Cristiano Seganfreddo: Come è nata l’idea di istituire il Premio Scultura Ca’ del Bosco? Quali esperienze personali hanno influenzato questa decisione?
Maurizio Zanella: Fin dalla sua fondazione, Ca’ del Bosco ha visto nell’Arte le caratteristiche creative e sentimentali che più si avvicinano al vino. Capaci di sviluppare lo stesso piacere dei sensi, il vino e l’Arte hanno in comune l’origine culturale dionisiaca della creatività. Tra le forme d’Arte, la mia predilezione è sempre andata alla scultura perché come l’uva è nelle vigne, così ogni scultura è contenuta nel blocco del materiale da cui nasce. Nel 2023, dopo oltre 50 anni dalla fondazione di Ca’ del Bosco e a 40 anni dal primo dialogo con Arnaldo Pomodoro per la realizzazione del Cancello Solare, ho deciso di istituire un Premio dedicato alla scultura da esterni e riservato agli artisti italiani fino a 40 anni di età perché credo fermamente nella capacità dell’immaginazione delle nuove generazioni. Il riconoscimento nasce con un doppio intento. Il primo è rafforzare e rendere indelebile il forte legame che esiste fra l’Arte e Ca’ del Bosco, una delle realtà enologiche eccellenti in Franciacorta e protagonista del rinascimento enologico italiano. Il secondo deriva dalla volontà di rendere istituzionale il forte rapporto già esistente con un’azione di mecenatismo in grado di rafforzarlo con le infinite capacità e possibilità immaginative della nuova generazione artistica.
CS: Quando ha iniziato a collezionare opere d’arte e come si è evoluta nel tempo la sua collezione privata e quella aziendale?
MZ: La mia passione per l’arte e la scultura contemporanea, in particolare, parte da lontano. Ero poco più che un ragazzo. La collezione privata e aziendale sono sempre state fuse: il parco di Ca’ del Bosco è talmente bello e maestoso che mi è sempre sembrata la destinazione ottimale per le sculture.
CS: Come descriverebbe il rapporto tra Ca’ del Bosco e l’arte contemporanea? È sempre stato parte della filosofia aziendale o si è sviluppato nel corso degli anni?
MZ: La mia preferenza nei confronti della scultura è favorita dal luogo che bene si adatta, per il meraviglioso paesaggio, alla collocazione di opere d’arte. Ma soprattutto nasce dalla similitudine tra il vino, prodotto tridimensionale che coinvolge la vista, l’olfatto e il gusto, e la scultura, che stimola l’occhio e coinvolge i sensi. L’immagine che ne emerge è forte, duratura, di qualità culturale ed economica legata all’ambizione dell’uomo e alla sua perseveranza. Ca’ del Bosco nasce con un intento, un programma, una missione: esprimere un’idea diversa della “civilizzazione del vino”. È Luigi Veronelli che mi ha ispirato a trasformare la cantina non solo in un luogo ma in un’espressione concreta, fisica e spirituale, adatta a creare una relazione privilegiata tra la qualità delle strutture e i territori in cui operano coinvolgendo gli uomini che agiscono, il vino che ne è il prodotto e l’Arte che ne è l’ispirazione. Ecco perché l’architettura della cantina segue il movimento ondoso delle colline moreniche della Franciacorta mentre le vigne ne determinano perfino la forma che termina con gli stessi pali inclinati che si possono osservare alla terminazione dei filari. Ed ecco perché il legame con l’arte, che è un potente mezzo di cambiamento culturale e sociale capace anche di agire sul singolo per migliorarne le capacità di conoscenza e di relazione con gli altri, con l’ambiente, con la Natura tutta.
CS: Cosa l’ha colpita in particolare dell’opera Handandland di Irene Coppola e perché ritiene che interpreti così bene i valori di Ca’ del Bosco?
MZ: L’opera è una traccia in neon soffiato installata lungo il corridoio del porticato che conduce all’area di produzione della Cantina, destinata alla lavorazione delle uve. Le spirali, da cui emergono le parole handandland, si rifanno alla struttura del viticcio tipico delle piante rampicanti come la vite, ovvero l’estensione tattile che le permette di sostenersi e crescere più in là del fusto. Irene Coppola ha saputo interpretare i valori di Ca’ del Bosco, fornendo una visione molto moderna e inedita del tralcio di vite.
CS:Il premio è dedicato ad artisti under 40. Perché avete scelto di sostenere specificamente i giovani artisti?
MZ: Ho scelto di sostenere una fascia anagrafica che fosse già oltre gli studi accademici, ma non necessariamente già affermata. Tramite le proposte della Giuria ho sperato di imbattermi in artisti con una visione inedita, fresca e irriverente della scultura da esterni.
CS: Come si è sviluppata la collaborazione con Venetian Heritage per questo progetto?
MZ: Ho deciso di condividere il progetto del Premio Scultura con Venetian Heritage perché il lavoro che la Fondazione e il suo direttore Toto Bergamo Rossi, che è anche il coordinatore di questo progetto, conducono sul patrimonio artistico e culturale veneziano muove dalle stesse motivazioni che guidano l’azione di mecenatismo di Ca’ del Bosco: un Rinascimento che costruisce la cultura del futuro attraverso le intuizioni d’avanguardia delle nuove generazioni che sono chiamate in causa in questo progetto. Il motto di Venetian Heritage è “Restoring the past, building the future”, un concetto che non è molto diverso dall’equilibrio fra la tradizione e l’innovazione che, da sempre, guida la rinascita della nostra cultura del vino.
CS: Il Parco delle sculture della tenuta è già famoso. Può raccontarci come è nato e quali sono le opere più significative che ospita?
MZ: Ca’ del Bosco in questi anni si è trasformata e, da spazio riservato, è diventata un luogo che si apre a quella fascia – sempre più ampia – di pubblico che alla passione per il vino unisce la predilezione per l’arte. La collezione di Ca’ del Bosco spazia da Arnaldo Pomodoro (1926), maestro indiscusso famoso per le sue sfere di bronzo, Igor Mitoraj (1944-2014) che si forma a Cracovia con Tadeus Kantor e sceglie di raccontare la modernità attraverso le suggestioni della Grecia classica, Rabarama, ovvero Paola Epifani (1969), che conquista il mondo con le sue opere gigantesche decorate da pattern, a Stefano Bombardieri (1968) che fa del peso del tempo una descrizione zoologica e antropomorfa, Bruno Romeda (1933 – 2017) che entra in contatto con Picasso e poi si forma al Minimalismo americano, Rado Kirov (1955) che manipola lame d’acciaio, Craking Art collettivo nato nel 1993 che crea forme che simulano la natura, Spirito Costa (1978) che nella simbologia dell’uovo trasferisce le sue origini brasiliane, Zheng Lu (1978) che dalla Mongolia porta la libertà dell’immaginazione, Mimmo Paladino (1948) che porta la sua Transavanguardia, Tsuyoshi Tane (1979) che con le sue opere plasma la memoria dei luoghi.
CS: Quali criteri guidano la selezione delle opere per il vostro parco? C’è un dialogo particolare che cercate tra arte, natura e produzione vinicola?
MZ: Fino a prima dell’istituzione del Premio Scultura (2023) le opere venivano scelte senza un criterio specifico, una cadenza definita, uno stile artistico. La voglia di collaborare con un artista nasceva dalle occasioni, dai viaggi, dagli stimoli ricevuti, dalle emozioni suscitate. A quel punto scattava l’invito in cantina affinché l’autore si ispirasse: tutte le nostre opere sono infatti site specific, cioè appositamente pensate esattamente per il luogo dell’installazione in un costante dialogo tra gli spazi.
CS: L’arte contemporanea influenza in qualche modo anche altri aspetti di Ca’ del Bosco, come ad esempio il design delle etichette o degli spazi aziendali?
MZ: Non abbiamo mai pensato di creare un fil rouge tra le sculture stesse – tutte di stili diversi, quindi neppure tra gli altri elementi aziendali. Ogni cosa, ogni oggetto, ogni elemento ha una sua identità che deve emergere in autonomia per il ruolo che rappresenta. Che sia un’etichetta, un oggetto d’arredo o la silhouette della cantina.
CS: Avete in programma altre iniziative che rafforzino il legame tra Ca’ del Bosco e il mondo dell’arte contemporanea?
MZ: Ca’ del Bosco da sempre crede nell’Arte come elemento distintivo e di elevazione culturale e sociale. Già nell’anno accademico 2021/2022 abbiamo deciso di raccontare la nostra attenzione alla tutela dei suoli e degli organismi che li vivono attraverso la promozione del lavoro di giovani artisti del territorio: un percorso, nel cuore dei vigneti storici dell’azienda vitivinicola, alla scoperta di 23 totem collocati in prossimità di passaggi pedo-ciclabili e inseriti armoniosamente nell’ambiente circostante. 23 installazioni volte ad approfondire l’approccio etico adottato dall’azienda, arricchite da altrettante opere d’arte realizzate dagli studenti dell’Accademia di Belle Arti SantaGiulia di Brescia.
CS: Quali sono le vostre aspettative per le prossime edizioni e come vedete evolversi questa iniziativa nel tempo?
MZ: Siamo felici di poter continuare con la seconda edizione del Premio Scultura Ca’ del Bosco. La prima si è conclusa con successo a novembre 2024 con l’installazione dell’opera vincitrice handandland di Irene Coppola, che entra a far parte del parco sculture della cantina in modo permanente. E’ il destino che avranno tutte le sculture vincitrici del Premio: in questo modo, ogni due anni (il Premio è biennale) arricchiremo la nostra collezione ed offriremo ai visitatori nuove motivazioni per tornare a trovarci, oltre al vino.
CS: L’opera handandland richiama il lavoro manuale e il legame con il territorio. Quanto questi elementi sono importanti nella filosofia di Ca’ del Bosco?
MZ: Da sempre Ca’ del Bosco si distingue per la sua attenzione alle tradizioni e all’artigianalità. Ogni fase della produzione è curata con passione e competenza, riflettendo costantemente l’importanza del lavoro manuale il cui apporto è altissimo sia in vigna che in cantina. Le tecniche utilizzate per la realizzazione dell’opera di Irene Coppola rispecchiamo perfettamente questa caratteristica: il lavoro manuale, la cura, l’attenzione, la maniacalità del dettaglio…rappresentano la centralità della figura umana laddove si voglia produrre eccellenza.