In un percorso tra immagine e materia, corpo e architettura, le opere di Elisa Sighicelli instaurano un dialogo aperto con il luogo che le ospita, il Museo Pignatelli, e con altre importanti collezioni della città di Napoli. Trentacinque lavori quasi tutti realizzati per l’occasione, raccolti sotto il titolo di “Storie di Pietròfori e Rasomanti”, mettono in campo un’ambiguità che è insieme formale e materiale e che indaga la natura stessa della fotografia, mettendo in discussione la bidimensionalità dell’immagine fotografica per suggerire possibilità scultoree del medium. Ogni soggetto trova quindi il suo supporto ideale: gli interni di Villa Pignatelli rivivono in malinconiche immagini che evocano ricordi sbiaditi, filtrati attraverso una specchiera ossidata e stampati su una superficie in raso che oscilla, impercettibile, come fosse viva; i vetri di Murano della collezione del Museo Duca di Martina nella Villa Floridiana suggellano l’incontro di una dimensione liquida e di una solida, suggerendo poetiche fusioni astratte; le carrozze della Villa sono riprese in un gioco di riflessi che ne utilizza i fanali come lenti riflettenti per descrivere l’ambiente circostante, lasciando convivere punti di vista diversi che si sovrappongono; dettagli archeologici provenienti dalle collezioni del Museo Archeologico Nazionale di Napoli e dei Musei Capitolini presso la Centrale Montemartini a Roma sono naturalmente riproposti su tavole di travertino, che conferiscono a queste immagini una consistenza fisica, quasi scultorea.
Nel creare inedite corrispondenze tra il soggetto fotografato e il supporto, Sighicelli dona al medium fotografico una presenza oggettuale, rendendo la superficie di stampa una parte integrante dell’immagine stessa. Le proprietà dei materiali guidano il processo generativo dei lavori, e disegnano un tracciato che affianca alla vista la percezione tattile: la fluidità del raso, la porosità del travertino, la levigatezza del marmo offrono una visione alternativa alla fotografia in senso stretto. Mentre nella scelta dei soggetti vi è una silenziosa conversazione tra l’antico e il contemporaneo, alla ricerca di quelle fonti originarie della cultura visiva svincolate da ogni riferimento preciso e, quindi, senza tempo.