Alterazioni Video è un collettivo artistico capace di mettere insieme — e bene — performance, video, installazioni, cinema e musica. Il gruppo è composto da Paolo Luca Barbieri Marchi, Alberto Caffarelli, Giocomo Porfiri, Andrea Masu e Matteo Erenbourg, momentaneamente impegnato nella Legione Straniera. Vivono tra New York, Los Angeles, Berlino e Milano. Per lavorare a distanza l’uno dall’altro utilizzano soprattutto la rete, scambiandosi pareri sia per iscritto che per immagini e link. Per questo motivo si è scelto di realizzare l’intervista che segue, oltre che in base agli incontri vis a vis, secondo una logica e un registro a loro congeniali, intrecciando scambi di mail e chat di Skype, arricchendo o sostituendo l’uso della parola con disegni e immagini in movimento. Contro ogni fuso orario. Ognuna delle risposte che seguono è da considerarsi come individuale e collettiva allo stesso tempo, anche se contraddittoria o divergente rispetto a quanto scritto poche righe prima. Secondo questo principio, ma soprattutto per ragioni di spazio, alcune delle risposte sono state omesse nella versione cartacea dell’intervista. Su www.flashartonline.com sarà invece leggibile la versione integrale.
DG: Siete nati come collettivo a Milano ma, ormai da anni, vivete separatamente. Come riuscite a lavorare ancora assieme e perché tenete ancora ad agire come collettivo anziché come singoli artisti? Come fate a mantenere una coerenza estetica e pratica in cinque?
Paolo Luca Barbieri Marchi New York, 2:26 am.
Settimana di fuoco. Rispondo adesso come mi viene. Ognuno aggiunga, tolga… faccia quello che crede. Alterazioni Video è in mano alle correnti e alle mode non ha una sua identità e non si capisce dove sta andando, ma le idee qua dentro contano di più delle persone. Te lo vedi poi Materazzi che abbraccia Zidane? Il successo non si condivide.
Andrea Masu Los Angeles 11:39 pm.
Il collettivo è nato con l’idea che mettendo insieme artisti mediocri potesse venirne fuori almeno uno buono, non che la sommatoria delle parti sia sinonimo di maggiore qualità ma la condivisione e il confronto con i soci arricchisce visioni e produce prospettive inedite.
Giacomo Porfiri Berlino 2:18 am.
Alberto Caffarelli Milano 06.58 pm.
http://www.youtube.com/watch?v=W1TMZASCR-I
http://www.youtube.com/watch?v=dwjsvVvwKk&NR=1&feature=fvwp
DG: Molti dei vostri progetti partono da presupposti reali e tangibili, realtà sociali o umane che potrebbero benissimo diventare oggetto di indagini di cronaca più che artistiche (penso a Incompiuto Siciliano piuttosto che a Black Rain girato a Lampedusa con Luca Babini). Come riuscite a far rientrare certe tematiche in ambito artistico? Esiste l’intenzione di sensibilizzare il pubblico a certe realtà?
PLB: Le indagini di cronaca sono come il pongo. Probabilmente è opportunismo. Noi facciamo di tutta l’erba un fascio e passiamo il tempo ad asciugare gli scogli e porgerci domande senza senso. Oggi ho visto un culturista su YouTube leccarsi i pettorali. Ti mando il link.
AM: L’arte non è un corpo astratto, slegato e autonomo dalla società; è uno dei nodi della rete che costituisce il reale ed è dal mondo che prendiamo spunto per la nostre azioni e provare, come diceva Boetti, a “mettere al mondo il mondo”. Con Incompiuto Siciliano per esempio abbiamo pensato di elaborare un sistema di segno contrario che potesse sovrapporsi all’esistente per iniziare a produrre un senso nuovo e diverso, una risposta alla rabbia, al senso di sconfitta e all’impotenza provati girando per i luoghi delle opere incompiute. Ci è sembrato necessario creare un capovolgimento di senso e cercare risposte alla frustrazione e all’impossibilità di aggiungere nuove parole al già detto e nuove azioni al già fatto. L’arte può contribuire a elaborare nuove strategie per innescare dei processi di trasformazione anche se oggi la gente non la sensibilizzi neanche a schiaffoni.
GP: Non si ride delle disgrazie altrui! Siamo terroni, immigrati, punkabestia, onanisti e pure di sinistra, direi che abbiamo abbastanza materiale su cui poter fare dell’autoironia…
AC: http://www.youtube.com/watch?v=P7MjTmjzMvQ
http://www.youtube.com/watch?v=jjnrLt3VuSM
http://www.youtube.com/watch?v=ngPrEpcCYDY
DG: È grazie alle molteplici risorse interne al gruppo che riuscite a cimentarvi su più piani: video, film, installazioni, performance, musica? Se, in questo senso, è difficile stabilire una cifra stilistica, ne esiste una metodologica?
PLB: L’unico metodo che ritroviamo è l’emergenza. Mettersi in condizioni di emergenza e reagire creativamente come in politica. Trovarsi in un set nel posto sbagliato al momento sbagliato. Avvertire il pericolo del fallimento: è lì che ritroviamo l’unione. Un po’ come rimanere bloccati in cinque in un ascensore che precipita e prende fuoco credo che tutti alla fine si abbraccerebbero…
GP: “Ados ados che el muntun le’ gros”.
AC: http://www.youtube.com/watch?v=n4cPXZkHX7Q&feature=related
http://www.youtube.com/watch?v=r6tlw-oPDBM
DG: All My Friends Are Dead, Black Rain, Blind Barber sono le vostre produzioni più cinematografiche. Come siete arrivati a utilizzare questo linguaggio e cosa siete riusciti a scaturirne?
PLB: La complessità del linguaggio cinematografico ci permette di sintetizzare più esperienze in un unico prodotto. Il bello della timeline, a differenza della tavolozza, è che non secca mai, permettendoti di intervenire sulla struttura semantica dell’opera a seconda del canale di distribuzione prescelto. Da qui siamo arrivati al Turbo Film: fare i film senza avere i soldi per farli, senza avere uno script, senza conoscere il posto, senza essere d’accordo. Il tutto per poi avvertire in post-produzione quel senso di stupore e smarrimento che solo i bambini e i turisti di Venezia possono capire. Alla fine l’unica ricerca che pare non esaurirsi mai è quella per trovare i fondi necessari per un nuovo progetto.
AM: Oggi noi viviamo in tre città, tre Stati e due continenti diversi. La produzione video ci permette di contribuire da posti distanti all’elaborazione di idee, creare soggetti e cercare i soldi. Nella fase di produzione, limitata nel tempo e concertata spesso in un posto, ci troviamo tutti quanti a dare ognuno il suo contributo operativo. Finite le riprese possiamo tornare a casa, ognuno con un HD con tutto il girato e singolarmente iniziare a imbastire il montaggio.
GP: RSN400-0002-478283-F32Q-LBW6-7FXP final cut serial
B1027 – KKNN-69002-757593-PQ45-Z8T9-U345 pro tools serial
RSN400-0559-96Z3-BN86-L565-U894 toast 8 serial
AC: http://www.youtube.com/watch?v=5Ty3LSY4N6g&feature=related
http://www.youtube.com/verify_age?next_url=http%3A//www.youtube.com/watch%3Fv%3Dk95ABgUnwS8
DG: Quali sono le possibilità di distribuzione che hanno queste produzioni? Istituzioni pubbliche o private? Arriveranno mai al cinema, sempre che sia importante?
PLB: La distribuzione è tutto! Se non sbaglio lo diceva Broodthaers lamentandosi dei libri che non gli comprava nessuno. È demenziale porsi limiti sui canali di distribuzione. Un tempo bisognava scegliere a che squadra appartenere ora basta spendere due ore in più su Final Cut. Le istituzioni publiche sono tra le poche a supportarci, sono i canali privati che non si fidano, le gallerie, non ci possiamo fare molto. Se hai un figlio antipatico alla classe mica lo cambi. Gli autorevoli rotocalchi di moda con cui collaboriamo (AMICA, ndr) sono più avanti di molte gallerie (il che non so se sia un bene o un male…) e per noi è come imbucarsi a una festa. Ti senti libero di conoscere chi vuoi, non hai debiti o relazioni da difendere e puoi fingere di essere un altro.
GP: Sicuro non smetteremo mai di mangiare pop corn davanti alle nostre versioni tarocche di Final Cut…
AC: http://www.youtube.com/watch?v=1-FgH5uPYu8
http://www.youtube.com/watch?v=Oa89yeqk4ns
http://www.youtube.com/watch?v=uMbL_TvLoaQ
DG: Le vostre opere dipendono dal contesto, oltre che nella loro realizzazione, anche nella loro messa in scena?
PLB: Tutti hanno bisogno di una scusa, di un movente. L’omicidio per futili motivi è un omicido aggravato. Se poi un’opera non regge lo shock di cambiare contesto vuol dire che è mediocre e bisogna lasciarla morire. Le opere in teoria vivono di vita propria come la maggior parte delle immagini del web. A volte se ne perde il controllo per ritrovarsele rinnovate dalle circostanze e più in forma di prima. Come si fa con il maiale, cerchiamo di non buttar via niente. La macchina del cinema che mettiamo in moto ci permette di scrivere canzoni realizzare sculture e installazioni, performare, fotografare, dipingere e fare un po’ di movimento all’aria aperta; insomma ci fa stare bene e in forma.
AC: http://www.youtube.com/watch?v=wUjQu086UZ8
http://www.youtube.com/watch?v=MxFSoCUcLhk
DG: Avete avuto a che fare con molte istituzioni, sia in Italia che all’estero. Quali differenze avete riscontrato, se esistono, nei vari sistemi incontrati?
PLB: Alle Biennali è bello essere invitati. Per quanto riguarda i musei siamo stati censurati sia a New York che in Italia mentre in Cina non ci hanno fatto problemi.
AM: In Italia le istituzioni sono realtà astratte, a parte alcune realtà d’eccellenza e funzionari statali che stanno assumendo sempre più lo statuto di eroi. All’estero si lavora facendo sistema con tutti i soggetti che operano nel settore, in Italia sembra impossibile. Questo problema sta assumendo una dimensione preoccupante che getta discredito e crea problemi a chi lavora all’estero.
GP: Direi più somiglianze che divergenze.
AB: http://www.youtube.com/watch?v=lj438bBpX9w
http://www.youtube.com/watch?v=ivNStI7amTU
http://www.youtube.com/watch?v=BeetHHsZ9Oo
http://www.youtube.com/watch?v=xjnTvOvIwfE&feature=related
http://www.youtube.com/watch?v=do24R8zyDUM
DG: A Performa come al PS1 e al cinema Ariosto di Milano avete messo in scena un nuovo format, The New Cinema Event. Di cosa si tratta esattamente?
PLB: C’è un testo di John Kelsey che racconta delle origini del cinema. Si sofferma soprattutto sulle proiezioni dei primi film su pellicola di inizio secolo. Racconta di un cinema perduto dove le sedie non erano inchiodate a terra e disposte in file ordinate, dove il proiettore non era nascosto in un buco ma era parte integrante dello spettacolo, dove si beveva si fumava e si faceva a cazzotti. La musica che accompagnava le proiezioni, se c’era, era suonata dal vivo e il film stesso, composto da spezzoni di più film non finiti, veniva remixato dal proiezionista ogni sera in maniera diversa, creando nuove associazioni e nuove storie. Noi facciamo bene o male lo stesso. Nel caso di Performa abbiamo trovato un barbiere del lower East Side che dietro a una porta nasconde un vecchio bar, abbiamo fatto amicizia con il proprietario e dopo un’attenta rasatura abbiamo ottenuto le chiavi. Il bar è diventata la sala di proiezione e il barbiere era il set in cui si svolgevano live le scene chiave del film, la gente beveva fumava e commentava. Al PS1, al centro di uno spazio immenso (sembrava uno studio della Paramount) abbiamo ricreato il set di un ipotetico film che non abbiamo mai girato e lo abbiamo trasformato in un Tequila Bum Bum Bar. Sulla grande volta veniva proiettata una selezione di video di YouTube che avevano ispirato il set. Una sorta di script visivo e in divenire. Al Cinema Ariosto il pubblico si è trovato partecipe della scena finale di Hotel Milano. L’entrata in sala delle protagoniste del film (delle starlette del mondo transessuale locale) i trecento palloni dispersi nella platea e le luci psichedeliche piazzate in giro per il cinema hanno dato vita a una festa in sala come non si vedeva dagli anni Venti… un meta-film party…
GP: One two three four, chitarra tenuta bassa, ampli a 11, tanti ospiti.
AC: http://www.youtube.com/watch?v=k6_mwdujhEk