goedde mi diede alcune lastre di litografia fotografica in alluminio che aveva già usato, suggerendomi di farci degli esperimenti. Non ne feci molto, ma le tenni da parte, e un paio dei lavori nuovi sono proprio su quelle sue vecchie lastre.
Mi piaceva la sottigliezza della lastra di alluminio, come se fosse quasi carta sulla parete, così sottile da sembrare arretrare, con una morbidezza e una flessibilità che i supporti più spessi o più tradizionali non hanno.
Le lastre di alluminio più grandi provengono anch’esse dalla litografia, ma invece dell’emulsione fotografica hanno una superficie granulata che ricorda la carta vetrata fine.
2. Silver/metal point (Quando parlo di silverpoint di seguito, in realtà mi riferisco a qualsiasi punta metallica. Sto usando argento fino, oro 24 carati, rame puro, alluminio e bronzo.)
Credo che il seme sia stato piantato per la prima volta in una conversazione con Eli Bornowsky,quando mi mostrava alcuni disegni a punta d’argento che aveva realizzato. Mi piaceva la loro sottigliezza e mi interessava la “carta d’argilla” che usava come supporto.
Il materiale riaffiorò nella mia mente molti mesi dopo, mentre ero in residenza in Giappone. Credo che avesse già cominciato a risuonare in me anche prima, quando riflettevo sulla qualità “elementare” del lavorare con un metallo puro per lasciare un segno e su tutte le risonanze dei metalli preziosi–culturali, fisiche, energetiche. Pensavo a quanto fosse opposta questa tecnica al mio modo abituale di
lavorare i grandi lavori su carta costruiti con strati acquosi di colore liquido, contrapposti alla linea così determinata e sottile della punta metallica.
Questa apparente opposizione è stata per me una sorta di apertura, un modo di avvicinarmi ai miei interessi da un’altra angolazione, che mi spingeva in territori scomodi e sconosciuti. Non sono mai stata molto una disegnatrice, e allo stesso modo non avevo alcun affetto per la carta finché non ebbi una svolta simile nel 2013, quando comprai un grande rotolo chiedendomi cosa avrei fatto con una superficie che sembrava piuttosto contraria ai pannelli di legno e ai bastoni che stavo tagliando con il seghetto alternativo. Il filo conduttore è che le specificità dei materiali che utilizzo evocano toni particolari, in senso letterale e metaforico.
Ogni componente ha le proprie caratteristiche fisiche e connotazioni culturali che contribuiscono all’accumulo di relazioni innescate dalla mia scelta di applicazione.
In Giappone non riuscii a trovare i materiali per iniziare a sperimentare con il silverpoint, ma cominciai a riflettere sulla sua qualità. Il mio tempo lì fu molto silenzioso e lo trascorsi immersa nella natura, tra foreste, cascate e nebbie, e credo di attingere ancora da quell’ambiente e da quel silenzio. I fili sottili e le lane metalliche lasciano segni che non possono essere molto scuri. Questa leggerezza e delicatezza si adattano al mio interesse per stati astratti e indeterminati, tentativi di far emergere sensazioni invisibili e relazioni sottili tra tutte le cose.
Provo un certo piacere nell’usare un materiale così tradizionale in un modo atipico. Il suo utilizzo si è praticamente estinto dopo il Rinascimento e l’avvento della matita di grafite, e per quanto ne so la maggior parte dei praticanti contemporanei lo usa per il disegno realistico. Non sapendo bene cosa disegnare all’inizio, ho cominciato con piccole linee graffiate. Mi interessa ciò che accade quando combino questo materiale raffinato con un approccio informale al segno.
Il silverpoint funziona solo su superfici appositamente preparate–ci deve essere abbastanza grana/aderenza perché la superficie abrada la punta metallica e trattenga il segno. Esistono varie pitture o rivestimenti che funzionano (Eli usava una carta prodotta industrialmente, rivestita con argilla minerale). In questo lavoro ho usato o un fondo a base di caseina appositamente formulato o un fondo tradizionale per silverpoint simile al gesso tradizionale (colla di coniglio, carbonato di calcio, polvere di marmo, bianco di titanio ecc.). Entrambi i fondi sono adatti alla pittura e allo stesso tempo alla punta metallica. È stato piacevole lavorare di nuovo su una superficie simile, dato che in genere utilizzavo il gesso tradizionale sui miei pannelli di legno. Il fondo gessoso e assorbente ha una morbidezza visiva simile alla porcellana non smaltata.
Credo che, poiché uso l’alluminio come supporto, spesso mi si chieda se la punta d’argento incida la superficie, ma in realtà non è così. I segni restano in superficie essendo semplicemente residui del metallo che ho utilizzato. All’applicazione appaiono tutti grigi per il modo in cui la luce si disperde, ma ci sono sottili differenze a seconda del metallo. Se ne può distingure il colore un po’ più facilmentesu sfondi scuri. Argento, bronzo e rame si ossideranno in parte, ma accolgo i cambiamenti che avverranno nel tempo. Oro e alluminio invece, non si ossidano.
3. I piccoli pannelli di lino sono entrati nel processo nelle fasi iniziali, mentre sperimentavo con diverse superfici e fondi per silverpoint . nelle fasi iniziali. Ho deciso che mi piacevano in relazione ai grandi fogli di alluminio. Provenivano anche dal mio interesse per lo spostamento di scala e dall’aver lavorato in un formato più piccolo mentre ero in Giappone. Nel contesto della mostra, per me è rilevante che aggiungano un ulteriore strato di componenti materiali (lino, legno).



